Ricordati di Socrate, tuo patrono

Il filosofo moderno è spesso un funzionario,

 sempre uno scrittore, e la libertà che gli è

 concessa nei suoi libri ammette una controparte:

 quello che scrive entra fin dall’inizio in un

 universo accademico dove le opzioni di vita sono

 indebolite e le occasioni di pensiero velate […]

 Ora, la filosofia deposta nei libri ha cessato di

 interrogare gli uomini. Ciò che in essa vi è di

 insolito e di quasi insopportabile si è nascosto

 nella vita decorosa dei grandi sistemi. Per

 ritrovare l’intera funzione del filosofo bisogna

 ricordare che sia i filosofi-autori che leggiamo, sia

 noi stessi in quanto filosofi, non abbiamo mai

 smesso di riconoscere come patrono un uomo che

 non scriveva, che non insegnava, quanto meno

 da una cattedra di stato, che si rivolgeva a coloro che

 incontrava per strada e che ha avuto delle difficoltà

con l’opinione pubblica e con i poteri statali.

 Bisogna ricordarsi di Socrate

(Merleau-Ponty, Elogio della filosofia)

Gramsci: contro il mito dell’estinzione dello stato e contro il messianismo

Estratto da Domenico Losurdo, Con Gramsci oltre Marx e oltre Gramsci, in «Critica Marxista», n. 5-6, 1997, pp. 56-66; ora in Giorgio Baratta Guido Liguori (eds.), Gramsci da un secolo all’altro, Editori Riuniti, Roma, 1999, pp. 95-112.

“Perché, nonostante la disfatta del «socialismo reale» e la conclusione del ciclo storico nell’ambito del quale dobbiamo pur collocare Gramsci, egli continua a rivelare grande vitalità e forza suggestiva, tanto da esser letto e discusso anche in ambienti politici ben lontani dal marxismo e dal comunismo e in contesti culturali e geografici assai remoti rispetto all’Italia? Si tenta talvolta di staccare questo straordinario autore dalla storia tragica del comunismo novecentesco. Ma un tale approccio è fuorviante. Già come pensatore, Gramsci mostra chiaramente di aver fatto tesoro della lezione di Hegel e di Marx: filosofare significa pensare concettualmente il proprio tempo; elaborare un pensiero e un progetto di emancipazione significa tracciare un bilancio storico dei movimenti di emancipazione concretamente emersi e sviluppatisi. Ma oltre che pensatore, Gramsci è stato anche dirigente comunista di primo piano: non può essere trasformato in una sorta di Horkheimer o di Adorno italiano, impegnato a costruire una teoria critica senza rapporto o con un rapporto esclusivamente polemico nei confronti del movimento comunista e del «movimento reale» di trasformazione della società. […]”

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Post-human, di Roberto Marchesini. Una recensione sulle nuove frontiere della hybris

(il bambino delle stelle, un fotogramma del film 2001 Odissea nello spazio”)

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Siamo delle macchine, e non in senso metaforico, ma letterale. Siamo macchine fatte di altre macchine. Le proteine di cui siamo composti sono esse stesse delle macchine, dei meccanismi. E il cervello è a sua volta una immensa macchina (Daniel Dennet)

