“La questione degli intellettuali” di Maurice Blanchot. Una recensione

Gli intellettuali non hanno opinioni migliori del cittadino comune. Maurice Blanchot fa derivare il loro ruolo dalla loro notorietà (mi riferisco al saggio Les intellectuelles en question, 1983, ma pubblicato in italiano per la prima volta da Mimesis nel 2011, a cura di Marco G. Ciaurro), mediante la quale intervengono in questioni su cui il cittadino anonimo potrebbe avere opinioni più originali ma inespresse. Qui si pone implicitamente un’equazione tra intellettuali e notorietà: per essere tali gli intellettuali devono essere per forza noti. Blanchot riprende Sartre, a proposito della specializzazione che, benché ciò appaia irragionevole, mette in rapporto con l’universale. Ma finiscono per rinunciare al loro abituale e scrupoloso metodo conoscitivo per scadere nell’opinione sciatta e mal strutturata. Oggi ne abbiamo esempi a iosa tanto dagli articoli di giornale (spesso spocchiosi, inutili e autocelebrativi) quanto da Twitter, se non dalle loro stesse opere. «Si è così sicuri di aver ragione nel cielo, – scrive Blanchot – che si congeda non solo la ragione nel mondo, ma anche il mondo nella ragione» (p. 39). E questo è vero fin dalla loro nascita, collocabile a partire dall’affaire Dreyfus. Gli intellettuali sono tutti dreyfusardi e occupano un campo che non è il proprio. Secondo il sedicente non-intellettuale Brunetière, anche Zola intervenne a sproposito, come se un colonnello della gendarmeria avesse avuto la pretesa di dire la sua su un problema riguardante il romanticismo letterario. Analoga contraddizione coglie Barrès allorquando questi fanatici dell’individualismo d’élite si mettono a fare i portavoce della democrazia. Ed è latente il pericolo di diventare moralisti o politici. Tuttavia il mettersi in gioco degli intellettuali che, distanziandosi dalla propria destinata solitudine creativa smettono temporaneamente di essere gli scrittori o artisti che sono per prendere la parola e correre il rischio di perderla definitivamente (è uno dei loro meriti), viene recuperato da Blanchot in termini di esigenza morale. A prezzo che, daccapo, un cittadino non vale più l’altro. Ma appunto l’intellettuale è tale solo temporaneamente, smette di esserlo e ridiventa – è – nient’altro che uno in mezzo agli altri.

Sandro De Fazi

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Informazioni su Sandro De Fazi

Sandrino De Fazi è nato a Civitavecchia (Roma) il 31 ottobre 1960. Vive tra Napoli e Caserta. Laureato in Filosofia con una tesi sui presocratici, è insegnante di Italiano e Latino nei licei. Ha iniziato la sua attività letteraria scrivendo versi che piacquero a Dario Bellezza, successivamente è passato alla narrativa. Ha esordito con il romanzo breve Più romano che greco, in Offside tre (Edizioni Libreria Croce, 2000). Ha pubblicato, di poesia, Vacuo cielo (Roma, 1986). Suoi versi sono su varie antologie. Ha scritto il saggio Il circolo vizioso, collabora a La Nuova Basilicata e altri quotidiani o riviste, cartacee e on-line. È uno dei poeti italiani presenti in Poeti e Poesia, rivista internazionale diretta da Elio Pecora. Nel 2009 è uscito il romanzo Ti scrivo brevemente per chiederti scusa dei miei silenzi (Edizioni Libreria Croce), presentato alla Biblioteca del Senato della Repubblica.

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