“In Time” e la filosofia. Una recensione del film

Torna il registra dell’incubo eugenetico Gattaca, nonché sceneggiatore di The Truman Show.

In Time di Andrew Niccol è sicuramente un film complesso e accattivante, un obiettivo diretto su una concezione sociologica del vivere, quanto mai attuale e pertinente. La società in oggetto fa parte di un futuro non troppo lontano da noi, da un punto di vista antropologico; in essa il denaro come valore assoluto ha terminato la sua egemonia in virtù del tempo, unico e inestimabile bene di cui gli esseri umani possono disporre. Valori neoliberali estremizzati all’ennesima potenza: Il tempo è denaro? Molto di più, in In Time il tempo è vita. La storia si snoda tra le vite di Will Salas ( Justine Timberlake ) e Sylvia Weis ( Amanda Seyfried ); il primo è cresciuto in uno dei quartieri più poveri del paese, tra mille problematiche e soprattutto con mai più di 24 ore di vita a disposizione; lei è l’esatto opposto, vive nel miglior distretto, New Greenwich, figlia di una ricchissima famiglia, ha tanto di quel vivere disponibile che non sa cosa farsene. Possedere denaro è perciò tutto: il denaro compra il “tempo”, che non è nient’altro che lavoro e vita altrui. Il denaro “libera” il tempo (quello della propria vita). La fantascienza di Andrew Niccol non sembra poi tanto dissimile dalla realtà…

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