Piccola critica a René Girard.

René Girard, chi è costui? Fra i filosofi teoretici, da alcuni anni, è scoppiata una vera e propria girard-mania (Vattimo docet). Tutti lo studiano, tutti lo citano (ai miei tempi, anche io lo studiai, e di certo ha fascino, il fascino di un narratore che crede, nel suo romanzo, di aver risolto tutti i misteri dell’universo). Certo, citarlo non significa condividerne il pensiero tout court, ma io ci penserei due volte a citare un autore simile, non vorrei legittimarlo troppo.  Molto ma molto sinteticamente, ecco le mie principali ragioni sul perché il sistema proposto dal tuttologo francese sia uno dei nuovi miti del mondo filosofico, e si basi su dei profondi equivoci, molto spesso sulla non conoscenza di questo autore.

1) Il tema della sostituzione vicaria, o sacrificio redentivo, nella religione giudaico-cristiana non è, a contrario di quel che pensa Girard, una invenzione del tardo cristianesimo, di un certo cristianesimo vittimario. E’ al contrario connaturato al primo cristianesimo, quello documentabile storicamente, quello biblico. Girard, a mio parere, legge solo alcuni passi, saltando a piè pari altri (anche lo stesso Giovanni!), dove la morte di Cristo assume un valore espiatorio. Potrei dire, assieme a Nietzsche, che la prima teologizzazione che la prima comunità cristiana ha effettuato sull’uomo Gesù di Nazaret fosse impregnata di questo elemento vittimario comune, ad esempio, anche con la tradizione gnostica: il giusto che muore per i peccattori, onde placare la collera del dio, riscattando così l’umanità intera dal peccato. E purtroppo (piccola digressione etico/morale) dire che la violenza è utile a qualcosa – in questo caso: dire che la morte di un innocente è utile alla purificazione del peccato di molti – non serve altro che a giustificarla, a propagarla. Significa purtroppo rispondere a quella struggente domanda, agosciosa e struggente, che secondo il teologo Karl Barth DEVE rimaner senza risposta: Dio mio… Dio mio, perchè mi hai abbandonato… In questa frase c’è tutta l’estraneità di Dio alla violenza. Quanto a Nietzsche, ha intuito molto bene quel che è successo tra i primi cristiani:

Fu da allora che emerse un assurdo problema: «come poté Dio permettere questo!». A questo la turbata ragione della piccola comunità trovò una risposta di un’assurdità spaventosa: Dio dette suo figlio per la remissione dei peccati, come vittima. Fu di punto in bianco la fine del Vangelo! Il sacrificio espiatorio, e proprio nella sua forma più ripugnante e più barbara, il sacrificio dell’innocente per i peccati dei rei! Quale raccapricciante paganesimo!
Nietzsche, L’Anticristo

Una piccola parentesi: forse senza saperlo, Girard, che si è sempre dichiarato cattolico (ed è un bigottone), viola apertamente la dottrina del magistero ecclesiastico, che in effetti ha condannato la seguente proposizione come  “modernista”:

La dottrina della morte espiatoria di Cristo ha origine non dal Vangelo, ma da san Paolo
Decr. Lamentabili, D 2038

Cosa voglio dire: è la stessa Chiesa (non parliamo poi nel mondo del protestantesimo, lì, tranne eccezioni, è spesso molto peggio) a ribadire che IL VANGELO, non solo Paolo, contenga la dottrina della “expiatio” (placare con un sacrificio l’ira divina e conseguire così la riconciliazione con dio). Ora, io in questo sono (stranamente) pienamente daccordo con la Chiesa ed in disaccordo con Girard: i vangeli in effetti, a ben leggerli (tutti e quattro) contengono l’ aberrante dottrina espiatoria. Frazer docet.

2) Girard non analizza i percorsi antivittimari di altre religioni (cosa che ha appena iniziato a fare in uno dei suoi ultimi libri “Il sacrificio”, sebbene in maniera faziosa e secondo una lettura troppo cristiana) come l’induismo ed il buddismo. Il brahamanesimo è la religione del sacrificio per eccellenza, ed il buddismo, ad esempio, ne rappresenterebbe l’evoluzione antisacrificale, l’evoluzione in cui il “sacrificio”, per dirla come uno storico delle religioni, viene “interiorizzato”, ad esempio in pratiche respiratorie, ascesi, ecc. Inoltre: stesso iter nella religione di Zaratustra rispetto ai “violenti” Avesta… voglio dire che, con le dovute differenze, il processo antisacrificale non è legato al solo cristianesimo, ma è un processo che appartiene ad una certa evoluzione generale del pensiero umano, che si dota di istituzioni, che svluppa un pensiero “filosofico”; paradossalmente (ma non poteva essere altrimenti, perchè Girard assolutizza il cristianesimo come fenomeno a-storico e a-culturale) il pensiero filosofico, per Girard, è vittimario ab origine…

3) La sistematicità della teoria girardiana è semplicemente irreale. Andare avanti con gli studi sulla fenomenologia religiosa, o magari di etnologia è sufficente per rendersi conto di quanto il castello girardiano sia facilmente attaccabile e crolli pezzo per pezzo. Le sue fonti sono violentate e strumentalizzate pezzo pezzo. Per quanto mi riguarda, ciò che conservo di più di Girard è il concetto di mimetismo (che certo non è solo suo) –  molto utile nei processi sociologici, utilizzato da molti antropologi e sociologi – e le sue belle intuizioni sulla violenza di gruppo e delle masse, nonchè (per i teologi) i legami Girard-teologia della liberazione. Rapportare lo straordinario fenomeno religioso al solo sacrificio, alla violenza di massa, e ai processi vittimari è un abuso, una forzatura.  Io tenderei a parlare, allo stato attuale dei miei studi, di una pluralità di tendenze, quali la “nostalgia delle origini” o dell’unità primordiale (intesi in senso psicologico), la normalizzazione della sofferenza, l’immaginazione creativa, ragioni strettamente sociologiche, rapporti di forza fra classi, ecc. Voglio dire: è una pluralità di cause, non una sola. Al dato mistico, alla depance, o al sacro in senso “tedesco” del termine, io affiancherei una pluralità di cause, tutte con un peso opportuno, anche la onnipresente e onnipotente violenza girardiana.

4) Un motivo in parte, solo in parte, politicamente corretto. E’ facile, seguendo lo schematismo girardiano, bollare il “paganesimo” e le religioni non giudaiche tout-court come religioni violente e sacrificali, tornando così ai vecchi pregiudizi antropologici dei primi missionari, quando vedevano nelle religioni africane, asiatice ecc delle grottesche imitazioni, delle parodie del cristianesimo, e le demonizzavano. Girard, affermando che QUALSIASI divinità nasce dal processo vittimario tranne Cristo, e sancendo che adorarla sarebbe quasi adorare il meccanismo vittimario, perciò satan stesso, si presta la gioco dell’antropologia bigotta dei secoli passati, nonche è un utile strumento per i fanatici di ogni tempo. E’ paradossalmente uno ostacolo al dialogo, un vero macete nel cancellare e distruggere le positività (quando ci sono) nelle altrui culture.

5) Girard è caduto nella trappola della sintesi filosofica, della semplificazione. Senza una profonda semplificazione della realtà, il mondo intorno a noi sarebbe un groviglio infinito e indefinito, che sfiderebbe la nostra capacità di orientarci e di decidere le nostre azioni. Siamo insomma costretti a ridurre il conoscibile a schema. Tendiamo a semplificare ogni cosa, a farcela amica. Ogni riduzione è scienza, e ogni scienza è drasticamente semplice, quindi irreale. Questo vale anche per il fenomeno religioso umano, in tutte le sue espressioni. La maggior parte dei fenomeni storici o (sedicenti) metastorici (religione, ad es.) e naturali non sono semplici, o non sono semplici come piacerebbe a noi.

6) Semplicemente: non si può essere studiosi seri del fenomeno religioso e nel frattempo appartenere ad un certo credo religioso. Il fazioso Girard, l’apologeta Girard, né è il più illuminante esempio. Spero che i suoi lettori lo leggano criticamente, molto criticamente. Se comunque si interessano di antropologia, religione e sacrificio, ricordo loro che ci sono letture molto più interessanti… e meno romanzesche. Perchè è questo il problema con Girard. Ci si avvicina cercando saggistica ma ce ne si allontana con il sapore di un romanzo, anzi, di una saga fantasy. Con tutto il rispetto per il fantasy, naturalmente, perchè il fantasy non ha la pretesa di essere realtà.

94 pensieri su “Piccola critica a René Girard.

  1. Girard ha visto la mimesi e la persecuzione occulta dietro il mito. Mi pare sia tantissimo: è un geniale esploratore ma ha naturalmente, come tutti, i suoi limiti. Ad esempio sul sacrificio non ne aveva visto le valenze positive
    Sulla critica qui fatta :
    1)il meccanismo espiatorio mi pare connesso all’umano o al ll’universo come direbbe Calasso più che a richieste divine.
    3-5)la sistematicità è più dei discepoli che sua anche se insegnando in America Girard does as american do. Il riduzionismo è un fenomeno non so quanto evitabile. Blake difendeva il sistema personale per differenziarsi
    6) la fede è anche un fenomeno soggettivo ( a differenza dell’aspetto conoscitivo oggettivo posto meritevolmente da Girard) e quindi non la vedo come impeditiva anche se influenza. Uno ha il diritto di essere apologeta specie percorrendo traiettorie assolutamente originali..gli altri che non hanno la stessa credenza trovino argomenti per attaccarlo, non so se sia giusto attaccare l’apologia in sè.
    Avendo conosciuto Girard ne riconosco altresì la disponibilità e cortesia… non mi pare così frequente…
    Lo sviluppo corretto delle migliori intuizioni girardiane si trova secondo me nei testi di Giuseppe Fornari, ad esempio in Filosofia di passione. Con altri limitiMa l’orizzonte sfortunato della vittima è infinito…

    • grazie per il commento e per gli interessanti spunti. Cerco di replicare sinteticamente. Mimesi e persecuzione occulta dietro il mito? Forse ciò accade, ma solo in alcuni particolari casi… Mi occupo di miti da più di dieci anni e posso dirti che i miti che potrebbero ricadere nello schema girardiano sono pochi, per lo più risalenti ad un particolare periodo dello sviluppo culturale e tecnico di determinate, limitate, culture. Anche in questi casi limitati, ogni smembramento, ogni autoimmolazione e altro, per Girard occultano sempre una o più vittime reali, il che è davvero una assurdità, una ingenuità pazzesca che confonde il simbolo (sym ballo) e strutture mentali umane, il pensiero associativo, con una ossessione. Una luna nuova, una luna che scompare dal cielo (e che quindi muore), è assimilata spesso ad una morte violenta a cui segue una resurrezione, o ad un serpente che divora un globo, ma di certo non occulta una vittima ancestrale! Certo, in alcuni casi (nell’ambito limitato di un particolare tipo di mito), le vittime sacrificali vi erano davvero, vi erano culture più o meno violente, e i miti conservano traccia di tali “riti”, ma di qui a illustrare un meccanismo homopoietico, mitopoietico e ritopoietico basato solo su questo aspetto delle culture aumane, e cioè la violenza di gruppo, ci sono anni luce di differenza. Girard dietro il mito (ma anche dietro la stessa genesi della cultura), e come causa del mito, ci vede SOLO la vittima. Penso che solo un umanista possa dire una simile castroneria, un umanista che magari è allo scuro di cento anni di antropologia culturale (tralasciando etologia e psicologia) o che legge questi ambiti col paraocchi. Girard vede solo, ovunque un “Homo necans”, mostrando un notevole ossessione per tale concetto. Il lavoro più geniale di Girard per me è proprio il primo, quello umanistico, in cui si occupa prevalentemente di romanzi russi e mimetismo. Bello è anche il lavoro su Shakespeare. Tutto il resto, i lavori “scientifici”, per me offrono qualche spunto, ma divengono un immenso e ripetitivo romanzo a puntate il cui acme è il così detto “evento”, il cristianesimo. Personalmente non riesco a leggere La violenza ed il sacro staccato da Vidi satana… e neanche Girard lo fa. Questa non è ricerca. E’ un altro mito, che però, lo riconosco, come tutti i miti e le narrazioni può creare nuovi spunti, nuove ibridazioni, nuovi interessanti ambiti di ricerca, spero però il più distante possibile dalle conclusioni dello studioso. Inoltre: non attacco Girard perchè è un apologeta, ma ne riconosco un’opera orrendamente viziata dalle sue convinzioni metastoriche. La penso così: per fare una ricerca simile, o si è naturalisti, storici, oppure sì è metastorici, e nell’ultimo caso non è una ricerca, ma solo un bel (o brutto) romanzo.

  2. Ho letto con una certa curiosità questa pagina che Lei ha dedicato a René Girard. L’ho letta con curiosità perché, in questo le do ragione, si è diffusa nel corso degli ultimi anni la Girard-mania. Oggi lo studioso francese è osannato in ogni angolo d’Europa e d’America e poche sono le voci di critica verso di lui e le sue idee. Questo, però, fa un po’ parte della natura umana: si finisce per trasformare in dogma il pensiero degli uomini. Purtroppo gli uomini sono deboli, e per questo sono sempre in cerca di certezze. Il pensiero di Girard si è oramai trasformato in dogma, e al momento pare non vi sia (almeno fino ad ora) la possibilità di contrapporgli alcuna seria obiezione.
    Ho letto tutte le opere di Girard e su Girard in circolazione, comprese quelle in altre lingue, per cui conosco abbastanza bene l’argomento. Mi spiace essere franco, ma non mi sembra che Lei abbia compreso esattamente la teoria girardiana. E proverò a spiegarle il perché.
    Le fa una enorme confusione fra piano teologico, filosofico e antropologico.
    Quella di Girard è una teoria antropologica che si propone di dare una spiegazione della relazione fra sacro, desiderio e violenza. Essa si propone, pertanto, come teoria scientifica, e i criteri di indagine adottati sono stati forse esposti nella maniera migliore nel corso del dialogo avuto da Girard con Antonello e de Castro Rocha (Origine della cultura e fine della storia). Della teoria antropologica girardiana, nella “sua piccola critica a Girard” (che poi piccola invece non è) Lei non ne fa menzione. E’ come se si parlasse di Dante Alighieri senza citare la Divina Commedia.
    Essendo una teoria antropologica, quella girardiana non ha la pretesa di assurgere a filosofia o teologia. Ed è per questo che essa può essere utile per essere integrata in un quadro filosofico e teologico più ampio ma non ha certo la pretesa (e né Girard ha l’ha mai avanzata) di essere esplicativa di tutto il fenomeno religioso. La sua, pertanto, mi sembra una critica immotivata e ingiusta nei confronti di Girard e del suo pensiero.
    L’accusa che Lei muove a Girard di bigottismo potrebbe benissimo essere letta al contrario, individuando in Lei una posizione pregiudizialmente anticristiana e, di conseguenza, antigirardiana. E’ un dato di fatto che oggi non siamo in grado, attraverso la lettura girardiana della Passione, di approfondire il significato ed il senso delle religioni differenti da quella cristiana, segno questo che l’evoluzione dello spirito occidentale, sulla spinta della Rivelazione cristiana, è andata più avanti di qualsiasi altra cultura del pianeta. Nell’Occidente la cultura giudaico-cristiana ha permesso a noi, e a noi soltanto, di indagare la natura umana ed il religioso delle altre culture. Siamo noi che abbiamo cercato, attraverso il giudeo-cristianesimo, di spiegare l’uomo ed il suo mondo fuori da un linguaggio puramente religioso. Siamo noi ad aver gettato un occhio interessato nelle altre culture e non viceversa. Un significato questo deve pure averlo.

    • salve,
      volevo fare una domanda: come si pone la teoria antropologica girardiana nei confronti della gnosi?
      Qualcuno taccia Girard di gnosticismo,ma che significa?In particolare, si legge nel suo libro su Dostoevskji: “il grande inquisitore vuole guarire il male con il male, vuole fissare gli uomini a idoli immutabili, a una concezione idolatrica del Cristo […] La fine del medioevo è un momento essenziale nella storia cristiana; l’erede, giunto all’età adulta, reclama la propria eredità; i suoi tutori non hanno torto a diffidare di lui, ma hanno torto nel voler prolungare indefinitamente la propria tutela.” Io ho interpretato questa frase in questo modo: la modernità è un progressivo distacco da Dio (Nietzsche fa l’elenco di tutti gli idoli), fino al nichilismo…è cm se Girard approvasse i contenuti della Tradizione, ma ritenesse sbagliato lo strumento inquisitorio, l’uso della violenza, giudicato come pagano. E’ cm se Girard rimproverasse alla chiesa non i suoi contenuti dottrinali che risalgono agli apostoli, ma il suo potere pagano, il suo modello inquisitorio (proprio l’aspetto del potere, tanto apprezzato invece da Evola, che pure vedeva in questo aspetto il tratto meno cristiano del cristianesimo storico). E’ corretta la mia interpretazione? Se cosi fosse, la modernità potrebbe rappresentare un modo non per cancellare la tradizione (come potrebbe invece auspicare un filosofo della Ragione), ma per depurarla degli elementi pagani, e la sua teoria sulla violenza del mito pagano potrebbe costituire un contributo.
      Inoltre, se Dio non è violento, e Gesù ne rappresenta l’essenza, la Parola, l’idea gnostica del demiurgo malvagio crolla..
      Mentre è chiara la distinzione che Girard fa fa paganesimo (nelle sue analisi su Nietzsche e Heidegger) e cristianesimo, trovo meno chiara la distinzione fra umanitarismo (religione del’umanità), e cristianesimo, e qsto secondo me è un difetto. Non si può infatti spiegare la religione della ragione con i meccanismi sacrificali tipici del mito pagano, nello stesso tempo non si può confondere la religione della ragione con quella cristiana, che, come aveva capito Pascal, è fondata su una rivelazione storica.
      Inoltre volevo sapere come vede Girard il modernismo e il Vaticano secondo. Io di Girard ho letto il libro su Nietzsche, quello su Dostojevskji e “vedo satana cadere come una folgore”.

      • “””Qualcuno taccia Girard di gnosticismo,ma che significa?”””

        mi permetto solo di rispondere a questa domanda di Stefano. L’etichetta di “gnosticismo” riferita a Girard è per me corretta se intendiamo con questo termine una dottrina che esaurisce il discorso salvifico in una forma di “conoscenza morale”. Girard in estrema sintesi afferma che Cristo demistifica la vittima, svelandola come innocente e non colpevole. E’ quindi una forma di conoscenza morale e teoretica, che diventa poi imitativa: imitare cristo. Non penso infatti Giard abbia mai affrontato il discorso della grazia, e non lo ha fatto perchè ciò lo allontanerebbe troppo “apertamente” dal cristianesimo. Da questo punto di vista, il suo discorso potrebbe avere un’altra etichetta: “palagianesimo”. Pelagio fu sconfitto da Agostino d’Ippona, Girard non vuole fare la stessa fine. Direi che da questo punto di vista, il pensiero di Girard è in un certo qual modo simile ad alcune tesi del “modernismo”, pure se se ne distacca radicalmente per l’antropologia.

  3. L’ultima parte contiene un errore, me ne scuso, e la riporto di nuovo.

    “E’ un dato di fatto che oggi noi siamo in grado, attraverso la lettura girardiana della Passione, di approfondire il significato ed il senso delle religioni differenti da quella cristiana, segno questo che l’evoluzione dello spirito occidentale, sulla spinta della Rivelazione cristiana, è andata più avanti di qualsiasi altra cultura del pianeta. Nell’Occidente la cultura giudaico-cristiana ha permesso a noi, e a noi soltanto, di indagare la natura umana ed il religioso delle altre culture. Siamo noi che abbiamo cercato, attraverso il giudeo-cristianesimo, di spiegare l’uomo ed il suo mondo fuori da un linguaggio puramente religioso. Siamo noi ad aver gettato un occhio interessato nelle altre culture e non viceversa. Un significato questo deve pure averlo.

