Il volto femminile della filosofia. Una recensione

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Il “Volto femminile della filosofia” vuole essere più di un libro, saggio o ricerca filosofica: è anzitutto un esame attento delle vite dei grandi pensatori del passato, uno sguardo curioso sulle loro dinamiche familiari, sulle condivisioni affettive ed esperenziali, per carpirne, come e quanto, queste ne abbiano influenzato pensiero e produzione. È un excursus biografico e bibliografico, che vede le donne compagne di viaggio, autrici nascoste di gesti, parole, azioni, che hanno condizionato, qualche volta indirizzato o addirittura educato il pensiero maschile. Eroine silenti di gesta quotidiane: mogli, madri, figlie, sorelle che, a modo loro, spesso come sagge consigliere, alle volte come presenze ingombranti, hanno contribuito a rendere grandi i filosofi.

Socrate, Seneca, Agostino, Immanuel Kant, Sigmund Freud per esempio abbiamo scoperto aver ricevuto ottimi esempi di vita rispettivamente da Fenarete, Elvia, Monica, Anna Regina e Amalie. sono nomi di donne comuni che la storia non ricorda perché non hanno scritto nulla, né tantomeno compiuto niente di eclatante, eppure il loro insegnamento, la loro esemplarità di vita, il loro carattere e pensiero hanno forgiato spiriti attenti, menti geniali e uomini di spessore. E il loro ruolo, non solo di genitrici ma anche di consigliere, viene riconosciuto pubblicamente da molti dei figli. Dirà per esempio Sant’Agostino ne Le Confessioni di Monica: “ci amò come se di tutti fosse stata la madre e ci servì come se di tutti fosse stata la figlia”, e Antonio Gramsci scrive alla madre “tutti i ricordi che noi abbiamo di te sono di bontà e di forza e tu hai dato tutte le tue forze per tirarci su, ciò significa che tu sei già nell’unico paradiso reale che esista, che per una madre penso sia il cuore dei propri figli” e ancora Giovanni Gentile dirà della genitrice: “la sua voce ancora e sempre dentro mi suona”.

 Da figli a padri, perché i pensatori hanno avuto vere e proprie lezioni di vita dalle stesse figlie, così per esempio Galileo Galilei, che nel periodo del processo e poi dell’abiura, veniva premurosamente sostenuto dalla figlia suor Maria Celeste, che così scriveva al padre: “considerando io (…) la giustizia della causa e la sua innocenza in questo particolare momento, mi consolo e piglio speranza di felice e prospero successo, con l’aiuto di Dio benedetto, al quale il mio cuore non cessa mai d’esclamare, e raccomandarla con tutto quell’affetto e confidenza possibile. Resta solo ch’Ella stia di buon animo, procurando di non pregiudicare alla santità con il soverchiamente affliggersi, rivolgendo il pensiero e la speranza sua in Dio, il quale, come padre amorevolissimo, non mai abbandona chi in Lui confida e a Lui ricorre”. Altre figlie come Jenny Marx e Anna Freud, calcheranno in tutto per tutto le orme dei loro illustri padri, divenendo attente discepole di un pensiero a cui daranno col tempo il loro contributo femminile.

Un posto nella storia dei filosofi è riservato anche alle sorelle: anime consanguinee, presenze attente alle volte anche fastidiose. Donne che si ritrovano a condividere parte della loro esistenza con uomini insicuri, fragili e desiderosi di consigli (sarà così per esempio per Blaise Pascal nei confronti della sorella Jacqueline), o riottosi, iracondi ed ermetici nelle riflessioni, spesso infastiditi da suggerimenti femminili non richiesti (è notoria a tal proposito l’insofferenza nutrita da Friedrich Nietzsche per la sorella Elisabeth).

E infine ci sono le donne amate, compagne di vita, in grado di lasciare nell’animo del filosofo pensieri malinconici tali da diventare stralci di poesie, così per esempio scriveva di Emilie, Voltaire “Non ho perso un’amante, ho perso la metà di me stesso”, mentre arrabatandosi nel suo dolore Kierkegaard affermava di Regina Olsen “La legge di tutta la mia vita è che lei ritorna in tutti i punti decisivi”; mentre Beccaria scriveva alla moglie Teresa sono in mezzo alle adorazioni, agli encomi, i più lusinghieri, considerato come compagno e collega dei più grandi uomini dell’Europa, guardato con ammirazione e con curiosità […] e pure io sono infelice e malcontento perché lontano da te”. Quando vicine le donne amate diventano invece preziose alleate, stelle polari, punti di riferimento nel cammino esistenziale, amiche che ascoltano e guidano, muse ispiratrici. Uno per tutti Karl Popper disse di Josephine Anna Henninger: “Senza di lei (…) molto di ciò che ho fatto non sarebbe mai stato realizzato“.

Nell’opera di Miriam Rocca, dunque, uomini straordinari di ieri e di oggi sono sempre affiancati da donne: donne che vivono nell’ombra, donne ispiratrici, donne impavide, fredde o generose, perché, come affermava Maritain: “… l’essere umano non è compiuto se non nell’uomo e nella donna presi insieme“.