Vittorio Lanternari, Festa, carisma, apocalisse. Una recensione

Pieter Van der Heyden, La festa dei folli, 1559

Con questo libro Lanternari arricchisce le visioni del mondo dell’ uomo occidentale  rendendole più profonde ed umane. Proietta il nostro sguardo sugli aspetti religiosi delle “culture primitive” e sull’ urto culturale tra la civiltà europea e le culture indigene dei Paesi coloniali, dal quale sono scaturite nuove formazioni religiose sincretiste. Ma in queste pagine ritroviamo anche  il fascino ed il significato della cultura contadina dell’ Italia meridionale. In sostanza Lanternari indirizza la sua attenzione verso il concetto di “religione popolare” e lo studia nell’ ambito del proprio contesto storico-sociale di appartenenza. E l’espressione “religione popolare” assume valore e importanza storica  mettendola in relazione ad un altro concetto, complementare e dialetticamente opposto cioè quello di “religione ufficiale”. A livello teorico e metodologico, Lanternari adotta un approccio storico-antropologico; tuttavia è esplicita la sua intenzione di confrontare tra loro  culture diverse. I primi capitoli sono attraversati dall’ assunto generale della funzionalità della festa per il sostentamento dell’ identità dei gruppi sociali, a prescindere dalle loro collocazioni di tempo e luogo.

 

1) La festa come elemento presente in ogni contesto culturale

 Questo autore sostiene che non c’è nè mai ci fu società umana senza feste; la festa quindi sarebbe una categoria della cultura in quanto tale, la risposta data dall’ uomo alla propria condizione di precarietà. La società o il gruppo in festa esalta l’extraquotidiano, il non oridinario, riscattando il male ed il dolore, abbandonandosi alla sensualità, alla gaiezza e ad una fiduciosa autoidentificazione nella solidarietà di gruppo. Il fenomeno “festa” è considerato nelle sue due componenti che ne illuminano struttura e funzione. Abbiamo da un lato l’aspetto soggettivo, espressione di una primordiale esigenza, dall’ altro quello oggettivo e mediato, dato dalla festa come istituzione culturale. La coscienza dell’ osservatore è pervasa subito da un “sentimento di festa” che si estrinseca come atmosfera intensamente partecipativa ed ha connotazioni mitiche e persino milenaristiche. Nasce da un particolare bisogno di fronteggiare la negatività dell’ esistenza e svolge una funzione immediatamente e collettivamente catartica. D’altro canto ogni festa comporta un’organizzazione ed una regolamentazione comunitaria da parte del gruppo festivo. Quest’ ultimo può essere la famiglia o il villaggio, il gruppo di mestiere, il sindacato o il partito politico oppure l’intero paese o nazione. Nell’ aspetto istuzionale rientra, accanto all’ elemento organizzativo, la fonte di ispirazione ideologica preposta alla festa. Una festa può richiamare una leggenda di fondazione di un culto, un mito delle origini ritualmente e simbolicamente riattualizzato, l’ immagine di un santo cristiano oppure un evento storico, sociale o politico che viene commemorato.Quindi vediamo come Lanternari ricerchi quel filo di senso che unisca ogni festa, partendo dal contesto culturale e sociale che la crea, ma andando al di là di esso.

 2) La festa tra esigenze spirituali e contestazioni sociali

2.1 Sogni d’apocalisse

Peshava, Sri Lanka. Festa religiosa con sfilata di elefanti

 Intrecciato al concetto di “festa” è quello di “apocalisse”, che risalendo all’ origine della parola, significa togliere un velo, compiere una scoperta o assistere ad una rivelazione. Nella letteratura dell’ ebraismo e del cristianesimo, evoca una rivelazione di cose nascoste da Dio a un profeta scelto. Il tempo festivo, infatti, si pone, rispetto al tempo ordinario, come suo complemento dialettico, come l’essere rispetto al fare, e nelle feste religiose, come il sacro contrapposto al profano. E come già accennato, nelle feste sono presenti dei tratti millenaristici, ovvero le speranze in un rinnovamento del mondo che sarebbe generato da una nuova alleanza tra Dio e gli uomini.