  4. La ringrazio per il commento e la costruttiva critica. In questa risposta, ribadisco alcuni punti e ne chiarisco altri:

    1) Sull’antropologia di Girard. Conosco bene il libro Origine della cultura e la restante letteratura girardiana. Non ne parlo in questa “piccola critica” perchè appunto non volevo dedicare troppo spazio all’antropologia girardiana tanto è irreale, e mi sono soffermato solo sui punti critici filosofici, teologici, storici-religiosi che consideravo più salienti e vicini ai miei reali interessi. Il pensiero di Girard, contrariamente a quello che Lei pensa, non è solo un’antropologia. E’ più propriamente un SISTEMA RIDUZIONISTA PLURIDISCIPLINARE pseudoscietifico con un TELOS cristiano (la resurrezione di Cristo, che per Girard è un fatto reale), che si fonda sul concetto di mimetismo umano: si va, in una lenta progressione, dal desiderio, al mimetismo (uomo come animale mimetico dedito ad uccidere vittime innocenti del suo gruppo per placare la sua furiainnescata dal desiderio mimetico) all’ominizzazione, ominizzazione che corrisponderebbe alla nascita del sacro (la prima vittima), e quindi della cultura, dei riti, dei tabù. Tutte queste componenti culturali sono innescate, per Girard, dall’uccisione di una vittima, poi dal ricordo di questa uccisione, dalla ripetizione (simbolica o non) di tale uccisione anche tramite altre vittime. Tutto ciò cosa significa: la specie umana sarebbe per Girard una anomalia terrestre. Visto che non ha mezzi “naturali” e genetici per conservare il gruppo dalla disgregazione della violenza (dominance pattners ecc), ricorre ad un sacrificio cruento innescato dalla rivalità mimetica che placherebbe una violenza ciclica, pronta a riprodursi in futuro. Poi sopraggiungerebbero, per Girard, le istituzioni politiche e sociali, le quali, nate originarimanete come evoluzioni di tali omicidi ancestrali, si occuperebbero di bloccare la violenza mimetica, ma comunque sempre nascondendo l’innocenza delle vittime. Questo nascondimento dell’innocenza della vittima (che tutti DEVONO considerare colpevole, altrimenti la violenza mimetica non si placa) sarebbe stato svelato per la prima volta dal Cristianesimo (e in prima battuta, dall’Ebraismo).

    Non saprei da dove cominciare per toccare i punti critici di questo lungo romanzo fantasy a puntate. Mi soffermo solo sull’antropologia. In primis, accettarla significa spaccare il mondo naturale e umano ancora una volta in natura/cultura, che è un errore dei primi del Novecento oramai superato da tutta l’antropologia degna di questo nome. Etologia: tante specie animali, come tanti primati, hanno un apparato culturale che si può avvicinare a quello umano (ogni tramsissione culturale è una trasmissione mimetica. La nostra specie è semplicemente più brava a farla) e ogni specie ha apparati sociali di controllo della violenza (uno per esempio, è la
    repulsione del sangue, e la naturale “empatia”). L’etologia e la psicologia evolutiva hanno dimostrato che abbiamo eccome meccanismi di difesa individuali e di gruppo dalla violenza, senza uccidere nessuno del nostro gruppo in maniera così necessaria e “determinista”. Al contrario: gli scienziati hanno analizzato le basi genetiche dell’empatia, della filia, della collaborazione sia interspecificia (con le altre specie animali) che intraspecifica (un uomo con un altro uomo) e di controllo dell’aggressività. Non abbiamo né più né meno mezzi delle altre specie a livello morfologico e genetico per controllare la violenza, anzi, contrariamente a quello che pensa Girard, ne abbiamo di più, non di meno, dotati come siamo di previsione e di maggior controllo della realtà che ci circonda. Siamo sulla stessa barca; il fatto che gli omicidi intraspecifici (uomo con un altro uomo) siano preponderanti solo nella nostra specie non ha alcun legame con il mimetismo, ma con altre facoltà della nostra specie (ci disponiamo in gruppi umani verso altri gruppi umani, classi verso altre classi, culture verso altre culture, forti contro deboli, interessi verso altri interessi). L’uomo non è una anomalia innaturale. La sua peculiarità è il linguaggio articolato, non il mimetismo; quest’ultimo appartiene, in scala diversa, a tutti gli animali complessi, ed in nessuna specie complessa provoca vittime; provoca, semmai, violenza su alcuni esemplari. Perchè dovrebbe provocarle solo nell’uomo queste vittime, soprattutto in maniera così scontata? Ma questa violenza intraspecifica ha tante altre cause, oltre al mimetismo (si è mai chiesto se davvero uno scimpanzè non “desideri” qualcosa? davvero il “desiderio” è solo umano? La distinzione girardiana desiderio vs appetito-istinto è tutta da dimostrare). Insomma, si tratta solo di una congettura metafisica (che ha di mira arrivare da questa pseudo antropologia all’ ebraismo-cristianesimo, che avrebbe demistificato questa “diabolica” tendenza umana alla vittimizzazione), una congettura totalmente indimostrabile scientificamente e così irreale che è ignorata dalla totalità della comunità scientifica, e che seduce solo coloro che una vera e propria preparazione scientifica non la hanno.
    Non ignoro di certo il tema dell’imitazione del desiderio: è un tema di elevata importanza (che poi, come ho scritto, è la tematica più significativa di Girard, anche se non è l’unico ad affrontarla). Ma inserito questo tema nel suo sistema, assume una conformazione terribilmente ideologica e perde tutta la sua forza euristica.

    2) Religione. Contrariemente a quello che Lei pensa, Girard nel suo sistema irreale e onnipervasivo ingloba tutte le forme religiose (non ho tempo di citare i vari libri). Afferma che ogni fenomeno culturale e ogni religione nasce dall’uccisione primordiale (basta leggere il libro “Il Sacrificio”, dedicato ai Veda. Un vero libro di fantascienza equiparabile alla saga di Star Trek, che manca dei più basilari metodi di osservazione religiosa che ci vengono da preziose discipline come la Storia delle Religioni) e che quindi ogni religione riprodurrebbe il meccanismo mimetico liberatorio, anche se oramai offuscato in successive evoluzioni religiose e modificazioni. Solo il Cristianesimo nascerebbe da una inversione, e cioè da una vittima scoperta come “innocente” e che demistificherebbe il meccanismo mimetico.

    3) Sul “bigottismo”. Non ho intenzione di offendere Lei, né i credenti di qualsiasi religione che si occupano di ricerca scientifica. Ospito in questo sito ottimi contribuiti di laici ma anche di cristiani credenti, riguardo religione, laicità, etica, letteratura, scienza e filosofia. Posso solo dirle che quella di Girard non è scienza, ma un sistema metafisico, anche perché solo qualche umanista, ma nessuno scienziato, l’ha mai presa sul serio. Mi lascerà sempre perplesso però un credente (di qualsiasi religione) che si occupa di storia delle religioni…

    4) La presunta superiorità dell’Occidente nel parlare di violenza, nel demitizzare, laicizzare, o nell’analizzare le altre culture. Può essere più o meno vera, ma è un argomento vastissimo che ci allontana dal topic. Quello che so è che la nostra specificità, anche se fosse vera (ed è tutto da dimostrare), si accompagna ad una altrettanta distruzione. Non sono gli Inca né gli Aztechi che hanno passato l’oceano e hanno scoperto l’America. Né i Cinesi hanno colonizzato il mondo. Sono stati i Cristiani-Europei. Che lo hanno anche “inciendiato” e saccheggiato. Anche questo, parafrasandola, avrà un senso? Può averlo, come può non averlo, stia certo che non vado a trovarlo in qualche dio che demistifica violenze e nature umane. Al contrario, posso dirle che il monoteismo, al contrario dei politeismi (era già opinione di David Hume) si accompanga sempre a maggiori violenze. Ci possono essere mile fattori a darci quella unicità di cui lei parla, e possono essere radici greco-romane, pagane, islamiche, umanistiche, illuministiche, socialiste, ecc oltre a quelle, innegabili, giudaico-cristiane. Se si intende di storia delle idee o di storia della filosofia, può rendersi conto che i così detti valori “unici” e “metastorici” del cristianesimo già si vivevano in epoca ellenistica pre-cristiana, cosa che naturalmente, Girard nega o relativizza quando affronta temi come la filosofia greca.

  5. La ringrazio per la pronta risposta. Se non le dispiace, le rispondo sperando di non abusare del suo tempo e della sua pazienza.
    Lei fa alcune osservazioni interessanti. La prima:
    “Non saprei da dove cominciare per toccare i punti critici di questo lungo romanzo fantasy a puntate. Mi soffermo solo sull’antropologia. In primis, accettarla significa spaccare il mondo naturale e umano ancora una volta in natura/cultura, che è un errore dei primi del Novecento oramai superato da tutta l’antropologia degna di questo nome.”
    La seconda:
    “Insomma, si tratta solo di una congettura metafisica (che ha di mira arrivare da questa pseudo antropologia all’ebraismo-cristianesimo, che avrebbe demistificato questa “diabolica” tendenza umana alla vittimizzazione), una congettura totalmente indimostrabile scientificamente e così irreale che è ignorata dalla totalità della comunità scientifica, e che seduce solo coloro che una vera e propria preparazione scientifica non la hanno.”

    Ciò che colpisce in queste sue due affermazioni è la sottolineatura frequente del carattere pseudoscientifico della teoria girardiana. Tanto è vero che nella sua seconda affermazione il termine “scientifico” ricorre in modo quasi ossessivo.
    Mi permetta però di evidenziare due punti meritevoli di riflessione. La prima è che, nel caso della teoria girardiana, impropriamente possiamo definirla teoria antropologica. Quella di Girard è antropologia filosofica. Che cosa intendo? Lei sostiene che accettare la teoria girardiana porterebbe e a “spaccare il mondo naturale e umano ancora una volta in natura/cultura, che è un errore dei primi del Novecento oramai superato da tutta l’antropologia degna di questo nome.” Può darsi, ma è innegabile che, ad esempio, solo l’uomo ha creato quel sistema di credenze, riti, organizzazioni che rientrano sotto la voce “religione”. Dunque l’uomo finisce per differenziarsi in ogni caso dal mondo animale a causa della religione. Ciò che opera Girard è proprio il tentativo di trovare una spiegazione scientifica al religioso e al sacro. Spero converrà che, almeno in questo, ci differenziamo dagli animali. La religione potrà essere anche un “bluff”, ma rimane sempre un mistero la sua origine e come essa non possa essere scissa dall’elemento umano. Dove c’è stato l’uomo, là c’è sempre stata una religione o almeno “il sacro”. Perché?
    Non possiamo ignorare questo punto. Per carità, la teoria di Girard potrà essere completamente sbagliata, ma rimane il fatto che la domanda di partenza di Girard giustifica la sua ricerca: perché il sacro? Perché la religione?
    Il secondo punto è il seguente: si deve davvero negare ogni fondamento scientifico a queste ricerche di carattere antropologico-filosofico? Questa è una questione aperta nel campo della scienza ufficiale. Mi permetto di menzionarle Thomas Kuhn, che ne La struttura delle rivoluzioni scientifiche prende in considerazione la questione se le scienze sociali siano realmente scienza e ricorda come alcuni ritengono che la psicologia non lo sia affatto. Cosa è la psicologia di Freud e Jung? Una pseudoscienza, oppure essa, in una qualche maniera, ha il diritto di meritare il titolo di scienza? Qui entriamo in un ambito complesso, perché dovremmo individuare una definizione di scienza e verificare se l’antropologia filosofica e la psicologia possano rientrare nel campo delle scienze in base alla definizione data.
    Mi pare certo, tuttavia, sia innegabile una distinzione desiderio e appetito-istinto (che non è tutta da dimostrare, come sostiene Lei). E per cogliere questa differenza è sufficiente scomodare la psicologia, che dimostra come gli esseri umani, ad esempio, si nutrano per soddisfare l’appetito ma possono provare anche un desiderio smodato per il cibo a causa di una depressione che li spinge a colmare col cibo personali carenze sul piano psicologico-affettivo.
    Per concludere, torno a quanto ho scritto nel mio primo intervento. Lei ha ragione a sostenere come le teorie, una volta accolte trionfalmente, finiscano per essere trasformate in dogmi, e condivido che la teoria di Girard si è lentamente trasformata in dogma. Il che impedisce, ai suoi più accesi fans, di vedere i suoi punti deboli. Ho letto ad esempio due saggi che smontano parzialmente la teoria girardiana, almeno alcuni punti di essa. Il primo saggio è stato scritto da Davide Lopez, il quale mette in dubbio la presunta innocenza del capro espiatorio (Davide Lopez – Il desiderio, il sacrificio, il capro espiatorio). Il secondo è una interpretazione dell’Apocalisse di Giovanni attraverso la teoria mimetica (Renato Ammannati – Rivelazione e storia. Ermeneutica dell’Apocalisse). Qui, soprattutto attraverso la lettura della Passione secondo i tre Vangeli Sinottici (sui quali Girard sorvola) la teoria del capro espiatorio viene messa pesantemente sotto accusa. Infine mi permetta di menzionarle un altro interessante saggio: La creazione del sacro, di Walter Burkert. Questo saggio può aiutare a far capire meglio il passaggio da natura a cultura.

  6. Pur non condividendo diversi punti della sua risposta, mi incuriosisce molto la bibliografia critica che ha citato, che non conosco (e quando mi occupavo di Girard, non conoscevo). Il lavoro di Burkert invece lo affrontai, e posso dirle che è abbondantemente superato (questo succede quando un filologo grecista si mette a fare antropologia). Oggi la ricerca va in direzione opposta alla violenza e alla aggressività di Burkert, specie per spiegare la “chiave” evolutiva umana, che sembra più che altro essere la cooperazione sia inter che intra specifica. Le cito per esempio autori come Range, Viranyi, Miklosi, Hare, Magnani, Marchesini. Una curiosità: in quale senso David Lopez “critica” il capro espiatorio?

  7. I due testi che le ho menzionato nel precedente commento e che non conosce (il terzo sì, come mi ha scritto) sono di recente pubblicazione. Quello di Davide Lopez è stato pubblicato nel 2008, l’altro nel 2010. Lopez è uno psicoanalista mentre il testo di Ammannati si presenta più che altro come un tentativo di interpretazione dell’Apocalisse di Giovanni attraverso la teoria mimetica. Le scrivo di entrambi (benché Lei mi domandi informazioni solo del primo) perché il secondo fa fare un ulteriore passo in avanti alla critica mossa dal primo.
    Prima di introdurre il tipo di critica mosso, mi permetto di sottolineare ancora una volta l’elemento “filosofico” dell’antropologia girardiana. Che cosa intendo dire? Intendo dire che quella di Girard non è semplice antropologia ma una teoria che prova a spiegare quale ruolo giochino i rapporti interpersonali nella costruzione e nella rivelazione dell’essere dell’uomo.
    Qual è la critica che Lopez muove a Girard? Girard pretende di far credere al suo pubblico che il capro espiatorio sia un “povero cristo” qualsiasi, un individuo con qualche deformazione fisica o al massimo con qualche segno esterno distintivo. Lopez fissa la sua attenzione proprio su questo punto, sostenendo che, se si passano in rassegna gli esempi di capro espiatorio presentati da Girard, in alcuni casi nelle vittime si colgono elementi distintivi della loro personalità. Lopez sta dicendo fra le righe che gli esseri umani non sono uguali, come la propaganda del “politicamente corretto” si sforza oggi di farci credere. E non solo sono differenti, ma si distinguono per avere chi più e chi meno (in questo senso aveva ragione Jules Renard quando affermava che “l’uguaglianza è solo l’utopia degli invidiosi”, per cui potremo dire che la cultura del “politicamente corretto” cerca di promuovere un mondo che non esisterà mai). Se abbiamo veramente il coraggio di osservare la realtà umana con occhi disincantati, non possiamo non riconoscere che essa è fatta di differenze e disuguaglianze.
    Ecco, la critica a Girard parte e ruota intorno al sentimento dell’invidia.
    Che cosa è l’invidia? Mi permetto di riportare, per essere sbrigativi, la definizione di wikipedia:
    “Il termine invidia (dal latino in – avversativo – e videre, guardare contro, ostilmente, biecamente o genericamente guardare male, quindi “gettare il malocchio”) si riferisce a uno stato d’animo per cui, in relazione a un bene o una qualità posseduta da un altro, si prova spesso astio e un risentimento tale da desiderare il male di colui che ha quel bene o qualità”.
    Nel corso della loro vita gli uomini realizzano non solo di essere diversi gli uni dagli altri, ma fanno anche esperienza del sentimento di mancanza o di possesso: ognuno di noi possiede qualcosa in più o in meno degli altri. La presa di coscienza di essere privi di qualcosa posseduto da altri può generare l’invidia e condurre alla violenza, la quale va necessariamente sempre nella medesima direzione, colpendo l’invidiato e mai l’invidioso. Chi possiede qualcosa in più sviluppa ciò che Lopez chiama “volontà di potenza”. Che cosa intenda con simile espressione, Lopez lo spiega dicendo che non esiste sostanziale differenza fra la “volontà di potenza”, secondo il significato tradizionalmente attribuito a Nietzsche, e il desiderio mimetico: un individuo in posizione dominante fa di tutto per essere ammirato e desiderato proprio per ciò che lo distingue dagli altri e lo pone al di sopra degli altri, manifestando così la “volontà di potenza” e dunque istigando gli altri alla rivalità mimetica.
    Parlando di Giobbe, Lopez scrive: “Giobbe è quell’individuo […] non sostituibile con un altro, ma è esattamente colui che, per il fatto stesso di essere divenuto l’idolo delle folle, rappresenta […] un pericolo grave per gli “amici” [di Giobbe stesso], giacché gli interessi di Giobbe e quegli degli “amici” sono in conflitto” (p. 75). Essi sono in conflitto giacché Giobbe è un idolo delle folle per le sue qualità, mentre gli “amici” non lo sono ma vorrebbero esserlo.
    Domandosi la ragione per la quale Girard avrebbe passato sotto silenzio la “volontà di potenza” del capro espiatorio, Lopez spiega “che ciò serviva, era indispensabile, all’ulteriore chiarificazione della vittima, come del tutto innocente” (p. 116). Una volta messa in luce la non totale innocenza del capro, Lopez è in grado di smantellare le fondamenta su cui regge la teoria (“manichea”, aggiunge Lopez – perché divide il mondo in buoni e cattivi) di Girard. La “volontà di potenza” dell’individuo dominante giustifica (almeno parzialmente) la persecuzione condotta dai suoi ammiratori invidiosi: se io (dominante) faccio di tutto per essere ammirato, suscitando così la tua invidia, parte della colpa della persecuzione condotta contro di me è anche mia! (direbbe Lopez…). E proprio a causa della “volontà di potenza”, percepita come pericolosa per la quiete sociale, la comunità finisce per perseguitare il detentore di quella “volontà” (p. 115).
    La critica di Lopez, come le dicevo, benché utile per smontare (almeno parzialmente) la teoria mimetica, risulta però pericolosissima. Mi spiego meglio.
    Nelle pagine del suo saggio, Ammannati riprende la stessa critica di Lopez a Girard, ma diverge nelle conclusioni.
    Detto in poche parole, che cosa contesta Ammannati a Girard? Contesta il fatto che i racconti evangelici evidenziano come la morte di Cristo sia tutto meno che casuale, tutto meno che “fortuitamente” scaturita dal meccanismo del capro espiatorio. La morte di Cristo è stata pianificata dai sacerdoti del Sinedrio, i quali, rivelano i vangeli sinottici (ma non quello di Giovanni), invidiavano Gesù.
    La differenza fra Lopez e Ammannati si fonda su un punto fondamentale.
    Mentre Lopez considera la “volontà di potenza” un elemento immancabile nella genesi dell’invidia (perché egli presuppone che tutti gli uomini siano posseduti dal demone della mimesi rivalitaria), Ammannati non la ritiene tale. Le disuguaglianze fra gli uomini sono sempre esistite e sempre esisteranno, e colui che ha di più, seppure facesse di tutto per non suscitare la rivalità negli altri, troverebbe sempre qualcuno “disposto” ad invidiarlo e magari a danneggiarlo. Insomma, non si può credere, come fa Lopez, che le disuguaglianze esistano solo nel momento in cui siano suscitate dal modello. Esse esistono per un’oggettiva differenza fra gli esseri umani. Altrimenti dovremmo concludere sia che Cristo fu preda della rivalità mimetica, così da giustificare la sua messa a morte, sia che non esiste uomo che, pur avendo talento tale da distinguersi dagli altri, non sia capace di sfuggire alla rivalità mimetica.
    Di là delle differenze fra Ammannati e Lopez, la convergenza della critica a Girard smonta la teoria del capro espiatorio.
    Lei potrà constatare da solo la notevole differenza fra le dinamiche sociali che stanno rispettivamente dietro alla storia di violenza narrata da Apollonio di Tiana e riportata da Girard in Vedo Satana cadere come una folgore (p. 75), e la storia biblica di Giuseppe e i suoi fratelli, che pure Girard menziona altrove come esempio (se non ricordo male, in Delle Cose nascoste fin dalla fondazione del mondo). Nella prima, diviene capro espiatorio della folla un povero disgraziato passato casualmente nei pressi della folla in tumulto a causa del contagio di peste. Nell’altro caso, Giuseppe è oggetto di persecuzione da parte dei fratelli a causa del suo destino di privilegiato (rispetto ai fratelli stessi). La prima è una violenza casuale (c’è bisogno di una vittima, ma ne basta una qualsiasi), la seconda è pianificata (Giuseppe, e non altri, deve essere oggetto di violenza).
    Due differenti dinamiche non possono ricadere sotto la medesima legge. Significativa a questo riguardo è l’esegesi che Ammannati fa di due romanzi, La fattoria degli animali e Il signore delle mosche, per dimostrare come esistano due differenti dinamiche che portano alla violenza e non una sola come Girard vorrebbe far credere.
    Esiste una profonda differenza fra la violenza rilasciata su di una vittima casuale (il capro espiatorio) e quella scaricata su una persona, oggetto di invidia da parte dei suoi persecutori. Se Lei legge i due romanzi inglesi, si renderà meglio conto delle differenze.
    Se, come sostiene Girard, la letteratura è un utile strumento (uno fra i tanti, naturalmente) per l’elaborazione di teorie antropologico-filosofiche, allora i due romanzi smentiscono parzialmente la teoria mimetica del capro espiatorio come spiegazione dell’origine di qualsiasi forma di violenza.
    Da quello che ho capito, Girard non si è accorto di aver descritto due differenti forme di violenza. Le ha descritte (riportando degli esempi), ma ha pensato di stare parlando della cosa, mentre la stessa non era. Stando così le cose, un’altra teoria, speculare a quella del capro espiatorio, deve essere abbozzata per spiegare il secondo tipo violenza. I primi passi mi sembra siano stati compiuti da Lopez e Ammannati. Non sto qui a riproporgliela per non estendere oltre il mio (già lungo) intervento (che, spero, avrà avuto la pazienza di leggere fino in fondo).