Se siete interessati ad un manuale geniale, completo e specifico dedicato al dibattito sulla crisi dell’umanesimo e dell’antropocentrismo, sulla natura e l’identità umana dopo la rivoluzione darwiniana e l’evoluzione della tecnosfera, sui risvolti filosofici ed etici del postumanesimo e sulla ridefinizione scientifica su ciò che accomuna in chiave coevolutiva l’essere umano ad una macchina o da un altro animale, Post Human di Roberto Marchesini è il classico da non perdere. Oltre a ciò, Marchesini si inserisce nel prezioso dibattito su mente, coscienza e intelligenza artificiale, da sempre nel mirino di filosofi e neuroscienziati sempre in lite fra di loro. Ho letto molta letteratura di questo genere, ma posso tranquillamente dire che è un libro che svetta tranquillamente, nel panorama italiano, su tutti quelli dedicati ai medesimi argomenti di frontiera, specie se si è neofiti del campo e si cerca un libro che sia in grado di presentare l’intera questione con chiarezza senza tralasciare l’innegabile complessità degli argomenti. Temi dove la filosofia si sposa con antropologia, zooantropologia, scienza e tecnica, non senza uno sguardo critico e bioetico su alcuni risvolti di questo connubio (come l’iperumanesimo e il tecnognosticimo, gli “estropiani”, i transumanisti ed i risvolti etici sulle nuove biotecnologie). E soprattutto, questo prezioso connubio avviene sfruttando il paradigma della complessità ed evitando quegli odiosi riduzionismi che fanno spesso torcere il naso agli umanisti ed ai filosofi di formazione scientifica.

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Pierre Bourdieu: la distinzione. Per una decostruzione sociale e psicologica del gusto e degli intellettuali

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Ma soprattutto, sono sempre stato grato a Pascal, almeno come lo leggo io, della sua sollecitudine, lontana da ogni ingenuità populista, per “la gente comune” e le “sane opinioni del popolo”, come pure della volontà, da tale sollecitudine inseparabile, di cercare sempre la “ragione degli effetti”, la ragion d’essere delle condotte umane in apparenza più gratuite e ridicole – come “correr tutto il giorno dietro una lepre” – invece di indignarsi o di prendere gioco, a guisa dei “mezzo addottrinati”, sempre pronti a “fare i filosofi” e a tentare di stupire con i loro stupori fuori misura circa la vanità delle opinioni di senso comune. (Pierre Bourdieu, Meditazioni pascaliane)

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Il volto femminile della filosofia. Una recensione

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Il “Volto femminile della filosofia” vuole essere più di un libro, saggio o ricerca filosofica: è anzitutto un esame attento delle vite dei grandi pensatori del passato, uno sguardo curioso sulle loro dinamiche familiari, sulle condivisioni affettive ed esperenziali, per carpirne, come e quanto, queste ne abbiano influenzato pensiero e produzione. È un excursus biografico e bibliografico, che vede le donne compagne di viaggio, autrici nascoste di gesti, parole, azioni, che hanno condizionato, qualche volta indirizzato o addirittura educato il pensiero maschile. Eroine silenti di gesta quotidiane: mogli, madri, figlie, sorelle che, a modo loro, spesso come sagge consigliere, alle volte come presenze ingombranti, hanno contribuito a rendere grandi i filosofi.

Socrate, Seneca, Agostino, Immanuel Kant, Sigmund Freud per esempio abbiamo scoperto aver ricevuto ottimi esempi di vita rispettivamente da Fenarete, Elvia, Monica, Anna Regina e Amalie. sono nomi di donne comuni che la storia non ricorda perché non hanno scritto nulla, né tantomeno compiuto niente di eclatante, eppure il loro insegnamento, la loro esemplarità di vita, il loro carattere e pensiero hanno forgiato spiriti attenti, menti geniali e uomini di spessore. E il loro ruolo, non solo di genitrici ma anche di consigliere, viene riconosciuto pubblicamente da molti dei figli. Dirà per esempio Sant’Agostino ne Le Confessioni di Monica: “ci amò come se di tutti fosse stata la madre e ci servì come se di tutti fosse stata la figlia”, e Antonio Gramsci scrive alla madre “tutti i ricordi che noi abbiamo di te sono di bontà e di forza e tu hai dato tutte le tue forze per tirarci su, ciò significa che tu sei già nell’unico paradiso reale che esista, che per una madre penso sia il cuore dei propri figli” e ancora Giovanni Gentile dirà della genitrice: “la sua voce ancora e sempre dentro mi suona”.