 Molti storici delle religioni si occupano di questi argomenti e sottolineano come la festa abbia una funzione risolutiva in senso assoluto e universale, rispetto all’ impotenza accumulata nella quotidianità. Ne viene fuori perciò una visione idealistica e spiritualistica. Essi rintracciano le idee sul destino ultimo dell’essere umano e dell’ universo e interpretano il millenarismo in chiave escatologica rivolgendo il loro sguardo alle aspettative che l’ uomo ha in una vita oltre la morte. Partendo da queste premesse è chiaro il nesso che lega le feste, che traggono origine e significato dalle tradizioni e dalle scritture sacre, al concetto di “apocalisse”. Per mezzo della fede in una dottrina religiosa, e dando vita a determinati rituali, l’ uomo strappa quel velo di ignoranza che lo separa dalla “verità”. Con la fine di questo mondo, attraverso il giudizio universale, l’ uomo verrebbe liberato dal male per l’eternità.

 Il percorso compiuto da Lanternari è diverso ma si muove ugualmente intorno alla  nozione di apocalisse. Egli in questo libro documenta molte circostanze in cui sono ben evidenti gli elementi millenaristici e apocalittici della festa: <<La grande festa apocalittica dietro la guida di profeti, che annunciano il prossimo avvento della fine di tutti i mali del mondo e dell’ imminente liberazione dall’ occupazione coloniale dei bianchi, finisce per scatenare rivolte e movimenti di emancipazione: numerosi sono i casi del genere nell’ Africa nera in epoca coloniale>>. Eventi di questo genere si sono verificati anche nell’ ambito dei cosiddetti culti del cargo, ovvero di movimenti social-religiosi sviluppatisi in Nuova Guinea. Anche qui <<la festa prepara l’ inizio dell’ “era novella”, che sarà di abbondanza e felicità, senza limitazioni e senza oppressioni: perché i bianchi saranno miracolosamente spariti. Così la festa tradizionale viene trasposta a livello escatologico come “festa di fine del mondo”: ed è questa la risposta data da una società nativa alle soperchierie di un potere straniero oppressivo>>. Vediamo quindi come Lanternari si interessi non solo degli aspetti spiritualistici e religiosi. Questo autore restituisce alla festa la sua dimensione sociale e comunitaria; essa è perciò una istituzione importante in senso sociale. Tramite tale tratto culturale, una comunità prende coscienza della propria identità anche in senso innovativo. In questo senso l’ “apocallisse” consiste nel tramonto di una realtà sociale e politica e nella nascita di un’ altra più giusta e libera. Le situazioni di questo genere, documentate da Lanternari, sono molte sia fra le società tradizionali e medievali sia fra quelle moderne. In questo modo vediamo come sulla festa ciclica tradizionale si innesta la cosiddetta festa finale con i suoi vagheggimenti millenaristici e i suoi sogni mitici d’ apocalisse.

 2.2 La ricerca dell’età dell’oro

"Hanami", la festa dei ciliegi giapponese

 Ma le tensioni millenaristiche nella cultura popolare possono anche cercare un riferimento nelle concezioni mitologiche e religiose tipiche dell’antichità classica, nelle quali non è presente l’istanza escatologica, dato il concentrarsi della loro attenzione sull’ età dell’oro. Le mentalità collettive delle masse popolari idealizzano  la possibilità di un “ritorno” remoto a questa originaria età della storia umana. Il ritorno all’ età aurea sarebbe il rinascere di un indefinito tempo passato caratterizzato da prosperità e da assenza di abusi e disuguaglianze. Simili idee hanno costituito un traino per le rivendicazioni e le rivolte, più o meno confuse, dei ceti popolari, nel corso della storia. Abbiamo una vasta documentazione storica sul passaggio, nell’ ambito della festa, dalla ribellione ritualizzata alla rivolta aperta, e quindi sulla ralazione tra festa da un lato e protesta e insurrezioni popolari dall’ altro. Sono esistite feste carnevalesche o commemorative sfociate in vera rivolta socio-politica, l’ Europa dei secoli xvI-XvIII ne è ricca di esemplificazioni. Nel corso delle carnevalesche “feste dei folli” della Francia del Settecento, venivano fatte le caricature in forme spettacolari di istituzioni civili e religiose, e venivano commessi disordini di ogni tipo, tanto che le autorità di polizia dovevano intervenire ripetutamente. Anche la Rivoluzione Francese ha un legame con il fenomeno della festa; infatti la boghesia in ascesa considerava le masse popolari come sue alleate. Era durante il dispiegarsi delle feste che i ceti popolari manifestavano con vigore il loro malcontento verso la vecchia classe egemone. D’ altro canto i nuovi potenti vedevano nella festa uno strumento per educare le masse incolte ai valori della rivoluzione, per condurle ad una morale rinnovata.