  8. Concordo con la critica contenuta nell’articolo, ben motivata. Sul mimetismo sociale, i suoi presupposti e le sue implicazioni, il contributo di Girard è però davvero importante.
    RDV

  9. Basterebbe leggersi il capitolo 8 della violenza e il sacro per capire che per Girard la vittima non è innocente. La vittima è colpevole come gli altri ma paga per tutti, questo Girard lo ripete un pò ovunque.Quindi è una corbelleria dire che per Girard la vittima è innocente, come lo è il manicheismo di cui parla Lopez dei buoni e dei cattivi. Girard stesso definisce da western americano questa distinzione e prende invece come esempio la tragedia greca dove buoni e cattivi si invertono di tragedia in tragedia.Per quanto riguarda la vittima casuale e quella invidiata perdonatemi ma è un’altra corbelleria:la vittima è casuale nella crisi mimetica quando ci sono solo dei doppi e predominano indifferenziazione e reciprocità, mentre nel nostro mondo durante tumulti, rivoluzioni, disordini etc.,la vittima non è mai casuale ma risponde a precise esigenze rituali. Insomma è vero che può essere l’invidiato la vittima ma lo può essere anche lo straniero, il responsabile, il politico e se la colpa dell’invidiato è il suo ego e il suo desiderio di essere invidiato allora la colpa del responsabile è quella di essersi preso la responsabilità e quindi nessuno dovrebbe prendersi delle responsabilità, e la colpa dello straniero è che non è stato a casa sua, insomma proprio non ci siamo.
    Dove è da criticare Girard è quando afferma il primato non sacrificale del cristianesimo quando invece ad esempio il buddismo è contro i sacrifici da molto prima e tra l’altro lo è molto più seriamente di noi visto che i buddisti non mangiano animali e anche secondo Girard mangiare animali è una forma di sacrificio che il cristianesimo non vieta.
    Anche dire che certe dinamiche antisacrificali sono del mondo cristiano significa non conoscere bene le filosofie orientali che sono riuscite a rinunciare alla violenza senza riprodurla sotto forma di armi nucleari, inquinamento,colonialismo che sono tutte cose che abbiamo esportato noi cristiani forse perchè non siamo riusciti a rinunciare alla violenza come invece ci sono riusciti i buddisti.Comunque sia chiaro per me il cristianesimo è una religione sublime ma non è l’unica religione sublime come crede.

  10. consiglio storicità radicale di Giuseppe Fornari, testo densissimo che corregge Girard comunque partendo da lì, e con Husserl unisce Freud, Bataille, e Kafka…

  11. Considero Giuseppe Fornari un autore talmente di parte da non potere essere preso seriamente. Ho letto anni fa Dioniso contro il crocifisso, mi sembra si intitolasse, e l’ho trovato di una tracotanza irritante oltre che di una parzialità francamente sconcertante per uno studioso che si voglia far passare per intellettualmente onesto.

  12. Desideravo portare alla vostra attenzione un passo di Euripide che Girard a quanto mi risulta (se qualcuno ha informazioni diverse è pregato di comunicarlo) non cita mai:
    ” Io, per quel che mi riguarda non credo al banchetto che Tantalo avrebbe imbandito per gli dei,quando mangiarono di gusto le carni di suo figlio,e penso che a trasferire sugli dei la propria infamia siano queste popolazioni di omicidi: nessuno degli dei è malvagio, a mio parere”.Ifigenia. Ifigenia in Tauride.
    Qui stando all’analisi di Girard c’è già tutto, qualcuno lo può negare? Qui la violenza degli dei viene demistificata e mostrata come completamente umana molto più che nell’Antico Testamento dove si la vittima è spesso vista come innocente ma dove sempre Dio appare come il punitore senza essere mai completamente demistificato come qui. Citiamo per essere più credibili Girard stesso:
    “Molti passi fanno ricadere sugli uomini la responsabilità principale della sua morte salvatrice (del servo di Yahvè). Uno di questi passi sembra perfino attribuire ad essi la responsabilità esclusiva di questa morte
    -e noi lo giudicammo castigato percosso da Dio e umiliato(Isaia 53,4)-.
    Mentre egli non lo era affatto.Non era Dio che lo percuoteva, la responsabilità di Dio è implicitamente negata….se la comunità umana ci è presentata a più riprese come responsabile della morte delle vittime, Dio stesso in altri momenti, ci è presentato come il principale autore della persecuzione:
    -A Yahvè piacque prostrarlo con la sofferenza.(Isaia 53,109).
    Questa ambiguità nel ruolo di Yahvè corrisponde alla concezione della divinità nell’Antico Testamento…non si giunge mai nell’Antico Testamento a una concezione della divinità completamente estranea alla violenza”.(Da Delle cose..pag.209).
    Allora? In Euripide invece si, si giunge a questa concezione che non è affermata implicitamente (e quindi forzata da Girard stesso)ma esplicitamente con chiarezza cristallina.
    Perchè Girard non cita mai questo passo di Euripide? Perchè se no la superiorità dell’Antico testamento sui tragici verrebbe mostrata per quello che è, una bufala, e si badi che questo non è l’unico passo di Euripide ce ne sono altri sempre ovviamente mai citati da Girard.
    Non sarebbe meno ipocrita dire che nel mondo ad un certo punto il sospetto che i sacrifici non fossero voluti dagli dei o da Dio affiora da più parti(Grecia,Israele,India,Iran etc.) invece che fare classifiche francamente ridicole e opinabili?
    Quello che emerge é che Euripide non poteva non sapere quello che Cristo stesso sapeva, lo dice e quindi è chiaro che lo sa e non solo lo sapeva Euripide, ma lo sapevano in tanti in tante parti del mondo, semplicemente non lo dicevano esplicitamente per un motivo che lo stesso Girard dice nella Violenza e il sacro:
    “Tale demistificazione resta ancora sacrificale, religiosa essa stessa, perlomeno finchè non riesce a compiersi, nel senso che si crede non violenta o meno violenta del sistema. In realtà è sempre più violenta, se la sua violenza è meno ipocrita è però più attiva più virulenta, e annuncia sempre una violenza anche peggiore, una violenza priva di qualsiasi misura”.(pag.43)
    E’ per non togliere all’umanità le stampelle sacrificali che molti tacciono la verità, perchè non ritenevano giunto ancora il momento. D’altronde anche Cristo non lo dice esplicitamente come Euripide, Cristo lo fa ma non dice che non è Dio a volerlo, lascia che il sospetto si insinui poco a poco nell’umanità, lascia che sia l’umanità stessa ad arrivarci senza violentarla con una verità che non sarebbe ancora pronta a ricevere.
    Non voglio dilungarmi troppo ma tanto ci sarebbe ancora da dire sull’oriente ad esempio,o sui presocratici, sugli gnostici, sull’ermetismo etc. Forse è in un momento di estrema amarezza che Euripide si lascia andar e da sfogo ad una verità che forse non voleva rivelare.

  13. Ho letto con interesse e attenzione i commenti del Signor Giorgio. Mi permetto alcune riflessioni in merito ai loro contenuti e una «piccola critica». Il Signor Giorgio ha definito “corbellerie” le critiche a Girard, mosse dai due autori citati in un mio precedente commento. Spiegare il contenuto di una critica è cosa non facile. Forse non ci sono riuscito, dopo aver letto le motivazioni che hanno spinto il Signor Giorgio a definirle corbellerie, e quindi provo una seconda volta. In ogni caso, io credo sarebbe saggio provare a leggere i libri e non basarsi sul commento fatto da un loro lettore.
    La teoria di Girard può essere enucleata in tre punti: sull’imitazione del desiderio altrui; sulla violenza che questa imitazione genera e che conduce al cosiddetto meccanismo del capro espiatorio; infine sul presunto potere della vittima di stabilire (o ristabilire) l’ordine sociale.
    Girard pretende di comprendere con questo schema qualsiasi atto di violenza, reale o semplicemente narrato (miti, letteratura, racconti orali).
    Può essere spiegata qualsiasi tipo di violenza con questa teoria? I due autori da me menzionati dicono di no. Ammannati, in particolare, cita il racconto biblico di Giuseppe (menzionato anche da Girard), per provare come non tutta la violenza possa essere spiegata attraverso la teoria di Girard.
    Se io faccio fuori il mio rivale, che è il mio modello e il mio oggetto di invidia, dove sta il capro espiatorio qui? Non c’è alcun capro espiatorio. C’è solo la messa fuori gioco del mio rivale e modello, di colui che riconosco migliore di me e che, a causa del suo essere migliore di me, io soffro fino a generare nei suoi confronti il sentimento dell’invidia.
    Giorgio scrive: «Se la colpa dell’invidiato è il suo ego e il suo desiderio di essere invidiato allora la colpa del responsabile è quella di essersi preso la responsabilità e quindi nessuno dovrebbe prendersi delle responsabilità, e la colpa dello straniero è che non è stato a casa sua, insomma proprio non ci siamo». Bravo, ha ragione. Ma la differenza è che nel caso dell’invidiato, modello e vittima coincidono, mentre lo straniero rimane solo una vittima sacrificale. Dunque c’è una grande differenza fra l’uccidere qualcuno a mo’ di capro espiatorio e qualcuno che si invidia. C’è una bella differenza. Differenza che non consente di mettere l’invidiato e lo straniero sullo stesso piano né di elaborare una identica teoria per spiegare la natura differente della violenza di cui rimangono vittime.

  14. Mmm…mi sembra che invece che questa grande differenza, ci siano solo due momenti distinti dello stesso processo mimetico e che cercare differenze sia ancora non comprendere pienamente i meccanismi che portano al capro espiatorio. A pag. 23 della violenza e il sacro Girard parla di Aiace che uccide gli armenti invece che l’esercito greco o meglio che Ulisse che è l’invidiato. In questo caso se Aiace uccidesse Ulisse ucciderebbe il rivale invidiato,e in tal caso vittima e modello coinciderebbero ma siccome uccide gli armenti, uccide dei capri espiatori e qui vittima e modello non coincidono.Non mi sembra così rilevante questa differenza e non mi sembra taciuta da Girard, anzi in Aiace la mette in evidenza e non solo lì ma in tutto il libro.Non sempre possiamo uccidere chi invidiamo, allora cerchiamo vittime sostitutive, è di questo che Girard non parla?
    Durante la crisi mimetica, nel tutti contro tutti, ognuno ha il suo rivale e per i più svariati motivi,l’invidiato può essere chiunque, ma alla fine il capro espiatorio sarà uno solo e quindi solo per uno o per pochi la vittima sarà l’invidiato originario, mentre per la maggior parte la vittima sarà solo un capro espiatorio sostituito al nostro rivale originario.
    Più in generale non è che si arrivi sempre dopo ogni omicidio alla crisi mimetica, Girard mostra svariati modi che le comunità hanno per impedire questo.Insomma lungi dal non vedere questa differenza Girard ne fa una base della sua teoria.Non c’è affatto bisogno di una teoria speculare, speculari sono coloro che creano differenze fittizie per poter assumere un’identità nella cittadella filosofica, si inventano un Girard che non esiste per poterlo criticare (Lopez e Ammannati).Oh, poi magari sono io che mi sbaglio.

  15. Gentile Giorgio, grazie per la replica. Tuttavia le sue osservazioni non mi hanno convinto. Partiamo da un punto. Girard elabora una teoria e poi, per spiegarla e dimostrarla, utilizza esempi tratti da testi religiosi non cristiani e dalla Bibbia, dalla letteratura moderna o contemporanea, dalla analisi dei riti religiosi di religioni antiche o meno sparse per il pianeta. Lei cita uno degli innumerevoli esempi portati da Girard a sostegno della sua tesi, quello di Aiace. Lei dice: «Non sempre possiamo uccidere chi invidiamo, allora cerchiamo vittime sostitutive …». Questa è l’essenza della teoria elaborata da Girard. E, infatti, lo stesso Girard, in un libro-intervista dal titolo Origine della cultura e fine della storia, scritto circa venti anni dopo La violenza e il Sacro (quando ormai Girard doveva avere le idee più chiare), ribadisce alcuni punti essenziali della sua teoria. Così scrive che la presenza del modello è l’elemento chiave della sua teoria (p. 31), perché dalla presenza di un modello origina il processo imitativo. La crisi viene raggiunta quando modello e soggetto finiscono per imitarsi l’un l’altro e divenire rivali ciascuno dell’altro (p. 32). Quando è che questa crisi giungerà a termine, salvando la comunità dall’autodistruzione? Quando, spiega Girard, verrà fatta «convergere la furia collettiva su di una sola vittima scelta a caso» (p. 36). Questa vittima è «un membro della comunità scelto a caso» (p. 36). Questa è la risoluzione della crisi «attraverso il capro espiatorio» (p. 37), attraverso il quale una comunità viene fondata (o rifondata). Come noterà, caro Giorgio, Girard insiste molto su questo punto, specificando a più riprese che la vittima è scelta a caso e che, come giustamente ha fatto notare Lei, è una vittima sostitutiva del nostro rivale (o modello) che non sempre possiamo uccidere. Se ora Lei apre Delle Cose nascoste fin dalla fondazione del mondo, troverà riportata da Girard la storia di Abele e Caino (p. 196 e seguenti). Girard scrive che nel racconto di Caino e Abele è espresso nettamente il carattere fondatore dell’assassinio (p. 197). Ora, immagino, non è necessario che Le riporti l’intero racconto biblico. Lei saprà benissimo che Caino uccide il fratello perché invidioso di Abele. E, dunque, in questo caso, l’ordine viene fondato non già attraverso la violenza su un capro espiatorio, cioè una vittima a caso, bensì sul modello, cioè sulla figura invidiata. Prendendo la storia di Caino e Abele come esempio per mettere in crisi la teoria di Girard, rispondiamo alle seguenti domande: 1) I racconti (letterari o religiosi) rivelano davvero sempre che l’ordine emergente da una crisi sacrificale è fondato sulla morte violenta di un capro espiatorio? La prima risposta è: no. 2) Lei scrive (a ragione) che «basterebbe leggersi il capitolo 8 della violenza e il sacro per capire che per Girard la vittima non è innocente. La vittima è colpevole come gli altri ma paga per tutti, questo Girard lo ripete un po’ ovunque. Quindi è una corbelleria dire che per Girard la vittima è innocente, come lo è il manicheismo di cui parla Lopez dei buoni e dei cattivi. Girard stesso definisce da western americano questa distinzione e prende invece come esempio la tragedia greca dove buoni e cattivi si invertono di tragedia in tragedia». Nel racconto di Abele e Caino, Abele è colpevole di qualche cosa? La risposta è: no.
    Infine la Passione. Secondo Girard il racconto della Passione rivela in modo definitivo la dinamica del capro espiatorio. Citando il vangelo di Giovanni, Girard scrive che parole in bocca al sacerdote del Tempio rivelano in tutto il loro freddo cinismo e calcolo politico la dinamica del capro espiatorio: «È meglio che muoia uno piuttosto che tutta la nazione». Girard ha però dimenticato un dettaglio. Gli altri tre vangeli raccontano altro. Raccontano che Pilato offre ai sacerdoti e al popolo un vero capro espiatorio, Barabba, eppure è Cristo a finire in croce. Perché? I vangeli lo rivelano. I sacerdoti erano invidiosi di Gesù. Coincidendo l’oggetto della nostra invidia con il modello, poniamoci la domanda: chi è morto quel giorno a Gerusalemme, un capro espiatorio o un modello invidiato?
    Così ritorniamo a quello che Lei ha scritto. Lei dice: «Non sempre possiamo uccidere chi invidiamo, allora cerchiamo vittime sostitutive …». La mia domanda è: quando uccidiamo colui che invidiamo, stiamo ancora parlando della teoria mimetica di Girard o stiamo parlando di una variante che Girard non ha considerato o invece stiamo parlando di un’altra cosa? Io, a questo punto, non le so rispondere.

  16. Caro Pablo, tu dici parlando di Abele:<>. Così come Edipo “invidia” Laio e come Romolo “invidia” Remo.
    Anche con Romolo che uccide Remo si ha la fondazione di uno stato che si basa su un omicidio. E’così spesso no? Sono miti non dicono la verità.La storia di Abele e Caino è un mito. Da pag.147 de Il capro espiatorio Girard dice che l’assassinio di Remo non è individuale ma collettivo. In Tito Livio la prima versione dell’assassinio di Remo è collettiva. Così anche l’omicidio di Laio(ad es. pag 56 de L’antica via degli empi)è collettivo.E se anche in Caino e Abele ci fosse la cancellazione dell’omicidio collettivo?
    Girard ne Il capro espiatorio (Ad es. il capitolo Asi, Cureti e Titani) mostra come la cancellazione dell’omicidio collettivo, che diventa così individuale, sia l’evoluzione normale dei miti, quindi estendendo a Caino e Abele l’interpretazione che Girard fa per gli altri due miti anche qui abbiamo non uno ma due capri espiatori, Abele e Caino accusato di essere stato l’unico ad avere ucciso Abele.
    Tu chiedi:<>
    Beh, io direi di no (non sempre, anzi quasi mai), ma non per il motivo che dici tu,non perchè Abele non è un capro espiatorio,ma perchè i miti ad es. fanno proprio il contrario di quello che dici tu, i miti non rivelano ma mascherano la verità.
    A pag 17 de La violenza e il sacro(si lo so ma per me questo è il libro più importante di Girard, il suo capolavoro, quanto a Origine della cultura, l’ho letto anni fa e non ce l’ho,ma non mi sembrò contraddire La violenza..)Girard sembra vedere la causa dell’omicidio di Abele non tanto nell’invidia ma nel fatto che Caino non fa sacrifici animali.
    Poi altre due considerazioni sull’innocenza della vittima e sul capro espiatorio.
    La vittima è innocente nel senso che non è colpevole della accuse stereotipate che le vengono mosse.Non è innocente nel senso che anche lei perlomeno nella crisi mimetica partecipa al tutti contro tutti ed è solo un caso che venga linciata lei. E’ violenta come gli altri.Quando Girard parla di vittima innocente si riferisce esclusivamente alle accuse che i linciatori le fanno.
    Chiedersi come fa Lopez se è veramente innocente la vittima che viene linciata, lo trovo francamente odioso visto il contesto.Tu scrivi riferendoti a Lopez:<>. Come? Come si può giustificare un linciaggio? Tu vorresti linciare chi si da troppe arie?Ti sentiresti parzialmente giustificato? Ma non sono idee tue ma di Lopez vero?
    Riguardo il capro espiatorio ti inviterei a guardare certi programmi televisivi, quelli che cercano il mostro. Appena lo si trova, ecco il linciaggio morale. Domanda, uno che uccide o stupra e che viene linciato moralmente in tv è o non è un capro espiatorio? Si e No, dipende.No perchè è veramente colpevole di quello di cui viene accusato ed è giusto che vada in galera (cosa ne direbbe Cristo?). Sì perchè è chiaro che il pubblico cerca qualcuno da linciare per sfogare su di lui una violenza di cui non è responsabile. La differenza rispetto al passato è che oggi si cercano capri espiatori colpevoli e la tv ne offre in continuazione… salvo poi scoprire che erano innocenti…
    Se io me la prendo per qualsiasi motivo con uno che non c’entra niente, questo è un capro espiatorio?Si e no, no perchè sono solo io a prendermela con lui, sì perchè per me e un capro espiatorio. E se anche lo invidio è veramente sua la colpa della mia invidia o lui è solo la causa scatenante (quindi il capro espiatorio in un certo senso)della mia frustrazione?
    Come vedi non tutto è inquadrabile nei nostri schemi,quando ti trovi di fronte ad un paradosso lo risolvi distinguendo, si e no, dipende.
    Su Cristo per me quel giorno è morto un capro espiatorio e un invidiato(non o/o, ma e, invidiato da alcuni che sono riusciti a farne il capro espiatorio per tutti.
    Ma poi in realtà è stato lui a voler essere sacrificato, chiedere a Giuda.
    Secondo me stiamo parlando della teoria mimetica,se come tu dici la teoria mimetica di Girard parla della violenza che scatena l’imitazione mi sembra proprio che parliamo di Girard indipendentemente dal significato esteso o ristretto che diamo al termine capro espiatorio.No?
    Dimenticavo la vittima è scelta a caso nella crisi mimetica, ma solo lì e forse non sempre neanche lì, quasi mai nel nostro mondo, quasi mai al tempo dei romani,quindi distinguere tra invidiata o casuale non ha senso, la vittima può essere l’invidiato come qualunque altra figura che si distingue per qualsiasi motivo.

