Sigmund Freud, Psicologia della vita amorosa. Una recensione di Maria Chiara Pierbattista

Haynes King, Jealousy and Flirtation (1874)

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Nel 1912 Freud affermava: “Non possiamo sottrarci alla conclusione che oggi il comportamento amoroso dell’uomo, del nostro mondo civile, è improntato a impotenza psichica. Solo in una minoranza delle persone colte la corrente di tenerezza e quella sensuale si armonizzano reciprocamente; quasi sempre, nella attività sessuale, l’uomo si sente limitato dal rispetto per la donna e sviluppa la sua piena potenza solo quando ha dinanzi a sé un oggetto sessuale degradato.” Hanno un secolo i paradigmi freudiani sull’eros e se si volesse dare un lettura in chiave moderna lo si potrebbe fare solo constatando la maggiore propensione di oggi a mostrare ed enfatizzare la sessualità,  la parte puramente estetica e non psichica, s’intende. I contributi alla psicologia amorosa di Freud rappresentano, per esperti in materia e non, un’analisi precisa e profonda dei meccanismi mentali che influenzano le pratiche amorose. Interessante è il modo in cui i contributi ci portano a riflettere, ad esempio, sulle modalità di scelta del proprio oggetto del desiderio, apparentemente casuali, influenzate sempre da fattori riconoscibili quali “il terzo danneggiato”(un rivale o comunque una figura del suo stesso sesso che in qualche modo sia legata alla donna bramata) e “la dubbia moralità”della donna stessa. Sono dispositivi che si innescano nella psiche di ognuno ogni volta che ci si approccia ad una relazione. Se volessimo ridurre questi teoremi ad un concetto più spicciolo e riscontrabile nel quotidiano però, non è infondo più stimolante possedere qualcuno/qualcosa dopo averlo bramato ardentemente ed aver superato qualche ostacolo? L’eccessiva sicurezza non finisce per assopire i rapporti nella loro ripetitiva e noiosa normalità?

Nel primo saggio del libro intitolato “Su un tipo particolare di scelta oggettuale nell’uomo” queste costanti vengono elencate e spiegate nelle loro implicazioni. Le connessioni comportamentali di queste scelte consistono soprattutto in una gelosia morbosa, sviluppata da alcuni soggetti che sentono il loro rapporto messo a rischio da altre personalità ma anche in un  bisogno continuo di ricevere promesse di fedeltà. Nei soggetti nevrotici studiati e descritti, queste componenti sono presenti ma, scavando nel profondo, tutti, anche i “civili”, nei loro rapporti spesso sono influenzati da questi fattori, ovviamente senza rendersene conto. Recondita nella psiche si trova l’origine: la tenerezza verso l’amore materno. Una sorta di complesso edipico che se non viene metabolizzato e superato, manifesterà le sue conseguenze nelle fasi successive della crescita. Dall’infanzia, passando per la pubertà, il periodo cruciale durante il quale dovrebbe avvenire lo spostamento di attrazione dalla madre verso un altro oggetto, sino all’età adulta, questo cordone continuerà a serpeggiare nella psiche seppur inconsciamente. Per spiegarla alla Freud, se tenerezza materna e sensualità non raggiungono un equilibrio durante questa fase, si innesca nel soggetto il meccanismo generale che scatena la nevrosi e l’attività mentale si stacca dalla realtà e viene assorbita dall’attività fantastica. Ecco ancora sottolineata l’importanza, eccessiva secondo alcuni contemporanei del viennese, della sessualità nell’attività psichica umana. Il secondo saggio, ampliamento del primo, conclude la parabola che ha origine dall’amore materno con la degradazione dell’oggetto sessuale, in quanto l’unico modo attraverso il quale il soggetto riesce ad esprimere a pieno la sua sessualità è quello di collocare la donna ad un rango etico e morale inferiore al suo. Il rischio è quello dell’impotenza psichica, fenomeno che esce dal campo prettamente psicologico per entrare a far parte di una riflessione sociologica più ampia, perché inquadrato come un carattere generale della società moderna. In pratica i  soggetti riescono ad esprimersi a pieno in ambito sessuale solo in  determinati contesti, in caso contrario risultano impotenti ed indicano fattori esterni come cause reali del loro disturbo. Il midollo  si trova invece all’interno della loro memoria.

Anche nel terzo contributo, forse per fornirvi una base più ampia, gli studi spaziano verso altri orizzonti, con quello antropologico come fondamentalmente. Il tabù della verginità è osservato da lontano; riti e cerimonie primitive  atte a liberare le giovani donne da questo “pericolo” avvalorano la tesi che i disturbi siano alimentati dalle fissazioni che il soggetto nutre per il genitore di sesso opposto durante la pubertà. In sostanza Freud dà un significato profondo a questi rituali e connettendo antropologia e analisi, vuole risalire all’origine, dunque primitiva, del tabù ; le antiche credenze ruotavano intorno al fatto che se il futuro sposo si fosse macchiato del sangue della deflorazione, la giovane sposa non sarebbe mai stata in grado di  essere una buona moglie, ragion per cui la responsabilità dell’atto veniva affidata a terzi. Addirittura afferma: “L’analisi dei disturbi matrimoniali insegna che i motivi che vogliono  costringere la donna deflorata a vendicarsi non sono del tutto estinti nemmeno nella vita psichica della donna civile.” In generale, sebbene queste teorie siano state ampliate dalla psicologia dinamica, che pone l’origine dei disturbi sui conflitti tra le varie attività psichiche e non esclusivamente sull’inconscio, possiamo concludere che lo studio del singolo individuo sia necessario per risalire all’origine delle cause di alcuni comportamenti e come è ribadito nel libro, la generalizzazione non è un azzardo: ognuno vive, si innamora, ha relazioni di ogni genere e i suoi comportamenti nascono nei luoghi della mente più nascosti perché, dunque, non provare almeno in parte a comprenderli?

Pierbattista Maria Chiara

 

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