 Ma, come espone Lanternari, in realtà la festa, soprattutto quella tradizionale, ha un carattere di ciclicità. Soprattutto nelle società tradizionali la festa è l’esatto contrario, sul piano dei comportamenti, rispetto al mondo della quotidianità e dei rapporti extra-festivi. In Sardegna, nelle aree più legate alle tradizioni, abbiamo le grandi feste campestri dedicate ai santi, le cosiddette novene. Esse oltre ad essere intrise da devozione religiosa, coesione comunitaria, e dal sogno di ritorno all’ età dell’ oro, portano alla sospensione delle discriminazioni che regolano la vita ordinaria; quelle tra famiglie, tra i “ricchi” e i “poveri”, quelle verso la donna. In sostanza viene attuato il “mondo alla rovescia“, gli status ed i ruoli sociali vengono ribaltati oppure dimenticati. Ma questa è solo una condizione temporanea che sfuma con lo sfiorire della festa. Anche durante il carnevale, figura dell’ abbondanza e della sensualtà, vengono drammatizzate situazioni di rovesciamento. All’ aspetto giocoso e orgiastico caratteristico di questa festa si unisce il “disturbo” della protesta sociale. Lanternari cita il carnevale di Bosa in Sardegna che apre una parentesi di gioia e di riscatto sociale, ma che si chiude con la riaffermazione delle condizioni di svantaggio ai danni degli umili.

2.3 Pensiero magico e pensiero analogico

Isole Vanuatu, culto del cargo

 L’ interpretazione del fenomeno “festa” da parte di Lanternari, pur considerando gli aspetti di contestazione e di protesta sociale, è da ricondurre prima che all’ ambito della politica a quello magico-religioso; dove il termine “magia” è strettamente collegato a quello di religione popolare. Ecco quindi che la festa mantiene il suo carattere di rituale apotropaico e  propiziatorio agricolo, e incarna una volontà di presenza sempre minacciata.

 Le feste fondano e mantengono l’identità di una comunità insidiata da un pericolo di dissoluzione, e questo è un concetto che avevo già accennato all’ inizio della trattazione. Adesso dobbiamo dare credibilità alla tesi della presenza della magia nel contesto delle feste tradizionali e religiose. Queste nel mondo occidentale vengono collegate con un evento storico oppure sacro intorno al quale una comunità fonda il senso del suo esistere. Noti a tutti sono i significati del Natale e della Pasqua per l’ occidente cristiano. Ma Lanternari sostiene che entrambe queste feste sono state sottoposte ad un processo di trasformazione da modelli precedenti. L’ una proviene da una festa della civiltà “pagana” e consisteva in un culto solare-agrario; e l’altra dall’ antica civiltà giudaica con la sua connotazione pastorale e nazionale, -la commemorazione della fuga dall’ Egitto-. Si può avvalorare, ulteriormente, l’assunto del legame tra feste cristiane e feste pre-cristiane le quali hanno dei “connotati di magia”. Ci si può rifare a Frazer per il quale l’ uccisione della divinità è un atto magico. Secondo i principi della magia imitativa, con il suo pensiero analogico, come la natura nasce in primavera e muore d’ inverno, così le divinità dovevano morire, anzi essere uccise per risorgere. L’antropologo citato poc’anzi ha studiato gli antchi culti di Tammuz divenuto poi Adone, Attis, Osiride; e ci dice Lanternari che forme riconoscibili del rituale di Adone sono ancora riscontrabili nella festa di Pasqua ed anche in quella di San Giovanni. Ciò è tanto più evidente in Sicilia, in Sardegna ed in Calabria, cioè in aree rurali nelle quali è naturale che si sia mantenuto un rituale legato alla terra. E per ritornare alla catarsi collettiva, le persone escono da questi riti di simbolica morte e rinascita come psichicamente rinate. La festa spinge il soggetto alla fuga dalla realtà del quotidiano per entrare nel mondo magico del “come- se”, che è anche momento del sacro e del caos primordiale. Questa evasione è provocata dal gioco, dal riso, dalla danza, dalla musica, da sfrenatezze di vario tipo e da manifestazioni spettacolari e drammatiche. In linea con quanto detto fin’ora si  può affermare che la festa si caratterizza come istituzione di evasione e di conservazione o piuttosto di contestazione e di trasformazione a seconda se prevalgono in essa componenti di ordine religioso o mitico-rituale oppure d’ ordine sociale e civile. Sono la dinamica storica e culturale e i periodi di crisi economica e sociale che possono portare una stessa manifestazione festiva, ad avere esiti di un tipo piuttosto che di un altro.