  17. 1)Tu dici”In questo caso l’ordine viene fondato non già attraverso la violenza su un capro espiatorio,cioè una vittima scelta a caso , bensì sul modello,cioè la figura invidiata”.
    2)Tu chiedi:”Prendendo la storia di Caino e Abele per mettere in crisi la teoria di Girard..1)I racconti(letterari e religiosi)rivelano davvero sempre che l’ordine emergente da una crisi sacrificale è fondato sulla morte violenta di un capro espiatorio?
    3)Tu scrivi:”Se la volontà di potenza (ego)dell’individuo dominantegiustifica (almeno parzialmente)la persecuzione condotta dai suoi ammiratori invidiosi..”

  18. Mi spiego meglio, la crisi mimetica è la matrice originaria e lì la vittima è casuale ma le crisi mimetiche, il tutti contro tutti succedeva nella preistoria, forse ancora non eravamo completamente umani, oggi anche la crisi più pesa non arriva a quei livelli di perfezione stilistica (pag.220 La violenza e il sacro).Oggi il capro espiatorio è scelto prima e proprio per questo non è casuale, proprio perchè non arriviamo al punto in cui siamo tutti l’uno il doppio dell’altro in cui siamo tutti uguali. E’ quando le distinzioni si aboliscono completamente che la vittima non può che essere casuale solo da quel momento.Ma finchè ci sono differenze la vittima sarà scelta in base ai segni di selezione vittimaria quali minoranze etniche o religiose,malattie varie, deformità,l’orfano, il ricco, lo squattrinato, l’ultimo arrivato etc.

  19. Caro Giorgio, tu scrivi: «Su Cristo per me quel giorno è morto un capro espiatorio e un invidiato(non o/o, ma e, invidiato da alcuni che sono riusciti a farne il capro espiatorio per tutti.». Bravo. Vedi? Sei arrivato dove sono arrivati quei due autori. Perciò la teoria di Girard è necessaria ma non sufficiente per spiegare la morte di Cristo. Ergo, occorre integrarla.

  20. Caro Pablo evidentemente non mi sono spiegato bene. Girard dove dice che il capro espiatorio spiega tutta la violenza? E’o non è Girard che spiega come sia l’imitazione a generare la violenza? Tu scrivi:”Girard pretende di comprendere con questo schema qualsiasi atto di violenza..” Dove? A che pagina di quale libro? Girard dice che solo l’unanimità può ristabilire la pace,ed è solo contro il capro espiatorio che si può creare questa unanimità, quindi il capro espiatorio non spiega ogni forma di violenza ma la risolve. Questo dice Girard.Io posso uccidere un uomo per qualsiasi motivo, non solo per invidia, ma poi la mia violenza verrà imitata e così avanti fino allo sterminio o al capro espiatorio, questo dice Girard. Poi che cosa Girard non spiega sul cosiddetto omicidio per invidia? Ma se è proprio lui che ne parla! Al limite si può perfezionare o criticare quello che dice, ma dire che non ne parla è lunare.
    Quando ti dico di applicare la logica inclusiva dell’e/e, invece di quella esclusiva e sacrificale dell’o/o intendo dire che secondo me non riuscendo a concepire come l’invidiato possa essere anche un capro espiatorio, senti poi il bisogno di creare due teorie diverse per lo stesso processo.E’ il platonismo di cui parla Girard nei confronti di Freud, quando dice che non capendo il desiderio mimetico, Freud ipostatizza due suoi momenti, il desiderio edipico e il desiderio (o istinto) di morte. Tu non capendo il processo mimetico, ipostatizzi due suoi momenti,la violenza iniziale e la soluzione finale. Con la differenza che Freud lo fa senza avere letto Girard, tu invece lo hai letto e non dovresti cadere in questi errori, ma sei scusato perchè sei fuorviato da 2000 e passa anni di metafisica e da due autori che criticano Girard senza conoscerlo, se no non prenderebbero dei miti per veri, questo è un errore pacchiano,già questo ti dovrebbe convicerti a liberarti dalla loro influenza.

  21. Caro Giorgio, stiamo provando a comunicare ma siamo lontani dal capirci. Facciamo così: stravolgiamo completamente l’approccio alla questione. Sparigliamo le carte in tavole e ricominciamo la discussione in un’altra maniera. Però ti chiedo una cortesia, rispondi esclusivamente alle domande che ti pongo senza mischiare insieme troppi argomenti. Tu mi hai scritto polemicamente: «Girard, dove dice che il capro espiatorio spiega tutta la violenza? ….Dove? A che pagina di quale libro?». Bene, partiamo da qui. Girard, dunque, non spiega ogni tipo di violenza. Diciamo allora che: 1) ciò che questi due studiosi fanno è spiegare un altro tipo di violenza che con Girard ha (forse) poco a che fare, usando però un linguaggio non dissimile da quello usato dallo studioso francese. 2) I due studiosi non mettono in dubbio la teoria di Girard, non avanzano perplessità circa la sua validità. Entrambi presentano però una differente lettura della Passione di Cristo. Della sola Passione di Cristo. Per comprendere la natura della questione, dobbiamo ora focalizzare l’attenzione SOLO sulla Passione. Quindi mi auguro che la tua (eventuale) replica abbia per contenuto solo la lettura della Passione, e solo quella. Prima di andare avanti, lasciami dire che il racconto della Passione ha un vantaggio: non è un mito bensì la cronaca fedele di un avvenimento accaduto in un momento preciso della storia, perciò più autorevole dei miti. Dei miti diamo interpretazioni. Della Passione leggiamo e costatiamo quello che è accaduto. I due studiosi si domandano: la lettura di Girard è sufficiente a spiegare perché Cristo (e non Barabba) sia finito sulla croce? No. Quale “misterioso mistero” ha portato sulla croce un innocente piuttosto che un criminale? Quale oscura ragione ha portato alla morte Cristo e non Barabba? Non il caso ha condotto Cristo al Calvario ma una precisa strategia criminosa. Sia chiaro, nessuna violenza, neanche quella contro un criminale (come Barabba, nel nostro caso) può essere giustificata, come spiega Girard. Tuttavia dobbiamo domandarci perché Cristo (e non Barabba) sia finito in croce. Per farlo, introduco due differenti tipi di violenza, spiegandoli attraverso degli esempi. Il primo tipo di violenza riempie le pagine dei nostri giornali. Ti riporto una notizia, giusto per farti capire di cosa stiamo parlando: «È partito tutto da una foto scattata insieme al calciatore del Napoli Lavezzi, notoriamente appassionato di tatuaggi, e pubblicata su Facebook. Tanto è bastato a scatenare l’invidia di un tatuatore suo concorrente, che ha inviato al suo negozio un commando composto da tre persone incaricate di dargli una lezione». La notizia non è spiritosa perché il povero tatuatore è stato ucciso. Se vogliamo ora fare teoria su questa notizia, tirando fuori una legge generale sulla violenza di questo tipo (e solo di questo tipo), possiamo dire che la violenza nasce in presenza di un modello e di un imitatore, di un invidiato e di un invidioso. O l’invidioso accetta la superiorità del suo modello, oppure, per smettere di soffrire, dovrà liberarsi del suo modello invidiato, come è tragicamente accaduto nella vicenda riportata. Qui non c’è NESSUN CAPRO ESPIATORIO ma solo una vittima innocente, “colpevole” (se così si può dire) di essere migliore di un’altra, perché è, fa o ha fatto qualcosa meglio del suo rivale. Qui la “sostanza” del contendere c’è. Come ho detto in un mio precedente commento, non siamo uguali. Non lo siamo. Ed è proprio questa differenza che conduce all’invidia e alla violenza. La violenza ha origine proprio dalla DIFFERENZA DI ESSERE fra gli umani. Mentre tutte le altre differenze sono differenze fittizie (colore della pelle, ad esempio), questa differenza (cioè la differenza di essere) esiste, È REALE. C’è chi ha più talenti, chi ne ha meno. Se uno ammazza un altro che considera suo modello, non ammazza un capro espiatorio ma l’origine della sua invidia. Se due, tre, cinque, dieci persone invidiano una stessa persona e la uccidono, quella vittima non è un capro espiatorio ma l’origine della loro invidia e del loro malessere psicologico.
    Il secondo tipo di violenza è quello del capro espiatorio. Ti riporto un esempio tratto da uno dei due libri da me menzionati. È una storia ungherese citata da Freud in un suo libro. In un villaggio fu uccisa una ragazza. Si scoprì che era stato il fabbro, il quale confessò l’omicidio e per questo fu condannato a morte per impiccagione sulla piazza del paese dalla gente che reclamava giustizia. La notte prima dell’esecuzione, il borgomastro si accorse però che l’assassino era l’unico fabbro del paese, che nessuno era in grado di sostituirlo e che, a condanna eseguita, il paese sarebbe rimasto senza attrezzi di ferro. Che fece il borgomastro? Visto che nel paese vivevano due sarti e che uno solo sarebbe stato sufficiente per fare i vestiti a tutti i paesani, decise di impiccare uno dei due al posto del fabbro. E uno dei due sarti fu impiccato. Il paese continuò ad avere il suo fabbro e l’ansia di giustizia riparatrice del misfatto, che la comunità paesana reclamava, fu appagata grazie a quel sacrificio sostitutivo. Questo racconto, come si vede, è il tipico racconto in cui appare la figura del capro espiatorio, cioè della vittima che paga al posto di un altro (o di tutti). Per essere ancora più chiari, riporto un secondo esempio del secondo tipo: la storia di Giuseppe raccontata nella Bibbia. Te la riporto, modificandola impercettibilmente, come riassunta in wikipedia. Giuseppe è il figlio prediletto di suo padre Giacobbe. Questa preferenza del padre, che si manifesta sotto la forma di una tunica donatagli all’età di 17 anni, suscita l’invidia dei suoi fratellastri. L’invidia è poi alimentata dai sogni di Giuseppe: nel primo, undici covoni di grano (rappresentanti i suoi undici fratellastri) si inchinano davanti al covone di grano confezionato da Giuseppe; nel secondo undici stelle, il sole (rappresentante il padre Giacobbe) e la luna (rappresentante la matrigna) si prostrano davanti a Giuseppe. I sogni predicono la grandezza di Giuseppe rispetto ai fratelli. Un giorno, quando Giuseppe raggiunge i suoi fratelli che pascolano le greggi, essi complottano contro di lui per farlo fuori. Il primogenito si oppone all’uccisione di Giuseppe, suggerendo che venga gettato in fondo ad un pozzo. Propone infine di venderlo ad una carovana di mercanti di passaggio. Per venti monete d’argento, Giuseppe diventa schiavo e viene condotto dai mercanti in Egitto. I suoi fratelli uccidono allora una capra e sporcano del suo sangue la tunica di Giuseppe per far credere al padre Giacobbe che Giuseppe sia stato ucciso da una bestia feroce. La capra può essere considerata il capro espiatorio, la vittima sostitutiva della vittima originaria, Giuseppe.
    Non credo servano tante parole per rilevare la differenza fra il primo tipo di violenza e il secondo. Nel secondo tipo, nel racconto ungherese, visto che non si può uccidere l’oggetto della rabbia popolare per le ragioni pratiche spiegate nel racconto stesso, si sostituisce questo con un altro oggetto sacrificale. Nella storia di Giuseppe, si sostituisce la vittima designata (il modello invidiato, appunto) con un altro oggetto sacrificale (la capra, vero capro espiatorio). Nel primo tipo di violenza (quello del tatuatore) non c’è invece sostituzione perché l’invidioso non vuole scaricare la propria rabbia su una vittima sostitutiva ma sull’origine stessa del suo odio invidioso: il proprio modello. A questo punto rispondiamo alla domanda: la dinamica violenta che ha portato Gesù alla croce è del primo o del secondo tipo? Cristo è certamente stato trattato come un capro espiatorio, come correttamente evidenzia Girard rileggendo il vangelo di Giovanni: «Sommi sacerdoti e farisei riunirono allora il consiglio: ‘Che facciamo?’ dicevano ‘quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo fare, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro Luogo Santo e la nostra nazione’. Uno di loro, Caifa, che in quell’anno era il sommo sacerdote, disse loro: ‘Voi non capite nulla. Non vedete dunque come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera’. Egli non disse questo da se stesso; però, in qualità di sommo sacerdote, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione – e non per la nazione soltanto … Da quel giorno, dunque, furono risoluti ad ucciderlo». Cristo, però, è stato vittima anche della violenza del primo tipo, come rivelano gli altri tre vangeli: «Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore l’interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose «Tu lo dici». E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla. Allora Pilato gli disse: «Non senti quante cose attestano contro di te?». Ma Gesù non gli rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore. Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta. Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba. Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse a sacerdoti e scribi: «Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?». Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia» E allora i SACERDOTI E GLI ANZIANI PERSUADONO IL POPOLO AD URLARE: “BARABBA”. E così quando Pilato chiede: “Chi dei due volete che vi rilasci?”, la folla urla: “Barabba!”». Nella Passione del Cristo, ai sacerdoti che ne reclamavano la morte (perché lo invidiavano), Pilato offre una vittima sostitutiva: Barabba. Tuttavia i sacerdoti non vogliono la morte di un sostituto ma la morte dell’origine del loro odio invidioso, quella morte e soltanto quella. E allora, nella Passione, la vittima non è una vittima qualsiasi ma l’origine stessa dell’odio mimetico e dell’invidia del gruppo religioso dirigente di Gerusalemme, il modello perfetto e inarrivabile per i sacerdoti e gli anziani. Così della morte di Cristo possiamo dare due letture. Una è il tipo B): Gesù recita la parte del capro espiatorio. Ma possiamo dare, della morte di Cristo, anche una lettura di tipo A): i sacerdoti usano la violenza e la rabbia popolare (cioè la dinamica del capro espiatorio) per sbarazzarsi del loro rivale e modello, esattamente come, nel racconto che ti ho proposto, il tatuatore invidioso manda un gruppo di persone per uccidere il proprio rivale. Queste due letture della morte del Cristo sono in contrasto? Non mi pare. Anzi, possono integrarsi. Qual è, se possiamo dire, la novità che la seconda lettura introduce nella tradizionale lettura girardiana della Passione? La novità è che, nella Passione, non c’è mai sostituzione della vittima predestinata con un’altra potenziale vittima. Barabba non può prendere il posto di Gesù. Dall’inizio alla fine della vicenda della Passione del Cristo, il modello invidiato rimane sempre l’unica figura al centro delle intenzioni criminose del gruppo (di sacerdoti e anziani).
    Qual è la differenza fra una lettura e l’altra? In quella di Girard, viene esclusivamente esaltata LA RISOLUZIONE delle dinamiche mimetiche violente attraverso il capro espiatorio, Gesù Cristo (come dici tu, Giorgio, « il capro espiatorio non spiega ogni forma di violenza ma la risolve»). Nell’altra viene messa invece in risalto L’ORIGINE di questa dinamica, incentrata sull’invidia nutrita da uno o più invidiosi verso il suo/loro modello. Come il tatuatore rivale manda un gruppo criminale a uccidere il suo modello invidiato, così i sacerdoti usano la folla e il meccanismo del capro espiatorio per liberarsi di Cristo. Potremmo dire che sacerdoti e scribi sono i mandanti, la folla gli esecutori. Mettendoci dalla parte della folla, leggiamo la Passione come il linciaggio di un capro espiatorio. Mettendoci dalla parte di scribi e sacerdoti, la leggiamo come un assassinio in piena regola, con movente, mandanti e esecutori.
    Concludo ripetendo: lasciamo stare i miti e discutiamo solo della Passione e delle sue possibili chiavi di lettura. Possono essere valide entrambe queste letture per spiegare la Passione di Cristo?

  22. Caro Pablo, tu dici che nella Passione non c’è mai sostituzione della vittima predestinata con un’altra. E’ (senza offesa) un errore madornale.E’ ovvio che per chi invidiava Gesù non c’è, ma per tutti gli altri? Per chi ad esempio voleva sacrificare Barabba? Ci sarà stato qualcuno a cui Barabba aveva fatto del male e che avrebbe voluto vendicarsi, no? Bene per tutti questi c’è sostituzione della vittima come per tutti coloro, la stragrande maggior parte,che non volevano uccidere Gesù fin dall’inizio.Se fosse come dici tu non ci sarebbero mai capri espiatori ( a parte forse le capre)perchè chiunque partecipa alla crisi mimetica ha qualcuno che ce l’ha con lui, se no non sarebbe lì a contendere con qualcun’altro,e quindi siccome per questo qualcun’altro questa sarebbe la vittima predestinata (come Cristo lo era per i sacerdoti),allora non sarebbe un capro espiatorio. Insomma proprio non regge.Fai sempre lo stesso errore, per te la vittima è o invidiata o il capro espiatorio, non capisci che è quasi sempre entrambe le cose ed è proprio Girard che dice questo.
    Girard analizza tantissimi casi di violenza che non si risolvono con il capro espiatorio.
    Odio, risentimento, invidia, gelosia, vendetta e chi più ne ha più ne metta sono cause di omicidio che non necessariamente si risolvono con il capro espiatorio perchè non necessariamente sboccano in una crisi mimetica.
    I tuoi due autori dicono di spiegare un tipo di violenza con cui Girard ha poco a che fare, per apparire originali, per differenziarsi, ma in realtà non dicono niente, assolutamente niente che non abbia già detto Girard. Quando tu porti l’esempio del povero tatuatore poi parli di modello e di imitatore, insomma ti rendi conto che usi una terminologia girardiana, che fai le stesse analisi di Girard, insomma che non dici niente che Girard non abbia già detto?Cosa dici di nuovo?
    Ti faccio solo un esempio e ti chiedo scusa se esco dalla Passione, ma nel Il capro espiatorio, nel capitolo La decollazione di Giovanni Battista, Girard fa le stesse analisi che fai tu. E’ Erodiade che riesce a fare di Giovanni un capro per l’intera comunità, scatenandogli contro la folla, esattamente come nella Passione tu dici essere i sacerdoti che riescono a fare di Gesù la stessa cosa.E’ la stessa identica cosa, e Girard dice proprio le stesse cose che tu applichi alla Passione, quindi non si può assolutamente dire che Girard non parli di queste cose.
    Nella Passione (a proposito io non ho la fede, non so se sia tutto vero, faccio comunque nelle mie analisi finta che lo sia)poi ci sono fatti che la rendono a mio avviso fuorviante, come ad es. il fatto che per me Cristo non viene sacrificato perchè dei sacerdoti ne volevano fare il capro espiatorio, o non principalmente, ma perchè è lui a voler essere sacrificato, è lui che vuole apparire come la vittima innocente,è lui che dice solo alla fine che la sua opera è compiuta. La sua opera comprendeva la Passione, anzi secondo me era finalizzata a quello e quindi è stato lui a selezionarsi come capro espiatorio, per far vedere l’innocenza della vittima.
    Non commento le tue idee sulle differenze di essere tra gli uomini, ma ti cito un detto orientale che dice:”Pensare di conoscere tutto di una persona e come credere che il mare finisca all’orizzonte”.Come puoi pretendere di misurare l’essere delle persone?Chi sei, Dio?
    Ciao e buona Domenica.