 Da figli a padri, perché i pensatori hanno avuto vere e proprie lezioni di vita dalle stesse figlie, così per esempio Galileo Galilei, che nel periodo del processo e poi dell’abiura, veniva premurosamente sostenuto dalla figlia suor Maria Celeste, che così scriveva al padre: “considerando io (…) la giustizia della causa e la sua innocenza in questo particolare momento, mi consolo e piglio speranza di felice e prospero successo, con l’aiuto di Dio benedetto, al quale il mio cuore non cessa mai d’esclamare, e raccomandarla con tutto quell’affetto e confidenza possibile. Resta solo ch’Ella stia di buon animo, procurando di non pregiudicare alla santità con il soverchiamente affliggersi, rivolgendo il pensiero e la speranza sua in Dio, il quale, come padre amorevolissimo, non mai abbandona chi in Lui confida e a Lui ricorre”. Altre figlie come Jenny Marx e Anna Freud, calcheranno in tutto per tutto le orme dei loro illustri padri, divenendo attente discepole di un pensiero a cui daranno col tempo il loro contributo femminile.

Un posto nella storia dei filosofi è riservato anche alle sorelle: anime consanguinee, presenze attente alle volte anche fastidiose. Donne che si ritrovano a condividere parte della loro esistenza con uomini insicuri, fragili e desiderosi di consigli (sarà così per esempio per Blaise Pascal nei confronti della sorella Jacqueline), o riottosi, iracondi ed ermetici nelle riflessioni, spesso infastiditi da suggerimenti femminili non richiesti (è notoria a tal proposito l’insofferenza nutrita da Friedrich Nietzsche per la sorella Elisabeth).

E infine ci sono le donne amate, compagne di vita, in grado di lasciare nell’animo del filosofo pensieri malinconici tali da diventare stralci di poesie, così per esempio scriveva di Emilie, Voltaire “Non ho perso un’amante, ho perso la metà di me stesso”, mentre arrabatandosi nel suo dolore Kierkegaard affermava di Regina Olsen “La legge di tutta la mia vita è che lei ritorna in tutti i punti decisivi”; mentre Beccaria scriveva alla moglie Teresa sono in mezzo alle adorazioni, agli encomi, i più lusinghieri, considerato come compagno e collega dei più grandi uomini dell’Europa, guardato con ammirazione e con curiosità […] e pure io sono infelice e malcontento perché lontano da te”. Quando vicine le donne amate diventano invece preziose alleate, stelle polari, punti di riferimento nel cammino esistenziale, amiche che ascoltano e guidano, muse ispiratrici. Uno per tutti Karl Popper disse di Josephine Anna Henninger: “Senza di lei (…) molto di ciò che ho fatto non sarebbe mai stato realizzato“.

Nell’opera di Miriam Rocca, dunque, uomini straordinari di ieri e di oggi sono sempre affiancati da donne: donne che vivono nell’ombra, donne ispiratrici, donne impavide, fredde o generose, perché, come affermava Maritain: “… l’essere umano non è compiuto se non nell’uomo e nella donna presi insieme“.

Piccola critica a René Girard.

René Girard, chi è costui? Fra i filosofi teoretici, da alcuni anni, è scoppiata una vera e propria girard-mania (Vattimo docet). Tutti lo studiano, tutti lo citano (ai miei tempi, anche io lo studiai, e di certo ha fascino, il fascino di un narratore che crede, nel suo romanzo, di aver risolto tutti i misteri dell’universo). Certo, citarlo non significa condividerne il pensiero tout court, ma io ci penserei due volte a citare un autore simile, non vorrei legittimarlo troppo.  Molto ma molto sinteticamente, ecco le mie principali ragioni sul perché il sistema proposto dal tuttologo francese sia uno dei nuovi miti del mondo filosofico, e si basi su dei profondi equivoci, molto spesso sulla non conoscenza di questo autore.

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