 2.4 Cultura popolare: scontro e arricchimento

 Arrivati a questo punto, secondo me, è importante osservare come le concezioni dell’ attuale o recente realtà folklorica festiva rimandano alle antichissime civiltà pre-cristiane. Le figure mitiche e le credenze sorte nell’ ambito dell’ ideologia ufficiale arrivano ai ceti subalterni, e qui subiscono un processo di riplasmazione creatrice. La stessa cosa è successa con la vittoria del Cristianesimo, che ha tentato di mettere in cattiva luce quanto ancora resisteva della religione sconfitta. Da ciò ne è risultata la nascita di una cultura popolare sincretica nella quale accanto alle credenze cristiane sopravvivono reminiscenze pagane. Tali considerazioni valgono anche per le comunità al di fuori dell’ Occidente; esse, con il loro bagaglio mitico e rituale, sono state sottoposte a processi di acculturazione dovuti al contatto con modelli religiosi e culturali esterni. Lanternari riporta esempi del mescolarsi di cristianesimo e paganesimo, in terre lontane: mi ricollego ai movimenti social-religiosi in Africa Nera ed in Nuova Guinea di cui ho parlato in precedenza. Quanto ho scritto fino ad ora è illustrato nei capitoli primo, secondo, terzo, settimo ed ottavo di questo ricchissimo testo.

 3) Per completare…

 Tuttavia Lanternari toccca anche altri argomenti che per quanto legati a quelli già esposti, mantengono una propria autonomia. A ripresentarsi spesso nel corso della trattazione è la parola “apocalisse”, ma nei numerosi casi documentati l’ attesa angosciante della fine del mondo ha sempre carattere ambivalente, di catastrofe ma anche di rinascita e di rigenerazione universale. Tale rigenerazione si estrinseca, come abbiamo detto più volte, attraverso la partecipazione collettiva ad una grande festa. Lo sguardo è anche rivolto al significato di carisma, che è messo in relazione ad un contesto di globalità socio-culturale. La personalità carismatica, a volte, tenta di guidare la comunità verso una sorta di emancipazione sociale, altre volte ha intenzioni di segno evasionista. Infine Lanternari proietta delle ombre sulla società contemporanea nella quale la festa ha subito un processo di decadenza. Questo è dovuto all’ ideologia alienante della civiltà dei consumi, nella quale spreco, ostentazione, competizione, individualismo sono imposti come valori dominanti. L’ industria tecnologica e culturale che ha un’ estensione plurinazionale svolge, secondo questo autore, una funzione disgregativa nei confronti delle comunità, che devono anche fare i conti con le velleità di una prepotente industria turistica. In questo clima, da un lato nascono delle organizzazioni che rivitalizzano con competenza le feste tradizionali e dall’ altro prendono vigore nuovi tipi di feste che si oppongono al pensiero dominante. Secondo questo autore, che scrive all’ inizio degli anni ’80, nella nostra epoca si possono vedere le tracce della possibilità di una apocalisse della cultura, di una fine dell’ uomo come artefice di civiltà e quindi di un’ apocalisse senza riscatto.  E’ una considerazione proveniente dall’ esame dei proddotti del pensiero e della scienza, e da  una critica allo sterile e chiuso individualismo sviluppatosi nel ventre della società contemporanea. In questa recensione ho inserito tutto quello che a mio parere è importante conoscere prima di avventurarsi nella complessità e nel fascino della lettura di questo libro e dello studio della festa dal punto di vista dell’etnologia.

 Fabio Rinaldi

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