  23. Caro Giorgio, prima di sparare la mia ennesima (e stavolta ultima) cartuccia, vorrei ringraziarti della pazienza con la quale hai letto i miei (spesso lunghi) interventi. E concedimi di ringraziare anche il proprietario di questo sito che ci permette questo dialogo a distanza.
    Vedi Giorgio, non sono io che fa distinzioni fra gli esseri umani. Non sono io che li pone su gradini diversi. Possiamo dire che è la vita, Dio, il destino? Chiunque o qualunque cosa sia, nasciamo diversi. La disuguaglianza fra gli esseri umani non l’ho inventata io. Esiste. E la prova che la disuguaglianza esiste è proprio l’esistenza di un sentimento come l’invidia. L’invidia esiste, non è mica un sentimento ipotetico. Siamo chiamati a rispettarci l’uno l’altro, perché ognuno di noi, per il solo fatto di essere persona, merita rispetto e il riconoscimento della sua dignità di uomo. Ma dirci uguali è una menzogna che proprio l’invidia rivela essere tale. Se fossimo uguali non esisterebbe l’invidia, ma esiste l’invidia proprio perché chi la prova riconosce di avere qualcosa in meno di un altro.
    Proprio per questo, in un mio precedente commento, ho citato una celebre frase di un filosofo francese che forse lo stesso Girard o uno di quegli altri due autori ha riesumato: “L’uguaglianza è l’utopia degli invidiosi”.
    Detto questo, siamo purtroppo noi due soli a discutere in questo forum: tu convinto che questi due autori non aggiungano nulla di nuovo alla teoria di Girard; io che invece, dall’altra parte, comincio a essere sempre più scettico della solidità della teoria girardiana. Tu, dal tuo canto, ritieni che nulla di nuovo dicano questi due autori e che la loro critica non sia fondata. Secondo te, non dicono nulla di nuovo che Girard non abbia detto. Io, dal canto mio, vedo incoerenza nelle tesi di Girard e, di conseguenza, nelle tue parole. Incoerenza che tu, naturalmente, non rilevi perché (secondo me), non riesci a cogliere l’incoerenza di fondo della teoria di Girard.
    Il problema è: in cosa consiste la teoria di Girard? Girard ha inziato a svilupparla per gradi, partendo dal suo primo libro, Mensonge romantique et verité romanesque, dove studia il primo momento della dinamica del capro espiatorio: il ruolo svolto dal desiderio mimetico. Con le due opere successive, La violenza e il sacro e Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo, Girard individua quello che secondo lui è l’esito della violenza mimetica: il capro espiatorio. Così possiamo dire che la teoria di Girard si fonda su tre momenti: 1) il momento della crisi – con al centro l’emergere del desiderio mimetico; 2) il convogliamento della violenza su una vittima arbitraria, il capro espiatorio; 3) il potere della vittima sacrificata di ristabilire la pace e l’ordine: è questo il cosiddetto assassinio fondatore. La teoria di Girard consiste di questi tre momenti, ed essi non possono essere scorporati.
    Tu mi hai criticato dicendo che « a pag. 23 della violenza e il sacro Girard parla di Aiace che uccide gli armenti invece che l’esercito greco o meglio che Ulisse che è l’invidiato. In questo caso se Aiace uccidesse Ulisse ucciderebbe il rivale invidiato,e in tal caso vittima e modello coinciderebbero ma siccome uccide gli armenti, uccide dei capri espiatori e qui vittima e modello non coincidono. Non mi sembra così rilevante questa differenza e non mi sembra taciuta da Girard, anzi in Aiace la mette in evidenza e non solo lì ma in tutto il libro. Non sempre possiamo uccidere chi invidiamo, allora cerchiamo vittime sostitutive, è di questo che Girard non parla?
    Durante la crisi mimetica, nel tutti contro tutti, ognuno ha il suo rivale e per i più svariati motivi, l’invidiato può essere chiunque, ma alla fine il capro espiatorio sarà uno solo e quindi solo per uno o per pochi la vittima sarà l’invidiato originario, mentre per la maggior parte la vittima sarà solo un capro espiatorio sostituito al nostro rivale originario». Ed hai perfettamente ragione. Però nella vita reale capita anche che, più individui, tutti invidiosi della stessa persona, si accordano per fare violenza su di lei. Avremmo potuto parlare di desiderio, di omicidio collettivo, ma non di capro espiatorio. Eppure anche questa violenza avrebbe potuto essere catalogata come una violenza capace di “fondare”. E infatti Girard tira in ballo la storia del Padre primordiale di Freud, che i figli invidiosi avrebbero ucciso collettivamente, per fondare la prima comunità. Poiché questo tipo di violenza non rientra nella teoria girardiana (PERCHÉ LA PERSONA INVIDIATA DA TUTTA LA COMUNITÀ NON È UN CAPRO ESPIATORIO) ma ha le stesse conseguenze, citando Freud per provare la sua teoria, Girard ha commesso un errore perché quello è un altro tipo di violenza. Le premesse sono le stesse (tutto nasce dal desiderio e dall’invidia), le conseguenze sono differenti. Essendo differenti le conseguenze, la dinamica non rientra nella teoria girardiana perché per valere, la teoria di Girard deve essere applicata in blocco. Le cose a questo punto sono due: 1) esiste un altro tipo di violenza fondatrice che non è quella del capro espiatorio di Girard e Girard non si è accorto di stare parlando di un’altra cosa, per cui deve esistere una teoria parallela a quella di Girard; 2) esiste una legge generale che ingloba tutte e due i tipi di violenza. E questa deve essere ancora scoperta.
    Purtroppo siamo in due a parlare, Giorgio, e ognuno di noi due, seguendo il proprio ragionamento, pensa di avere ragione. Mi auguro che un giorno qualcuno, interessato a Girard come lo siamo noi, legga questa lunga “lenzuolata” di interventi, si unisca al dibattito e da là potremo (forse) ripartire per approfondire la questione.

  24. Caro Pablo, tu continui a ragionare per compartimenti stagni ed è questo che ti fa ipostatizzare l’invidia. Per es. nella storiella ungherese sei proprio sicuro che si tratti di un capro? C’erano molti modi per risolvere la situazione, si poteva rimandare l’esecuzione fino a che il fabbro non avesse insegnato a qualcun altro la sua arte, e mi vien da pensare che forse al borgomastro doveva stare antipatico il sarto, forse gli aveva scopato la moglie, forse lo aveva battuto a scacchi, forse il borgomastro era amico dell’altro sarto….
    Come vedi non esistono nella realtà i tuoi tipi ideali, come la storia di Freud del padre primordiale non esiste, come non esistono persone invidiate da tutta la comunità, e se esistessero vorrebbe dire che è proprio il meccanismo del capro espiatorio che genera questo tipo di invidia.Devi farmi degli esempi reali di persone invidiate da tutta la comunità e se me li facessi ti renderesti conto che all’inizio non erano invidiate da tutti ma che è stata l’invidia di alcuni a far convergere su di loro l’invidia di tutti. Se poi guardassi ancora meglio credi proprio che se chiedessero a tutti perchè lo hanno amazzato il capro,ti risponderebbero che era per invidia? No, ti direbbero che era perchè era un criminale, cioè in realtà un capro espiatorio.Nelle comunità arcaiche nessuno si differenzia in maniera tale da far convergere su di lui l’invidia di tutti, o meglio uno forse si, il re sacro, ma il re sacro viene messo nella posizione di invidiato da tutti proprio perchè si vuol fare di lui un capro espiatorio.Ma lasciamo perdere l’invidia e parliamo della vendetta. Da bambino vidi in tv le immagini di questo pilota israeliano che era stato abbattuto dai palestinesi e che venne linciato dalla folla che così si vendicava dei bombardamenti subiti. E’ un capro espiatorio questo israeliano? Certo che lo è, paga per lo meno per tutti gli altri israeliani no? Però è anche una vendetta quella attuata dai palestinesi, è entrambe le cose(e/e non o/o), quindi non esistono fenomeni puri, ma mescolanze, ma questo non significa che odio, risentimento, invidia, gelosia non generino capri espiatori, anzi sono proprio questi sentimenti a generarli.
    Poi per precisare io non è che sia un girardiano, ci sono aspetti della sua teoria che per me non reggono, soprattutto quando parla di religione dice delle corbellerie che non stanno ne’ in cielo ne’ in terra, ma non mi sembra il caso di approfondire un argomento che richiederebbe molto tempo.
    Riguardo la tua stravagante idea sull’essere delle persone devi capire che un conto è dire che io sono più bravo a calcio e quindi suscito l’invidia di alcuni, un conto è dire che la mia maggior bravura a calcio significhi la superiorità del mio essere, questa è una cazzata stellare.Ciao

  25. – Cos’è il capro espiatorio?
    Una vittima designata da una comunità come origine di tutti i mali.
    La comunità la può designare come tale in un momento di accecato furore o in modo premeditato. Ciò che importa è che la comunità intera, attraverso l’uccisione di questa vittima prescelta, risolve una situazione di conflitto mimetico, ovvero un conflitto che mette in pericolo la sopravvivenza della comunità tutta.
    Sul termine espiatorio, a mio parere, è necessaria una riflessione attenta perché, sulla base di questa riflessione, credo che si possano smontare le critiche rilevate da Lopez e Ammanniti.
    Il capro è espiatorio in quanto colpevole di tutti i mali che incombono sulla comunità (da qui l’esempio che Gerard fa del malocchio).
    Ciò significa che la vittima è considerata “oggettivamente” colpevole. Seguendo questo ragionamento, essendo colpevole secondo l’opinione dell’intera comunità, l’uccisione della vittima non è peccato. Anzi, la sua (presunta o reale) colpevolezza espia il peccato dell’omicidio commesso dalla comunità intera.
    La vittima è sempre un capro espiatorio perché diventa sempre colpevole di tutti i mali della comunità.
    Solo credendola colpevole di tutti i mali, la comunità riesce a ritrovare l’armonia perduta attraverso l’omicidio collettivo.
    Anche se il male fosse solo uno, come la peste, il ragionamento non cambia. La chiave è il passaggio dal punto di vista soggettivo a quello oggettivo.
    La distinzione reale/fittizio non importa.

    – Riporto un frammento di un commento di Pablo:
    “Così ritorniamo a quello che Lei ha scritto. Lei dice: «Non sempre possiamo uccidere chi invidiamo, allora cerchiamo vittime sostitutive …». La mia domanda è: quando uccidiamo colui che invidiamo, stiamo ancora parlando della teoria mimetica di Girard o stiamo parlando di una variante che Girard non ha considerato o invece stiamo parlando di un’altra cosa? Io, a questo punto, non le so rispondere.”
    A prescindere dall’esistenza o meno di un motivo Reale, la colpevolezza è sempre Oggettiva per la comunità primitiva.
    Deve esserlo necessariamente altrimenti le fondamenta stesse della comunità, l’evento attraverso il quale l’armonia è stata ritrovata (ovvero l’omicidio collettivo) non ha più senso.
    Il Cristo è riuscito ad individuare la differenza tra Oggettivo e Soggettivo. In quanto, a prescindere dall’esistenza o meno di un motivo reale (es. invidia), la comunità, e solo quella comunità, crede che quella vittima sia colpevole di tutti i mali che sta subendo.
    La forza delle parole di Gesù stanno nel cambio di prospettiva da oggettivo a soggettivo. Cioè l’adozione del punto di vista della vittima.
    Gesù spiega che la comunità è colpevole dell’uccisione della vittima (da qui il concetto di peccato originale, il mito di Adamo e di Caino/Abele)
    Se l’origine di questa credenza sia l’invida o qualcos’altro questo a Gerard non interessa perché la risoluzione della crisi mimetica avviene solo se la colpevolezza della vittima passa da soggettiva a oggettiva.
    Questo passaggio è fondamentale perché implica due eventi:
    1) tutta la comunità si convince che quella vittima sia colpevole del misfatto;
    2) a causa di quel misfatto, la comunità tutta entra in crisi e quindi rischia di disintegrarsi.
    Sono questi due eventi che vengono riassunti fa Gerard nel meccanismo del capro espiatorio.
    Come si può notare, che il misfatto compiuto dalla vittima sia reale o meno non intacca il funzionamento del meccanismo stesso. Di più, non solo non lo intacca ma nemmeno lo contraddice.

    – Riguardo alla Passione..
    Neanche gli stessi discepoli di Cristo sono immuni dal misconoscimento generato dal meccanismo del capro espiatorio.
    Giuda lo tradisce, gli altri sono acquiescenti. Solo Cristo riesce a sugire la Parola di Dio, le leggi del Regno dell’Amore e non della Violenza. Per questo motivo Cristo viene divinizzato. Per questo motivo Gerard crede in Dio e nel suo profeta, Gesù.
    Solo qualcuno che non sia figlio di Caino può riuscire a smascherare la regola della violenza che imprigiona le menti dei discendenti di Satana.
    Quindi anche i discepoli subiscono in parte questa influenza.
    Inoltre, a differenza di ciò che è stato affermato nei primi commenti da geniomaligno, anche coloro che predicano oggi non riescono a fuggire da un cristianesimo sacrificale/primitivo che Gerard critica come tutte le altre religioni primitive.
    Gerard è un credente perché pensa che solo un essere “alieno” dal regno della violenza possa smascherare le regole su cui si fonda questo regno.
    Solo un Dio, o chi segue la sua Parola alla lettera, può riuscire a smascherare queste regole.
    Riguardo per esempio alla scelta tra Gesù e Barabba, è stato scelto Il primo perché il primo ha svelato il meccanismo del capro espiatorio. Ha messo in pericolo la comunità stessa perché ha svuotato l’unico elemento sul quale tutta la comunità si identifica.
    Gesù non si sacrifica per l’uomo. Gesù muore ucciso per svelare la colpevolezza dell’uomo. Morendo, da la possibilità all’uomo di liberarsi dalla colpa convertendosi.
    Concludo affermando che non penso sia utile discutere sui motivi che portano un singolo ad uccidere qualcun’altro. Qui si parla di omicidi collettivi generati dal conflitto mimetico, cioè da un conflitto così intenso che ha la forza di disgregare intere comunità.

    Spero di aver spiegato nella maniera più chiara possibile ilm io pensiero così come avete fatto voi nei vostri commenti.
    Vorrei ringraziarvi per la vostra lucidità e acuta intelligenza. Solo dal confronto, si aumenta la comprensione delle cose che ci circondano.

  26. Si sono d’accordo, solo un alieno può vedere oggettivamente la realtà. Era San Paolo che diceva che l’unica cosa che gli interessava conoscere era Cristo in croce se non sbaglio, visto quello visto l’essenziale…

  27. Gentile Claudio,
    Mi ero ripromesso di non scrivere più su questo sito fino a quando non fosse entrato un terzo dialogante, visto che la discussione fra me e Giorgio si era oramai arenata su gli stessi temi, ripetuti ossessivamente in ogni commento. Il suo intervento fa invece fare, secondo me, un passo avanti alla discussione.
    Prima però di sottolineare la novità del suo intervento, mi permetta una bacchettata nei suoi confronti. Lei conoscerà certamente la teoria del capro espiatorio, come si evince dal suo intervento, ma per i nomi degli autori è un disastro. Il cognome di uno dei due critici della teoria del capro espiatorio è Ammannati, Renato Ammannati, e non Ammanniti, come lei scrive. Forse ha confuso il primo con Niccolò Ammaniti (che è autore di romanzi). Fin qui poco male, visto che stiamo parlando di un autore poco noto (mi riferisco ad Ammannati, non ad Ammaniti, questo ben noto). Altro è invece il fatto che lei, per tutto in suo intervento, continui a sbagliare il cognome di René Girard chiamandolo Gerard…
    Detto questo, trovo il suo intervento estremamente interessante perché, secondo me, va al cuore della questione. E quindi vediamo qual è questo “cuore”. Prima di spiegare le ragioni per le quali, secondo lei, i due critici di Girard hanno torto, lei prova a introdurre una definizione di capro espiatorio. Lei ha ragione. Continuiamo a parlare di argomenti, avendo forse in testa definizioni differenti. Lei si domanda cosa sia un capro espiatorio. E la risposta è: «Una vittima designata da una comunità come origine di tutti i mali». Mi permetto di emendare leggermente questa sua definizione prima di dimostrare che, invece, è completamente sbagliata. Un capro espiatorio non è necessariamente una vittima designata da una comunità. Anche a livello interindividuale possiamo parlare di capro espiatorio. Così la definizione dovrebbe essere cambiata in questo modo: il capro espiatorio è una «vittima designata da una o più persone come origine dei propri mali». Non è il numero a fare di qualcuno o di qualcosa un capro espiatorio. Una persona da sola può considerare un’altra la causa di tutti i suoi mali, finendo per elevarla a capro espiatorio. A questo punto, però, mi permetta di rimandarla a un mio intervento precedente (data 25 gennaio 2014, ore 10:11). In esso ho riportato due tipi di violenza e, per descrivere il primo tipo, ho riportato la storia drammatica di un tatuatore ucciso da un suo collega rivale. Non riporto l’intera vicenda ma rimando al mio intervento precedente. Mi permetto però qui di farle una domanda: «Possiamo indicare quel tatuatore ucciso come un capro espiatorio?». Se applichiamo la sua definizione, o meglio la sua da me emendata, dovremmo rispondere: sì. Il tatuatore ha suscitato l’invidia nel suo collega rivale e per questo il rivale, considerandolo, l’origine del suo malessere, lo ha fatto uccidere. Tuttavia nel linguaggio comune, nel linguaggio parlato, chi di noi considererebbe il tatuatore un capro espiatorio? Nessuno. Perché? Perché a quella vittima dell’invidia non possiamo affibbiare l’espressione di “capro espiatorio”? Non la possiamo affibbiare perché nel linguaggio comune, almeno in italiano, noi usiamo l’espressione “capro espiatorio” per indicare una vittima che non è semplicemente «una vittima designata da una o più persone come origine dei propri mali». In italiano, nella lingua italiana, questa definizione è inesatta. La definizione più corretta di capro espiatorio è stata data da due autori americani (se non vado errato) qualche decennio prima di Girard. I due studiosi sono Hovland e Sears.
    La teoria del capro espiatorio presentata da loro sostiene che in situazioni di frustrazione le persone sfogano la propria aggressività su persone più deboli: in seguito a frustrazioni aumenta l’aggressività. Tale aggressività, quando non può essere diretta verso la fonte della frustrazione, si dirige verso un bersaglio più debole (il capro espiatorio).
    Come vede, caro Claudio, questa definizione è completamente differente da quella data da lei e da Girard. Quella data da lei e da Girard è sbagliata. Nel linguaggio comune, il capro espiatorio è colui contro cui sfoghiamo la nostra aggressività quando non riusciamo a colpire la fonte della nostra frustrazione. Se la fonte della nostra frustrazione è il nostro modello invidiato e se la nostra aggressività non può essere indirizzata verso il nostro modello invidiato ma reindirizzata verso un bersaglio più debole, o meglio, più facilmente raggiungibile dalla nostra aggressività, allora potremo parlare di “capro espiatorio”. Solo in quel caso parliamo, nel linguaggio comune, di capro espiatorio. Se, al contrario, riuscissimo, in una qualche maniera, a sfogare la nostra aggressività verso la fonte della nostra frustrazione, allora non potremo parlare di capro espiatorio. Parleremmo (forse) di vittima innocente ma non di capro espiatorio.

  28. Grazie per i vostri commenti.
    La rispondo subito Pablo, in modo chiaro e netto.
    Non sono d’accordo né con l’emendamento, né con l’affermazione successiva, secondo la quale la definizione di capro espiatorio di Girard è sbagliata.
    Se lei, invece di cercare arbitrariamente di confutare la tesi di Girard, riflettesse solo sul meccanismo del capro espiatorio, così come definito nei libri di Girard, si accorgerebbe di due errori commessi da lei, e dai critici da lei citati:
    1) Accettare una sola forma di capro espiatorio
    Ciò che intendo è che, anche se il concetto di capro espiatorio, definito da autori precedenti a Girard, è più generale (perché valido anche per il singolo e non solo per i gruppi), quello utilizzato Girard resta comunque valido.
    Il meccanismo del capro espiatorio descritto da Girard si manifesta in modo chiaro e ha “solide basi empiriche” (con questo mi riferisco alla straordinaria capacità che ha l’autore nella descrizione dei miti, delle religioni e delle culture primitive, e a mio avviso non solo).
    Quindi, se la precedente concettualizzazione di capro espiatorio è diversa, quella data da Girard resta comunque valida.
    Quali sono le conseguenze?
    Lei qui commette il secondo errore a mio giudizio, affermando che:
    2) Girard sbaglia.
    Ho letto l’esempio del tatuatore e le rispondo così: come precedentemente sottolineato, il meccanismo descritto da Girard si basa su un processo di misconoscimento alla cui base si può identificare la non colpevolezza della vittima.
    Se la vittima fosse veramente colpevole allora non ci sarebbe bisogno del misconoscimento e Cristo sarebbe morto invano.
    Lei dice bene che la definizione di capro espiatorio che utilizza lei e gli autori che cita smonta completamente la tesi di Girard, ma si sta parlando di due tipologie di vittime completamente diverse.
    Solo la vittima non veramente colpevole definita da Girard può diventare quel tipo di capro espiatorio che riesce a riportare armonia dentro la comunità primitiva. Questo perché l’omicidio commesso in questo caso, e solo in questo, ha una legittimazione “soprannaturale”.
    Diversamente dallo sfogo “naturale/razionale” sulla vittima più debole, con il termine “soprannaturale” intendo dire che: è naturale estirpare un’erba marcia dal terreno. Questo atto non viene sacralizzato. Non diviene oggetto di culto e quindi capace di garantire l’armonia all’interno della comunità.
    Anche il semplice sfogo su qualcos’altro solo per placare la frustrazione momentanea non ha quella forza.
    Nel caso descritto da Girard invece, non essendoci una vera e propria colpa (un vero motivo per il quale la vittima viene uccisa), ma addirittura si riconosce che, in qualche modo (cioè soprannaturale) la vittima era causa di tutti i mali, allora in questo caso la comunità continuerà ad avere paura delle capacità soprannaturali della vittima e, attraverso precisi rituali, manterrà salda l’armonia al proprio interno.
    Concludo affermando che l’unico errore che si può additare nei confronti di Girard è la “scarsa” concettualizzazione di capro espiatorio.
    Probabilmente, questa lacuna si può risolvere in due modi:
    1) Girard ha inteso descrivere un fenomeno diverso dal capro espiatorio comune, quindi necessita di nuova e più puntuale formulazione.
    Bisogna dargli un nome diverso e non dire che Girard sbaglia, perché il meccanismo da lui descritto resta comunque valido;
    2) Utilizza la definizione di capro espiatorio per spiegare la genesi dei processi culturali, del religioso, del sacro.
    Volutamente, quindi, sceglie di considerare solo un’accezione del concetto di capro espiatorio perché è l’unica ad essere utile/funzionale (inconsciamente) alla comunità per i fini descritti sopra, cioè garantire armonia al suo interno.
    Io preferisco la seconda soluzione.

  29. Girard è un gigante del pensiero, i suoi commentatori di solito lo peggiorano, i detrattori invece con i loro fraintendimenti puerili e le critiche a vuoto, rafforzano l’interesse dei cristiani veri per l’autore che, da La violenza e il sacro in poi, ha elaborato, pur senza averne l’intenzione, a un’apologia del cristianesimo che nel ‘900 non ha eguali. Bisogna studiare di più, come sta facendo da più di vent’anni Giuseppe Fornari in Italia, altrimenti si fanno solo battute di nessun rilievo, per condannare con slogan o etichette a effetto (modernista, gnostico, pelagiano…) un pensiero di grande profondità, nato in decenni di ricerca e approfondimento in tutte le direzioni. Come dovrebbe fare il pensiero vero, ma non può fare chi si erge a tutore/censore di un’ortodossia che non rappresenta il punto di partenza, ma di arrivo della Chiesa. Come la storia dimostra anche ai ciechi di spirito e ai sordi d’intelletto.

  30. La ringrazio per le sue repliche. Come lei, io penso che Girard sia un gigante del pensiero. Detto questo, però, le critiche servono, altrimenti facciamo di Girard e della sua teoria il traguardo raggiunto del pensiero occidentale. Questo significherebbe che dopo Girard… non c’è più nulla o al massimo il diluvio. E lei, caro Claudio, sa benissimo che, chi finisce per trasformare chiunque in un totem commette un errore madornale. Tutto può e deve essere emendato, anche Girard. Girard non è la Bibbia.
    Un esempio sono le critiche che Girard ricevette alla sua personale lettura della lettera agli Ebrei. Ebbene, ora io non ricordo il nome, ma chi mosse quella critica ebbe ragione, e Girard dovette cambiare idea sulla interpretazione della lettera agli Ebrei da lui data. Quindi le critiche vanno sempre accettate e devono essere sempre accettate quando circostanziate e non dettate da stati umorali (invidia nei confronti di Girard e della sua fortuna professionale) o da posizioni pregiudiziali anticristiane.
    Per quanto riguarda Giuseppe Fornari, che forse in Italia è uno dei massimi esperti di Girard, mi lasci dire che, in alcuni punti, sono maggiormente filogirardiani i due autori che hanno mosso dei rilievi a Girard (mi riferisco a Lopez e Ammannati) di quanto sia lo stesso Fornari, che anzi, talvolta prende le distanze da Girard.
    Io penso che, prima di criticare chi critica Girard, sarebbe meglio leggere i suoi libri. Solo avendo un’idea precisa delle sue critiche si può poi tentare di accoglierle o confutarle.
    Detto questo, concordo parzialmente con lei: un errore (che non è certamente l’unico, come dice lei) che si può additare a Girard è la “scarsa” concettualizzazione di capro espiatorio. Sarebbe stato utile che Girard ci avesse fatto capire cosa egli intenda con tal espressione. E questo, mi creda, non è una dimenticanza di poco conto, dal momento che, prima di parlare di capro espiatorio, Girard avrebbe dovuto domandarsi cosa l’espressione significhi nel linguaggio comune. Girard non è autorizzato, e come lui nessun altro, a coniare nuovi significati per parole o espressioni. Girard avrebbe dovuto analizzare quando, nel linguaggio comune, si usa “capro espiatorio” e vedere se poi questa definizione corrispondeva a quella data da lui.
    Perché “capro espiatorio” ha finito per essere usato, da che era una espressione biblica, anche nel linguaggio comune? E quando viene usato nel linguaggio comune? Rientrano tutti i casi in cui viene usato nel significato che Girard dà a “capro espiatorio”? Oppure Girard finisce per indicare come capro espiatorio quello che, nel linguaggio comune, nessuno si sognerebbe di definire tale? Proprio questo dubbio mi è venuto leggendo i libri degli autori citati. Vede, caro Claudio, ho l’impressione (per ora si tratta solo di impressione) che Girard, ogni volta che si è imbattuto in un omicidio fondatore, abbia finito per indicare la quella vittima come un capro espiatorio. Mi domando e le domando: «Abele può essere definito semplicemente “una vittima innocente” e non “un capro espiatorio”»? In uno dei miei interventi precedenti ho inserito la storia drammatica di quel tatuatore ucciso da un collega rivale per invidia. Quel tatuatore può essere considerato un capro espiatorio? No. Quel tatuatore è semplicemente la vittima innocente di un omicidio compiuto da un rivale. Ebbene, se ora lei apre La violenza e il sacro, Girad imposta tutta la sua teoria a partire dal padre primordiale di Freud, ma il padre primordiale di Freud viene ucciso per le stesse ragioni per le quali viene ucciso il tatuatore: entrambi sono vittime dell’invidia (individuale, il tatuatore, collettiva – i figli – il padre di Freud). Cosa cambia? Nulla. E allora perché il padre di Freud è un capro espiatorio?
    Lei si domanda: «Cos’è il capro espiatorio?» e mi risponde che è «una vittima designata da una comunità come origine di tutti i mali». Ora, le domando: e se la comunità è costituita da tre persone, due delle quali invidiose della terza, le quali per invidia la uccidono, considerandola (comprensibilmente) l’origine dei loro mali (cioè la fonte delle loro frustrazioni), sarebbe questa vittima un capro espiatorio? E allora cosa serve per definire una vittima “capro espiatorio”? Che sia semplicemente la vittima di più di un individuo? Mi pare troppo poco…
    Infine, le pongo un’ultima questione, un’importante questione che Giorgio ha menzionato, seppure di sfuggita ma che io trovo interessantissima per la discussione che stiamo portando avanti. Giorgio scrive che «nelle comunità arcaiche nessuno si differenzia in maniera tale da far convergere su di lui l’invidia di tutti, o meglio uno forse sì, il re sacro, ma il re sacro viene messo nella posizione di invidiato da tutti proprio perché si vuol fare di lui un capro espiatorio». Guardi, aprire una discussione su questa frase implicherebbe l’apertura di un altro sito web. Tuttavia mi lasci dire una cosa al volo: Girard sostiene che la morte del primo capro espiatorio, che, badi bene, per Girard è una vittima presa a caso, una qualsiasi presa arbitrariamente, ha condotto alla formazione delle prime istituzioni, prima fra tutti la regalità (e il re sacro). Uno dei due autori contesta a Girard questa affermazione e dice: se, agli albori della storia umana, la mimesi e l’omicidio fondatore hanno fatto uscire l’uomo dalla sua condizione animale e generato le istituzioni e la cultura, non è possibile che quel capro espiatorio non sia una vittima qualsiasi, come vorrebbe Girard, ma il capo branco delle comunità umane ancora allo stato animale? D’altra parte, fra le scimmie, esistono in natura gerarchie. Il re sacro non sarebbe niente altro che il primo capo branco sacrificato…

  31. Prima qualche premessa:

    1) Se lei ritiene che le mie critiche non siano valide perché non ho letto tutti i libri di Girard o perché non ho letto i libri dei suoi critici allora dovrà ritenere tutte le mie riflessioni delle semplici acrobazie filosofiche.
    Non dovrebbe nemmeno scomodarsi a commentare ciò che scrivo perché sarebbe folle parlare di teoria quantistica con un architetto.
    Ancora, non voglio sminuire gli (eventuali) “errori” commessi da Girard. Io stesso ho mosso delle “critiche” al suo lavoro.
    Inoltre credo che sia possibile, e in ogni momento, coniare nuovi termini, o riadattare termini antichi, da parte di chiunque.
    Un esempio per tutti: concetto di Civiltà di Samuel Huntington.
    Si potrebbe criticare Girard per l’assenza di un capitolo o un paragrafo sull’utilizzo del termine capro espiatorio, ma la sua critica mi sembra esagerata al riguardo.

    Entrando nel merito però:

    Alla sua prima serie di domande rispondo così:
    Leggendo Girard, credo che lui intenda quanto segue quando definisce e concettualizza il significato di Capro Espiatorio:
    – Il capro Espiatorio è una vittima (di violenza),
    – designata da una comunità di individui,
    – con l’obiettivo di riportare armonia al proprio interno.

    Queste sono, a mio avviso, le caratteristiche del capro espiatorio definite da Girard.
    Ritengo, come lei, centrale nel suo pensiero la caratteristica di incolpevolezza della vittima.
    Ma, a differenza sua, credo che la colpevolezza o meno della vittima sia importante solo “a valle” e non “a monte”.
    Per la comunità, la vittima è SEMPRE colpevole, che abbia commesso o no i crimini di cui viene accusata.
    Cosa cambia quindi, se i crimini vengono commessi realmente?
    Ciò che cambia è che l’uomo, anche attraverso la scoperta dei motivi dell’omicidio della vittima, non modifica il suo comportamento. Continuerà a comportarsi nello stesso modo.
    Insomma, Girard quando trova la soluzione al circolo vizioso della violenza nel pentimento dell’omicida, è necessariamente ottimista.
    Lui ritiene che l’uomo, attraverso l’educazione, possa migliorare. Sia in grado cioè di estirpare il male dalla sua essenza.
    Questo è un concetto molto cristiano.
    Già pensare di riuscire a trovare una soluzione al circolo vizioso, fa capire che Girard legge la storia dell’uomo con determinate lenti.

    Concludo riaffermando che, a prescindere dalla reale colpevolezza della vittima, non cambia il funzionamento del meccanismo del capro espiatorio.
    È un meccanismo messo in piedi da una comunità. Senza la quale, il processo di misconoscimento non avrebbe luogo.
    Noto che lei, secondo me, non tiene in debita considerazione il funzionamento del rituale. Se lo rilegga e può notare come le sue domande circa il comportamento di singoli o di pseudo-comunità composte da 3 individui possano trovare una risposta esauriente.

    Il lavoro dei critici di Girard, non mette in discussione le origini della comunità, ma la sua evoluzione.
    Non sono “ottimisti” sulla natura dell’uomo.
    “C’è un motivo valido per l’omicidio, o ci potrebbe essere. Quindi è giustificabile il comportamento del colpevole”. Sbagliato ma giustificabile, Secondo Girard non è così.

    Sull’ultima questione, relativa al processo di ominizzazione, le rispondo in questo modo:
    La cultura di ogni comunità primitiva viene definita da Girard come un insieme di Divieti e Rituali.
    I Divieti, servono a EVITARE (o PREVENIRE) il conflitto mimetico.
    I Rituali servono a RISOLVERE il conflitto mimetico e RIPORTARE armonia nella comunità.
    Da questa distinzione si capisce come l’attivazione del rituale avvenga solo nel caso in cui non sia stato possibile evitare il conflitto.
    La vittima, con il suo comportamento, sta minacciando l’intera comunità. A prescindere dalle caratteristiche della sua azione (cioè cosa sta realmente facendo), è necessario fermarla.
    Riguardo al passaggio da uomo e animale, non ricordo dove, ma ho letto che, secondo Girard, il livello di pericolo affrontato dalle comunità umane è molto più alto rispetto alle comunità di altri animali. Insomma, credo che la risposta alla sua domanda possa essere trovata sul livello di pericolo affrontato dalle diverse comunità, che genera soluzioni differenti.

    Mi riservo di rispondere a quest’ultima questione in modo più compito, in un secondo momento.
    Mi tocca rileggere le fondamenta dell’autore.
    Comunque l’utente “claudio” non sono io!!
    Io sono Claudio!
    Immagino più egocentrico!

    P.s. La ringrazio comunque per la “fiducia” che ripone nelle mie risposte.
    Aspetto con vivo interesse la sua risposta.

  32. Gentile Claudio, grazie per i suoi interventi.
    Consenta a me una premessa. Non avendo capito di avere a che fare con due differenti persone, “claudio” e “Claudio”, ho dato una risposta unica. Se uno scrive che «Girard è un gigante del pensiero» e che «i suoi commentatori di solito lo peggiorano, i detrattori invece con i loro fraintendimenti puerili e le critiche a vuoto, rafforzano l’interesse dei cristiani veri», senza aver letto i libri dei suoi critici, cade nella più irrazionale e pericolosa delle apologie. Irrazionale, perché si tessono elogi a occhi chiusi; pericolosa, perché non si vuole intenzionalmente prestare ascolto alle critiche (giuste o sbagliate che siano). Dire poi che «bisogna studiare di più, come sta facendo da più di vent’anni Giuseppe Fornari in Italia, altrimenti si fanno solo battute di nessun rilievo, per condannare con slogan o etichette a effetto» senza sapere che lo stesso Fornari è critico verso Girard, mi sembra voler parlare senza conoscere la materia.
    Ora passiamo avanti. Quando lei mi dice che «le critiche non sono valide perché non si sono letti tutti i libri di Girard o perché non si sono letti i libri dei suoi critici», le rispondo che più si legge e più si padroneggia una materia. Questo non significa che, avendo letto qualche libro in meno, uno non sia comunque capace di argomentare certi temi, come mi pare lei faccia in maniera lucida, cercando di seguire un rigoroso filo logico nei suoi interventi.
    Guardi, le dico sinceramente, se riscontrassi in quello che scrive la mancanza di ragionamento, neanche le replicherei. Trovo invece che quanto scrive sia interessante e colga certi punti notevoli di quanto andiamo sviscerando da parecchi mesi su questo sito.
    Infatti, le sue parole mi hanno convinto a cercare se, da qualche parte, Girard abbia mai provato a dare una definizione di capro espiatorio. E, alla fine, dopo tanto cercare, l’ho trovata.
    Girard, in un articolo pubblicato in un libro presso Transeuropa (il titolo è Miti d’origine), spiega che l’espressione «capro espiatorio» ha assunto nel corso degli anni tre significati: uno biblico, uno antropologico e uno psicosociale. Ed è proprio spiegando il significato psicosociale di capro espiatorio che riusciamo a conoscere la definizione di Girard. In lingua inglese, nei dizionari di lingua inglese, il termine “scapegoat” designa generalmente qualcuno accusato o punito al posto di altri. Questa è la definizione tradizionale, che corrisponde più o meno al significato che noi diamo in italiano. Spiega però Girard che il termine, nella lingua parlata (inglese americano, naturalmente), ha subito una evoluzione, finendo per indicare qualsiasi persona accusata o punita per essere ingiustamente indicate come fonti di tensioni, conflitti, difficoltà di ogni tipo. Ho cercato su un dizionario online di lingua inglese, che aggiorna il significato delle parole, e, in effetti, nella lingua inglese, “scapegoat” è qualcuno o qualcosa cui viene imputata la colpa per tutto quello che va storto.
    Adesso le faccio una domanda secca: sarebbe capace di farmi un esempio di assassinio collettivo o di violenza collettiva su una persona senza che questa possa poi essere indicata come capro espiatorio ma semplicemente una vittima innocente? Può prendere l’esempio dalla letteratura, dai giornali, dalla sua vita personale. Ecco, sarebbe capace di farmi un esempio?
    Attendo la risposta e grazie ancora per questo dialogo a distanza.

  33. Differenza tra vittima innocente e capro espiatorio
    Una vittima innocente, per diventare capro espiatorio, deve necessariamente:
    1) essere colpevole di tutti i mali della comunità
    2) riportare armonia nella comunità, attraverso la sua morte/omicidio
    Di vittime innocenti se ne possono contare molte durante una guerra tra i cosiddetti effetti collaterali.
    Per esempio, nella guerra contro “il terrorismo” o “i terroristi”, si possono enumerare molte vittime collaterali (civili e innocenti), chiaramente distinguibili, negli ultimi tempi, grazie (/a causa) dell’utilizzo di attacchi a distanza mediante droni aerei.
    In questo caso, la comunità di riferimento (Stati Uniti d’America) individua come capro espiatorio (“portatori di terrore”) un determinato gruppo (istituzionale o non istituzionale) e lo attacca. Riesce a ritrovare l’armonia grazie a questo “tentato e perpetuo omicidio collettivo” ma, nel tempo, ci sono vittime collaterali non previste.
    La guerra al terrore mi sembra un ottimo esempio.
    Da questo esempio inoltre, credo sia possibile distinguere vittima innocente e capro espiatorio in questo modo:
    – Capro Espiatorio: è sempre oggetto di un attacco DIRETTO da parte della comunità.
    Quindi, è possibile identificare la VOLONTA’ OMICIDA della comunità nei confronti di quella determinata vittima
    – Vittima Innocente: quella particolare vittima oggetto di attacco INDIRETTO da parte della comunità.
    Non è possibile identificare la VOLONTA’ OMICIDA della comunità contro quella particolare vittima.

    Concludo inoltre, affermando che, ciò che distingue la vittima innocente dal capro espiatorio (a questo punto, una “particolare” tipologia di vittima innocente), è L’ACCUSA.
    Un individuo può morire per una ragione ingiusta o per nessuna ragione e per questo motivo diviene una vittima innocente. La sua morte, come ho scritto sopra, può avvenire anche a causa della violenza di una comunità intera.
    Il capro espiatorio invece, è sempre accusato di determinato torti, e muore, proprio a causa delle accuse rivoltegli contro.
    La ringrazio per la sua significativa ricerca.
    Ci sono diversi libri scritti da Girard di cui non conoscevo l’esistenza, e ora procederò ad acquistare.

    P.s. Le rispondo così presto causa “illuminazione” improvvisa! Così rara, ma così stimolante.

  34. Mi sono imbattuto quasi “per caso” nel Suo articolo: Non sono un filosofo, non ho competenze specifiche su Girard ma sono rimasto colpito da una sua AFFERMAZIONE che Le riporto:Semplicemente: non si può essere studiosi seri del fenomeno religioso e nel frattempo appartenere ad un certo credo religioso.
    Sostituisca al termine religione la parola scienza o letteratura o qualunque altra e ne verrà che chiunque potrà esprimere un giudizio su un fenomeno tranne chi ne è seriamente interessato e coinvolto o chi assuma una posizione scettica (che è comunque una posizione):
    Ormai anche la vecchia epochè non basta più a garantire la corretteza di uno studioso? O relativisti o non seri?

  35. Io comunque penso che se qualcuno si legge Fornari con Storicità radicale (oppure per coloro che vogliono analizzare la tragedia greca in rapporto al cristianesimo)La conoscenza tragica n Euripide e in Sofocle trova un momento di sviluppo importante dell’antropologia. alle volte l’autore ha alcune affermazioni perentorie ma sono il frutto di uno studio meditato che non ha esitato a mettere in discussione e critica l’antico maestro ( Girard) riconoscendone le luci e le ombre. Tanta fatica e scavo dopo aver letto, tradotto e sviluppato anche con un’indagine aperta alla storia dell’arte ( ad esempio con La verità di Caravaggio) merita a sua volta la nostra attenzione. Non si può essere d’accordo su tutto ma si deve riconoscere uno sforzo intellettuale molto importante.

  36. Volevo segnalare a Pablo e Claudio che Girard da una definizione di capro espiatorio in Vedo Satana cadere come la folgore a pag.208, tutto il capitolo intitolato non a caso il capro espiatorio è comunque una chiarificazione del concetto di cosa significhi oggi il termine capro espiatorio, termine che Girard riprende dalla lingua comune senza preoccuparsi di darne una definizione personale convinto com’è del fatto che il termine sia destinato ad ampliarsi sempre di più con il passare del tempo includendo sempre nuove categorie di vittime fino ad ora escluse. Sono ad esempio convinto che in futuro il termine comprenderà i veri criminali che oggi sono in effetti i nuovi capri espiatori almeno a giudicare certe trasmissioni televisive sempre alla ricerca di nuovi e reali criminali da condannare e su cui sfogare la propria frenesia mimetica. Non possiamo più attaccare gli innocenti e allora ce la prendiamo con il primo sfigato che è giustamente accusato di qualcosa. Mi rendo conto che l’argomento è piuttosto controverso e chiedo scusa se non lo approfondisco, ma ora l’imperativo è attaccare certe assurde pretese di Girard e del mondo cristiano e mostrarne l’infondatezza e l’estrema ipocrisia.
    Il primo attacco che considero il meno devastante alla pretese della cristianità prende le mosse dal capitolo 10 di Vedo Satana cadere come la folgore e riguarda la presunta divinità del Cristo. Girard stesso nota la stupefacente somiglianza tra la divinizzazione che subisce la vittima nei miti e quella di Cristo nei Vangeli e si preoccupa di spiegare poi tutte le differenze che egli vede, anche giustamente tra la divinizzazione di Cristo e quelle dei miti:”Il fatto più clamoroso è che la resurrezione e la divinizzazione di Gesù da parte dei cristiani corrisponde in modo davvero preciso dal punto di vista strutturale alle divinizzazioni mitiche, delle quali rivelano la falsità…”
    Non voglio assolutamente mettermi a disquisire sulle differenze, ma vorrei in omaggio all’insegnamento di Girard, soffermarmi sulle somiglianze che egli stesso definisce clamorose e strutturali.
    La domanda che Girard non si pone è evidente e la pongo io all’intera cristianità:
    Come possono i miti che basano le loro divinizzazioni sull’unanimità menzognera della persecuzione, descrivere e anticipare “in modo davvero preciso dal punto di vista strutturale” la divinizzazione del Cristo? E’ una casualità?
    Qui gatta ci cova. Come è possibile che degli assassini allucinati descrivano con assoluta precisione e con secoli e secoli di anticipo,quella che è la teologia cattolica della resurrezione e divinizzazione del Cristo?
    Personalmente vedo due possibili soluzioni: o gli apostoli sono vittime delle medesime allucinazioni della mitologia, o lo sono gli evangelisti o chiunque abbia scritto queste cose, oppure i miti così allucinati poi non sono e forse nella storia ci sono stati altri casi (ad es. Zoroastro,Quetzalcoatl,Viracocha,etc.)di martiri divinizzati come Cristo.
    Trovo allucinante che nessun cristiano si faccia queste domande, evidentemente la vecchia epochè non è sufficiente (a me è sempre sembrata una bufala), evidentemente l’opera di Cristo è incompiuta e i cristiani continuano a mantenere residui sacrali dei quali secondo me dovrebbero liberarsi per seguire più compiutamente l’insegamento di Cristo.

  37. Veniamo ora alla seconda critica (poi promesso vi lascio in pace):se il Dio cristiano si manifesta compiutamente con Cristo o se preferite con la Genesi e se prima gli altri dei o erano manifestazioni sataniche o parti della nostra mente allucinata, allora è lecito o è bestemmiare chiedersi che cosa faceva Dio mentre le vittime babilonesi o egiziane venivano linciate?Perchè se Dio non avesse fatto niente per rimediare a questa situazione come ha fatto poi inviando Cristo, bè allora mi dispiace dirlo ma la sua sarebbe una complicità coi sacrificatori.Chi tace acconsente.E il tutto ha una sua logica, non considerando Dio, l’umanità ancora pronta a rinunciare almeno in parte alla violenza ha considerato, il Dio cristiano i sacrifici umani come il male minore. Se il Dio cristiano esiste, esiste da prima di Cristo no? Quindi il dio supremo era lui anche al tempo dei Sumeri o prima ancora no?
    Quindi distinguere tra religioni pagane e religioni non pagane ha senso da un punto di vista umano, ma il Dio reale era sempre lo stesso sia quando permetteva i sacrifici sia quando ha smesso di permetterli.Dico questo perchè non leggo mai Girard dire che è il Dio del Cristo a volere i sacrifici, mentre a me sembra evidente.Per Girard il Dio cristiano è il Dio dell’amore infinito, della pietà per le vittime, non è mai il dio dei sacrifici.Bene per me Dio è entrambe le cose, hanno ragione gli orientali a criticare il cristianesimo quando separa Dio e il diavolo e per dimostrarlo vi porto un esempio.
    Osho non ricordo dove, si chiede ad un certo punto se Dio ne sappia più o meno di Freud di psicologia. Cita una storiella su Freud riguardante sua figlia che tutta proccupata va da lui chiedendogli se per caso ha visto suo nipote (nipote di Freud e figlio della figlia di Freud) da qualche parte, al che Freud chiede alla figlia se per caso non gli ha vietato di andare da qualche parte, e la figlia gli risponde che si gli ha vietato di andare in fondo alla strada dove c’è la fontana, al che Freud le dice di andare là che sicuramente c’era suo figlio.
    Questo è un chiaro esempio di desiderio mimetico, e Osho a questo punto dice che se Dio ha vietato all’uomo di mangiare la mela (perchè come dice il serpente per conto del diavolo, se no sarebbe diventato come lui), lo ha fatto con il chiaro intento di spingerlo a mangiarla, di farlo trasgredire, di instillare nell’uomo il desiderio mimetico, il desiderio di essere come Dio.Il serpente era un’emissario di Dio.
    E’ strano che Girard non se ne renda conto, lui che abolisce tutti i falsi opposti mostrandone la complementarietà (es. festa-antifesta,obbligo-divieto,idolatria-ostracismo etc.)si ferma da buon cristiano timorato, davanti all’opposizione estrema, quella tra Dio e il diavolo.
    Ora per paradossale che possa sembrare, se è vero che a permettere i sacrifici era il Dio cristiano non un altro Dio, il vero difensore di Dio non è Girard ma Nietzsche, che ci invita ad accettare i sacrifici e accusa di risentimento le vittime che non li accettano.
    Non voglio dire che bisogna tornare a sacrificare gli agnelli (purtroppo però lo facciamo ancora e ironia della sorte ,siamo proprio bastardi, per festeggiare la rinascita di Cristo a Pasqua),non seguo Nietzsche nella sua finta mancanza di pietà, Nietzsche è il più grosso bugiardo della storia della filosofia, dice di avere ribaltato in luce la sua profondità ma è un disperato, predica la crudeltà e impazzisce nel vedere un cavallo che veniva frustato,si finge un linciatore ed è una vittima…si vergogna, lo hanno fatto morire di vergogna e quando vede il motivo della sua vergogna, il cavallo, impazzisce perchè non può accettare di essere lui il cavallo…

  38. Guardi, utilizzare Girard per spiegare l’intera vicenda terrena del Cristo mi pare un azzardo. Girard ha provato a spiegare anche la Resurrezione con la sua teoria, ma credo che in quel momento abbia esagerato.
    La teoria di Girard spiega molte cose ma non tutto il cristianesimo. E per cristianesimo, lo ripeto, intendo l’esperienza terrena di Gesù. Nessun uomo è mai morto e risuscitato dai morti prima di Cristo, nessuno è più risuscitato dopo di lui.
    Sia chiaro, non sto dando per scontato che è avvenuto. Qui si può credere o non credere, ma certo è che la Resurrezione di Cristo non può certo essere spiegata razionalmente con la teoria di Girard. Perciò lascerei fuori la Resurrezione dal tema. Io ho una mia teoria, ma sarebbe lungo spiegarla…

  39. Sono d’accordo su quello che dice; resta però vera, Girard o non Girard, l’analogia strutturale tra la resurrezione e divinizzazione delle vittime nei miti e quella di Cristo. La domanda che pongo a lei e a chiunque abbia qualcosa di interessante da dire, è come sia possibile tale analogia se diamo per scontato che essa sia vera solo per il Cristo e non per gli altri casi, o se preferisce, che essa sia falsa solo per i miti e non nell’altro caso.

  40. <>

    perdonami ma basterebbe una reale lettura del testo da cui estrapoli alcune precedenti citazioni (Vedo satana cadere come la folgore) per comprendere come la domanda che tu poni all’intera cristianità sia già stata posta da Girard stesso:

    “il fatto più clamoroso è che la Resurrezione e la divinizzazione di Gesù da parte dei cristiani corrispondono in maniera assolutamente preciso dal punto di vista strutturale alle divinizzazioni mitiche, delle quali rivelano la falsità. Invece di trasfigurare, deformare, falsificare e occultare i processi mimetici, la Resurrezione di Cristo fa entrare tutto quello che da sempre era nascosto agli uomini nella luce della verità. Solo la Resurrezione rivela in maniera completa le cose nascoste sin dalla fondazione del mondo, che coincidono con il segreto di Satana mai rivelato dall’origine della cultura umana: l’assassinio fondatore, in cui consiste la genesi della cultura.” (p.168 ed Adelphi)

    “I quattro racconti della Passione rendono palesi gli effetti della frenesia mimetica non solo sulla folla e sulle autorità giudaiche e romane, ma anche sui due sventurati che vengono crocifissi con Gesù e sui discepoli stessi, vale a dire su tutti i testimoni senza eccezione” (p. 165)

    La “novità” non sta nella struttura ma, potremmo dire, nella possibilità di interpretazione giacchè per la prima volta è reso palese che:

    “Gesù è innocente e i colpevoli sono coloro che lo fanno crocifiggere” (p.165)

    Precedentemente infatti ciò veniva celato dal mito (in cui Edipo ucciderà veramente suo padre sposando sua madre e sarà veramente colpevole della peste a Tebe) ed è solo nella cultura vetero-testamentaria e nel suo completamento neo-testamentario che l’inganno viene svelato all’analisi della ragione umana giacchè, e chiudo, i miti non erano divertissment letterari come li intendiamo oggi nelle nostre antologie ma strumenti di conoscenza e trasmissione di cultura, cultura in cui per dirla con Eraclito “…lo stesso dio è Ade e Dioniso”, altro che Nietzsche…

  41. Credi che non abbia letto i passi che citi? Ti pregherei di spiegarmi cosa c’entra la resurrezione con tutto il resto che dici e su cui sono sostanzialmente d’accordo. Perchè secondo te è la resurrezione a rendere palese le cose nascoste dalla fondazione del mondo?
    Secondo me è l’ innocenza del Cristo a rendere palese che i colpevoli sono quelli che lo crocifiggono, la resurrezione non c’entra proprio per niente. Cioè mi state a dire che se non fosse risorto il resoconto della sua morte sarebbe stato deformato, trasfigurato, falsificato??? Se non fosse risorto non sarebbe stato innocente? Non ce ne saremmo accorti?
    Oppure mi stai dicendo che per fare vedere la falsità dei miti Cristo ha voluto ricreare un evento uguale in tutto e per tutto a quello descritto dai miti compresa resurrezione e divinizzazione? Anche in questo caso il problema rimane lo stesso, perchè per fare questo Cristo doveva essere in grado di fare queste cose e posto che lo fosse come facevano i miti a saperlo?I miti ti parlano di dei che vengono uccisi e poi resuscitano e secoli e secoli dopo viene uno che è veramente in grado di farlo e questo non può essere un caso.
    A me sembra che Girard non ponga la domanda che pongo io, ma che risponda alla domanda con una non risposta.E’ per questo che pongo la domanda.
    Poi riguardo Eraclito guarda, io l’adoro, per me è il piu grande filosofo dell’occidente,e se lo leggessi ti renderesti conto che lui come Euripide sanno che le vittime sono innocenti, non hanno avuto bisogno della divinizzazione del Cristo per saperlo,(come non ne hanno avuto bisogno gli autori dell’Antico Testamento) gli è bastato vedere degli innocenti che venivano sacrificati (toh guarda caso).
    Questo però nulla toglie alla grandezza di Nietzsche che è stato il primo a capire il messaggio di Cristo. “Dio è morto siamo noi ad averlo ucciso”. Ehhh…?
    Comunque ti faccio i complimenti, perchè quando ho scritto l’articolo precedente a questo sulla resurrezione, sapevo che qualcuno avrebbe potuto lamentarsi per la mia citazione parziale di Girard, ma l’ho fatta dopo averla letta e riletta, a dopo averla trovata in definitiva poco esauriente. Ciao e buona Domenica.

  42. Gentile Giorgio,
    Premetto una cosa. Questa materia va fuori dei miei interessi e delle mie conoscenza.
    Provo in ogni caso a rispondere alle sue osservazioni del 19 settembre. Io credo Girard abbia finito (e così pare fare anche Lei, nonostante un passaggio nel suo intervento del 21 settembre vada in una direzione leggermente differente) per abolire la distinzione fra divinizzazione e resurrezione, termini che, per me, indicano cose nettamente differenti.
    Provo a spiegarmi. Esiste una indubbia somiglianza fra certi racconti antichi riguardanti personaggi di un certo rilievo, i quali, una volta uccisi, finirono per essere divinizzati. Mi riferisco ad esempio a Zarathuštra il quale, assassinato da un uomo mentre pregava, secondo la tradizione sarebbe salito direttamente in cielo dopo la morte. Lo stesso vale per Romolo, il fondatore di Roma, ucciso ed asceso al cielo e diventato dio col nome di Quirino.
    La somiglianza fra questi racconti e la Passione è indiscutibile: la persona viene uccisa e in seguito divinizzata. Così si pronuncia Cicerone sulla divinizzazione di Romolo: « Ac Romulus cum septem et triginta regnavisset annos, et haec egregia duo firmamenta rei publicae peperisset, auspicia et senatum, tantum est consecutus, ut cum subito sole obscurato non conparuisset, deorum in numero conlocatus putaretur; quam opinionem nemo umquam mortalis adsequi potuit sine eximia virtutis gloria». Cioè: «Avendo regnato Romolo per trentasett’anni e avendo posto questi due ottimi fondamenti allo Stato, gli auspicii e il Senato, scomparve durante un’improvvisa eclissi di sole e lo si considerò assurto alla divinità. Nessuno mai dei mortali poté essere onorato da una simile leggenda senza un alto splendore di virtù».
    Il caso di Gesù mi sembra parecchio differente. Qui non stiamo parlano di semplice di divinizzazione ma di morte e resurrezione. I Vangeli insistono su questo punto. Coloro che si recarono al sepolcro non trovarono più il corpo, e pensarono che qualcuno l’avesse trafugato nottetempo. Agli apostoli riuniti dopo la sua morte Cristo apparve in carne ed ossa. Tanto è vero che uno dei Vangeli scrive: «Pensavano di avere davanti un fantasma». E Gesù chiede loro di toccarlo proprio per dimostrare era lui in carne ed ossa. Lo stesso farà di nuovo con Tommaso.
    Io credo Lei abbia ragione quando afferma che la forza della teoria di Girard sta nel dimostrare che alla lunga la vittima creduta da tutti colpevole in un primo momento, si rivela innocente in un secondo, dando vita ad una specie di resurrezione nel momento in cui la memoria della sua morte ingiusta si consolida all’interno della comunità.

  43. Caro Pablo, non le ho scritto ieri perchè non riuscivo a inviare il mio commento, pensavo avessero chiuso il blog, evidentemente avevo io dei problemi col mio computer.
    Rispondo al suo ultimo intervento dicendole che se ho messo assieme resurrezione e divinizzazione è perchè, oltre a seguire Girard, avevo in mente il mito di Osiride, che è un dio che viene fatto resuscitare, come d’altronde Dioniso (Il capro espiatorio pag.121), e come tanti altri nella mitologia. Insomma, mi sembra di poter confermare, nonostante la sua notevole critica, l’analogia strutturale tra alcuni miti e la resurrezione e divinizzazione del Cristo. Certo lei parla di Cristo come unico uomo che risorge, non come di un dio…
    Però, insomma, dai Cristo era anche un dio (almeno per la dottrina cristiana), faceva i miracoli…, e a ben vedere Osiride e Dioniso oltre che dei erano anche uomini in carne ed ossa, Tommaso li avrebbe potuti toccare…
    “Che cosa è dio, che cosa non dio, che cosa c’e in mezzo? Chi tra i mortali indagando, dirà di avere trovato il limite estremo, se vede le cose degli dei balzare qui e là e di nuovo capovolgersi in eventi inattesi che si contraddicono?” (Elena, Euripide).

  44. Gentile Giorgio,
    Lei dice Tommaso avrebbe potuto toccare con mano Osiride, Dioniso, Zarathuštra e Romolo? Sì, certo, ma prima che morissero. Dopo avrebbe avuto solo la possibilità di toccare il loro corpo morto. Invece, nel caso di Cristo, ha toccato un uomo parlante che, secondo i Vangeli, era morto in croce qualche giorno prima…
    La differenza mi pare sostanziale.
    Ripeto, la questione della Resurrezione di Cristo si colloca completamente fuori della teoria di Girard. Ciò che mi preme sottolineare è che quella morte, considerata innocente, perché tale era, ha rivelato la natura e la dimensione della violenza comunitaria. La vittima, giudicata colpevole dalla comunità, finisce per giudicare la comunità stessa e rivelare la sua dipendenza dai meccanismi della violenza.

  45. Caro Pablo, intendiamoci, non parlo di Osiride e Dioniso credendo siano esistiti realmente, non lo so, dico solo che a leggere i miti che parlano di loro vi si legge che sono morti e risorti proprio come Cristo, Tommaso o non Tommaso, questo mi sembra un dato inconfutabile, ci sono i testi a parlare, Romolo non è risorto Dioniso e Osiride si e questo rende i loro miti simili al racconto della morte e resurrezione di Cristo, se poi lei mi dice che Cristo è effettivamente risorto in carne ed ossa, mentre Osiride e Dioniso (e tanti altri…) no, poco importa l’analogia strutturale permane e permane la domanda che pongo ai cristiani (o meglio a chi ha l’arroganza di definirsi tale non essendo però in grado di seguire compiutamente l’insegnamento del Cristo, a mio avviso sono pochissimi sulla terra i cristiani reali, a loro il mio massimo rispetto).Un saluto.

  46. Gentile Giorgio,
    Lei ha ragione, l’analogia strutturale fra i racconti di Dioniso, Osiride e Cristo c’è. E aggiungo, anche per Maometto alcune tradizioni lo vogliono asceso al cielo con tutto il corpo. Questo credo faccia parte da un lato della naturale inclinazione dell’uomo a credere nell’esistenza di una vita oltre la morte, dall’altro a confermare la distanza fra i comuni mortali e queste figure carismatiche.

  47. Ma siamo poi così sicuri che Cristo sia risorto in carne ed ossa? mmh…
    “Il Cristo sapeva di dover morire. Questo era stato stabilito prima. Lo sapeva ed anche i suoi discepoli lo sapevano. E ciascuno di essi sapeva quale era la sua parte.Ma al tempo stesso essi volevano stabilire un legame permanente con il loro maestro. A questo fine egli diede loro da bere il suo sangue e da mangiare la sua carne. Non erano affatto pane e vino, ma realmente la sua carne ed il suo sangue.
    La santa cena fu un rito magico per stabilire un legame tra i corpi astrali…”(pag.111 Frammenti di un insegnamento sconosciuto di Ouspensky).
    Faccio notare che Gurdjieff qui dice che Cristo sapeva di dover morire, era stato stabilito prima.Siamo nel 1917 più o meno; ben prima di Girard (che forse non lo dice mai)qui qualcuno ipotizza che Cristo abbia programmato la propria morte anche se non né dice il motivo.
    Plutarco narra che Osiride dopo avere abolito il cannibalismo e i sacrifici umani…subì dopo la sua morte un processo di rinascita astrale per diventare dio dei morti e re dell’oltretomba e tornare di volta in volta sulla terra nelle sembianze di uomo mortale(da From fetish to God in ancient Egypt di Wallis Budge).
    Bè qui c’è ben di più di una semplice analogia no?
    “La chiesa e il suo culto, nella forma in cui apparivano nei primi secoli dell’era cristiana, non poteva derivare dal paganesimo; non vi era niente di simile né nei culti greci né nei romani ,né nel giudaismo… La chiesa cristiana è una scuola (esoterica ovviamente) e nessuno sa più che lo sia…La chiesa cristiana e il suo culto sono stati presi in Egitto, ma non nell’Egitto che conosciamo, in un Egitto esistito molto tempo prima dell’Egitto che noi conosciamo…(Frammenti di un insegnamento sconosciuto pag.335).
    Riassumiamo; Cristo corpo astrale, Osiride rinascita astrale, cristianesimo che deriva da un Egitto più antico di quello che noi conosciamo…

  48. Ma siamo poi così sicuri che Cristo sia risorto in carne ed ossa?
    E’ quello che raccontano i Vangeli. A noi la scelta di credere o meno.

  49. Caro Pablo nel ringraziarla per l’infinita pazienza,le pongo un’ultima domanda. Lei pensa veramente che mentre i resoconti di rinascita degli dei delle altre religioni siano sostanzilamente menzognere, la resurrezione di Cristo rappresenti invece qualcosa di diverso da queste?

  50. Caro Giorgio,
    Le ripeto quello che ho scritto in precedenza, cercando di articolarlo meglio e dargli una forma logica, almeno fin dove è possibile. Le ricordo, prima di continuare, che questo non è il mio campo di interesse e le mie conoscenze sull’argomento sono limitate.
    La resurrezione di Cristo viene presentata nei Vangeli in due forme nettamente distinte fra loro. La prima gliela riporto come la descrive Giovanni: La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e mostrò loro le mani e il costato. Fra quelli non c’era Tommaso, l’apostolo, e quando gli apostoli gli raccontano l’esperienza, Tommaso risponde: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò». Otto giorni dopo Gesù appare di nuovo nello stesso posto, alle stesse persone, ma fra loro questa volta è anche Tommaso. E Gesù gli dice: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». Mi riesce difficile intendere questo evento come una apparizione, nel senso di quelle, ad esempio avute dai veggenti di Fatima o da Bernadette a Lourdes. Qui si sta parlando di qualcuno morto in croce e ritornato in vita che chiede al suo incredulo discepolo di mettere dito e mani sulle sue ferite. Che non si possa trattare di una esperienza mistica è chiaramente specificato dai Vangeli all’atto della visita al sepolcro: il corpo era sparito. Qui le cose sono due. O stiamo parlando di un avvenimento fuori dell’ordinario o di una grande machiavellica operazione organizzata dagli apostoli: convincere gli altri seguaci, attraverso questa fantomatica resurrezione, dell’immortalità del loro capo.
    Delle due l’una.
    I vangeli parlano però anche di altre apparizioni. Una fra le tante è quella ai due discepoli sulla strada di Emmaus, raccontata da Luca: «Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo». Come potevano non riconoscere quel loro capo che era morto appena tre giorni prima? L’aspetto più paradossale è poi il modo in cui, più in là nel racconto, lo riconoscono. Dice Luca che lo riconoscono dal modo in cui, una volta seduti tutti a tavola in una locanda, Gesù benedice e spezza il pane. Io mi sarei aspettato che lo riconoscessero perché, benedicendo il pane, notano i fori dei chiodi sulle mani. Invece niente di tutto questo. Il morto e resuscitato, a quanto pare, non ha fori sulle mani. Mi pare quindi chiaro che stiamo parlando di due forme ben differenti di apparizioni. Di una prima, in cui Gesù appare col suo corpo crocifisso (questo dicono almeno i Vangeli – il caso di Tommaso). Di una seconda, evidentemente differente, in cui appare sotto altre spoglie. Come si potrebbe spiegare questa seconda? Semplicemente dicendo che hanno riconosciuto il Cristo nei movimenti di un altro (in altre parole, il corpo era di una persona qualsiasi ma il modo di benedire ha aperto gli occhi agli apostoli, rivelandogli in quei gesti la presenza del divino).
    Che queste apparizioni fossero di diversa natura era chiaro agli stessi seguaci del Cristo. Tanto è vero che Marco nel suo Vangelo dirà: «Dopo ciò, apparve a due di loro sotto altro aspetto, mentre erano in cammino verso la campagna [cioè verso Emmaus]». Gli stessi evangelisti (e con loro gli apostoli) sembrano essere consapevoli della netta differenza fra questi due tipi di apparizioni. Dire che “apparve sotto altro aspetto” significa dire niente altro che l’aspetto di quella persona non corrispondeva affatto a quello di Gesù. D’altra parte, se avesse corrisposto, sarebbe stato impossibile per loro non riconoscerlo, visto che erano passati solo tre giorni dalla sua morte, non trent’anni.
    Ecco però il colpo di scena. Di nuovo Luca racconta che, dopo che i discepoli di Emmaus furono ritornati a Gerusalemme per incontrare gli apostoli e dirgli di avere incontrato Gesù, seppure sotto altro aspetto, Gesù appare di nuovo a tutti quanti. A quel punto gli apostoli, racconta il Vangelo, credono di avere davanti un fantasma, ma Gesù li rassicura:
    «Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho» E che questa volta fosse proprio il Cristo nel suo corpo crocifisso, lo testimoniano le parole riportate dall’evangelista: «Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi». Perché mani e piedi? Semplicemente perché quelle mani e quei piedi portavano impressi i segni dei chiodi. In questo caso i Vangeli indicano con estrema chiarezza di corpo morto e risuscitato. Tanto è vero che Gesù, per smentire l’idea che fosse un fantasma, si mette a mangiare del pesce (Luca capitolo 24, versi 42 e 43). Caro Giorgio, quanto le ho scritto non è per convincerla della reale resurrezione di Cristo o del suo contrario. Ciò che mi preme evidenziare è che i Vangeli parlano della resurrezione reale di un uomo. Non siamo di fronte a metafore o allegorie. L’uomo Gesù, a detta dei Vangeli, è risorto in carne ed ossa.
    Non esiste racconto simile a questo, a quanto mi risulta, in tutta la letteratura religiosa mondiale. Certo, si potrà sempre dire, esistono analogie strutturali fra questo racconto e altri racconti, ma la distanza fra il nostro e gli altri rimane incolmabile. Ciò che potrebbe essere accaduto in altri casi è certamente accaduto in questo. Quando uso termini quali “potrebbe” e “certamente”, non intendo fare apologia del cristianesimo. Intendo invece dire che solo la vicenda di Gesù è raccontata come un fatto, cioè un avvenimento che dei contemporanei sostengono essere realmente accaduto. Neanche per Maometto, l’ultimo dei fondatori tra le grandi religioni, viene avanzata l’idea della sua resurrezione o della sua certa ascesa in cielo con tutto il corpo. In questo caso, invece, tutti e quattro i Vangeli sostengono la stessa verità di base: quell’uomo, morto su una croce, si è riappropriato del suo corpo dopo tre giorni. Ed è vivente nel senso in cui consideriamo vivente un qualsiasi essere umano a cui batta il cuore.
    Detto questo, mi preme tornare alla teoria di Girard. La resurrezione non ha nulla a che vedere con la teoria di Girard. Capisco Girard abbia cercato di dare una spiegazione totale del cristianesimo, ma mi riesce difficile vedere il nesso fra quanto raccontato dagli apostoli e la teoria mimetica. Ci sono cose che, almeno oggi, non siamo in grado di spiegare con la ragione. Solo con la fede, eventualmente, ma la fede impone un aut aut. Credere o non credere.

  51. Caro Pablo,
    Guardi non sono un mitologo però mi sembra di ricordare che Iside ricomponga il corpo di Osiride prima di farlo rinascere, si è vero poi Osiride se ne va nei regni dell’oltretomba, ma col corpo e sempre col corpo se ne ritorna a volte sulla terra. Plutarco dice (Wallis Budge)che Osiride ritorna sulla terra nelle sembianze di uomo mortale, nel senso che egli uomo mortale non è. Ok non c’è Tommaso che chiede di toccarlo, ma se Tommaso fosse esistito ai tempi di Osiride, quello che lascia intendere il mito o se preferisce il racconto di Plutarco, è che lo avrebbe potuto toccare. Io non vedo incolmabili differenze, anche Cristo riappare molto sporadicamente sulla terra e poi se ne va in paradiso no?
    C’è poi un uomo vivo che è vissuto ben prima di Cristo e che lei volendo può andare a toccare, si chiama Buddha, certo qui la storia è un pò diversa, però insomma, secondo il buddhismo, il Buddha non è rinato una volta ma tante.
    Ogni storia è unica nel senso che non è proprio uguale alle altre è chiaro, ma dire che Cristo è l’unico uomo morto e poi risorto è falso (vedi anche Lazzaro). Guardi non sono un mitologo ma sono convinto che se facessi uno studio approfondito sull’argomento ne troverei a pacchi di esempi simili.
    Riguardo al credere voglio dire la mia: lei mi potrebbe chiedere se credo veramente alla reincarnazione del Buddha o meno e io le risponderei che non lo so, non ho bisogno di credere, per me credere o avere fede sono un bisogno non una scelta e la posso accettare davanti ai grandi dolori della vita, ma arrivare a credere nella resurrezione del Cristo mi sembra eccessivo. Se uno crede a questo può credere a tutto, tipo che la terra e stata creata nel 4004 ac. o che Maria non è stata …, o che è stato Dio a volere le varie inquisizioni che papi infallibili hanno voluto…Questi sono i residui di un cristianesimo sacrificale, esattamente come i miti (o alcuni miti) sono il prodotto di religioni sacrificali.
    Ma è così assurdo che chi abbia tradotto i vangeli da altre lingue non possa aver snaturato ciò che vi era scritto? E’ così assurdo pensare che la chiesa ne abbia snaturato l’insegnamento e corrotto i testi per i suoi fini di potere? Per me assurdo è credere a tutto quello che ci raccontano.
    Quando Cristo dice che conosceremo la verità e la verità ci rendera liberi, per me intende dire che ci libererà dal credere. Chi vuole sapere non può credere.

  52. Caro Pablo, credo di avere trovato un mito che non lascia adito al minimo dubbio; è il mito di Ippolito. Ippolito morto durante una battuta di caccia, trascinato dai suoi cavalli, spaventati da un toro mandato da Poseidone (non ti faccio tutta la storia), viene resuscitato da Asclepio, per volere di Diana. andrà poi a vivere nel Lazio, dove sposerà un’ateniese di nome Aricia dalla quale avrà un figlio.

  53. Caro Giorgio,
    Le do ragione per quanto riguarda due punti.
    Il primo, esistono effettivamente analogie strutturali fra il racconto della passione, morte e resurrezione di Gesù. Questo è un dato indiscutibile.
    Il secondo, queste somiglianze non sono e non possono essere casuali, cosicché si deve inferire che: 1) O le storie più antiche sono servite da modello per quelle venute successivamente (un esempio: gli evangelisti hanno ripreso e adattato racconti mitologici noti in ambiente iranico e/o mediterraneo; 2) Oppure è vero che nella parte più profonda della psiche umana si avverte l’esigenza, ogni volta che in questo mondo appare una figura particolarmente carismatica, di attribuire a lui dei poteri eccezionali, primo fra tutti quello di prevalere sulla morte fisica. Da qui non si scappa. O la vicenda di Gesù è un rifacimento di racconti precedenti, debitamente adattati alla vicenda personale del galileo e dell’ambiente in cui visse gli ultimi giorni, oppure questa analogia nasce da un forte bisogno psicologico.
    Detto questo, è necessario cogliere a questo punto anche le differenze, peraltro evidenti, fra i vari racconti e la Passione.
    Nel suo secondo intervento lei ha introdotto il mito di Ippolito. Seppur breve, il suo commento cita due volte la parola mito: lei parla del mito di Ippolito. Che cosa è un mito? Un mito è sostanzialmente una storia inventata, al punto che i termini leggenda e mito sono spesso interscambiabili. Come lei giustamente faceva notare nei suoi commenti, nessuno è certo dell’esistenza di Ippolito, Osiride o Romolo.
    I Vangeli sono miti o sono effettivamente la storia REALE di un uomo vissuto 2000 anni fa? Oppure, potremmo dire, sono qualcosa di intermedio fra il racconto di una storia realmente accaduta ed i miti? Se fossero miti, potremmo concludere qui il dibattito. I Vangeli sarebbero nient’altro che un prodotto letterario, frutto della fantasia di autori vissuti presumibilmente intorno al I secolo della nostra èra, non dissimili dalla storia di Romolo, fondatore di Roma.
    Più complessi sono gli altri due casi. Dei due, quello più umanamente logico è che elementi fantastici siano stati introdotti a corredo della vita di un uomo realmente vissuto in Palestina duemila anni fa. Mi riferisco, ad esempio, al parto virginale di Maria, ai diversi miracoli compiuti e, ultimo ma non per importanza, alla sua resurrezione dai morti. Qui però si apre la questione, che ci riporta a quanto le esponevo nei miei precedenti interventi: la resurrezione non è semplicemente narrata ma l’intero racconto sembra essere strutturato in modo tale da lasciare il lettore sulla soglia della estrema decisione: è vero o no che è risorto?
    Se legge Matteo, si accorgerà che l’intento dell’autore è proprio quello di concentrare l’attenzione del suo lettore sulla questione della resurrezione: «Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei, dicendo: “Signore, ci siamo ricordati che quell’impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò. Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: È risuscitato dai morti. Così quest’ultima impostura sarebbe peggiore della prima!”. Pilato disse loro: “Avete la vostra guardia, andate e assicuratevi come credete”. Ed essi andarono e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia».
    Se noterà, caro Giorgio, scopo dell’evangelista è enfatizzare la questione del corpo, della sua certa presenza nel sepolcro e dell’impossibilità da parte di alcuno dei suoi seguaci trafugarlo. Questo particolare è ulteriormente enfatizzato più in là nel racconto di Matteo, quando si afferma che le guardie, che pure erano state messe davanti il sepolcro per evitarne il trafugamento, non ne sono state capaci; il sepolcro era vuoto: «alcuni della guardia giunsero in città e annunziarono ai sommi sacerdoti quanto era accaduto.
    Questi si riunirono allora con gli anziani e deliberarono di dare una buona somma di denaro ai soldati dicendo: “Dichiarate: i suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo. E se mai la cosa verrà all’orecchio del governatore noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni noia”. Quelli, preso il denaro, fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questa diceria si è divulgata fra i Giudei fino ad oggi».
    Insomma, qui non siamo semplicemente di fronte al tentativo di uno scrittore di mitizzare la morte del suo capo. Il racconto non presenta elementi mitici ma si presenta come il tentativo di raccontare nel dettaglio avvenimenti accaduti. Che questi siano tali o meno, non possiamo certo provarlo, né io né lei. In altre parole, il racconto ci mette davanti alla seguente domanda e poi ad un dilemma: perché questa accanita e ossessiva narrazione di presunti dettagliati eventi verificatisi intorno a quel sepolcro? Le risposte possibili sono due, dalle quali nasce il dilemma: o l’evangelista scende in questi dettagli, quali la richiesta di vigilare il sepolcro solo per ingannare in maniera diabolica i suoi lettori, oppure per testimoniare realmente quanto avvenne duemila anni fa in quel sepolcro.
    E così arriviamo alla conclusione (che secondo me è la più logica): o i Vangeli sono stati scritti da falsari (neanche tanto abili, viste alcune contraddizioni fra i quattro racconti) oppure i Vangeli raccontano fatti effettivamente accaduti. Insomma, il racconto della Passione e resurrezione non può essere in ogni caso un racconto mitico e, pertanto, non può essere assimilato a racconti come quelli di Ippolito.

  54. Caro Pablo, propenderei per la sua ipotesi intermedia, quella di un resoconto parzialmente mitico del racconto della vita e morte di Cristo.Gli apostoli stessi rinnegano Cristo cadendo vittime del mimetismo, si potrebbe ipotizzare che si riprendano solo dopo la morte di Cristo, non prima, solo grazie alla catarsi potrebbero essere riusciti a riprendersi e a testimoniare l’innocenza di Cristo. Qui siamo molto vicini al mito.
    Oppure più semplicemente, gli apostoli si sono ripresi prima dal loro ardore sacrificale, ma proprio come si sono fatti influenzare dal mimetismo prima della morte di Cristo, si fanno condizionare da quel fenomeno di trasfigurazione presente nei miti che è la divinizzazione e resurrezione della vittima e riescono a costruire un resoconto solo parzialmente veritiero dei fatti, veritiero abbastanza comunque da mostrarci l’innocenza della vittima.
    Oppure, bè lei sa che a quei tempi (oggi no…) il mondo era pieno di ciarlatani che si inventavano effetti scenici spettacolari per fingersi i profeti di nuovi o vecchi dei che in qualche modo li avrebbero arricchiti.C’era la ricerca del sensazionalismo.Lei sa bene che gli ebrei si aspettavano un dio maestro di una violenza superiore che li avrebbe liberati dai romani, non un dio che se gli davano uno schiaffo porgeva l’altra guancia.
    Bene, se lei avesse programmato a tavolino la venuta del Cristo sulla terra,per renderla appetibile alla massa non l’avrebbe anche infarcita di elementi miracolosi, compresa la resurrezione, non in un’ottica diabolica , ma per farla emergere dalla concorrenza e per farle poi testimoniare l’innocenza della vittima?
    Ma il punto dove voglio arrivare è un altro ed è molto più radicale.Qui bisogna fare con Girard quello che Girard dice di avere fatto con Nietzsche, bisogna capovolgerlo (bè Girard usa riferendosi a Nietzsche un termine molto più truculento, ma noi siamo più buoni).
    Quello che Girard non vuole vedere, fino a mettersi le mani davanti agli occhi, è che l’innocenza della vittima o se preferite la colpevolezza dei linciatori non ci è stata mostrata da Cristo, la sapevamo già. A mio avviso arriva alla malafede per difendere questa idea.Certo l’accetta in parte per l’Antico Testamento, ma qui in qualche modo siamo già nel cristianesimo e quindi va bene. In tutti i libri che scrive, in tutti a parte La violenza e il sacro, fa di tutto per screditare il pensiero antisacrificale greco, con una falsità che sarebbe divertente mostrare almeno in parte, perchè mostrarla tutta sarebbe un lavoro titanico.
    Vi ho già parlato di Euripide in uno dei miei primi commenti. Lì Euripide è cristallino, non si potrebbe essere più chiari di così, quello che dice è che i linciatori sono gli uomini non gli dei, poi viene “sbranato dai cani”.
    L’aforisma 5 di Eraclito è altrettanto chiaro. A proposito di bassafilosofia, c’è un autore che dedica un capitolo intero a cercare di mostrare come quell’aforisma sia in realtà a favore dei sacrifici e non contro, volete sapere chi è? E’ Fornari l’autore del libro più stupido che abbia mai letto.
    Vogliamo parlare poi di Pitagora, o dell’Apologia di Socrate? Di Edipo re?
    Certo i tragici greci, scrivevano tragedie, dovevano essere rappresentate in pubblico, dovevano piacere,non potevano permettersi al contrario di chi scriveva la Bibbia, di mostrare troppo, pena la morte vedi Euripide.E qui Girard agisce da vero ciarlatano. Lui sa benissimo questa cosa tanto è vero che quando parla di Shakespeare la mette bene in evidenza, dice che in Shakespeare c’è la versione sacrificale per la massa e la versione antisacrificale per gli adepti, per Shakespeare lo può dire, viene dopo Cristo e ha letto i Vangeli,per i greci no, vengono prima di Cristo non possono avere una versione antisacrificale loro (ripeto nella Violenza e il sacro da una versione diversa ma è il suo primo libro dopo diventa bigotto…). Eppure è chiaro che quello che vale per Shakespeare vale anche per Sofocle ed Euripide. Ad ulteriore testimonianza di quello che dico, bè Girard cita tante tragedie di Euripide, ma quella di cui parlo io non la cita mai, è veramente un falso…e ci sono altri passi di Euripide che non cita mai.
    Vogliamo ora passare ad analizzare le filosofia orientali? Cazzo qui uno interessato a ste cose dovrebbe averne di materiale, la non violenza del Buddha, il suo essere contro ogni tipo di sacrificio anche animale… io scrivessi un libro sui sacrifici sentirei l’obbligo morale di parlarne, invece di cosa parla Girard? Di Prajapati, un dio pre Veda.Si può essere più falsi di così?
    Caro Pablo sono stanco di scrivere mi fermo qui, in un prossimo intervento, se vuole, parleremo di come nasca veramente questa coscienza della vittima innocente e di quale sia il vero ruolo fondamentale di Cristo in questa storia.

  55. Caro Pablo, eccoci di nuovo qui per completare la nostra argomentazione.
    Come le dicevo in oriente esistono varie tradizioni non sacrificali. Il Buddhismo è vero non pone mai l’accento su concetti come capro espiatorio,innocenza della vittima etc. ma nonostante questo è chiaramente una religione antisacrificale. Questo perchè segue una diversa strategia, il suo obiettivo è fornire ai suoi adepti tecniche che gli permettano di liberarsi dal desiderio (mimetico?) e dalla violenza fino a fargli raggiungere l’illuminazione.Lasciamo perdere l’illuminazione che non riguarda la nostra discussione,voglio parlare delle tecniche che ci permettono di liberarci dall’ego, sinonimo di desiderio mimetico, tecniche che in occidente sono sconosciute.
    Riconoscere l’innocenza della vittima non ci ha aiutato a superare il problema della violenza, anzi come ammette lo stesso Girard lo ha acuito, questo perchè il vero problema dell’umanità non è quello del capro espiatorio che è piuttosto una soluzione seppur odiosa, ma la violenza, il desiderio mimetico, l’ego. IL buddhismo non è primariamente una religione, è primariamente una scuola esoterica che fornisce gli strumenti per liberarsi del proprio ego, se diventa poi una religione è un’altra questione, Buddha insegnava ai suoi discepoli tecniche di meditazione, non faceva religione questo è indubitabile.
    Domanda, sono mai esistite in occidente queste tecniche? Risposta, si e per lungo tempo, Cristo ad esempio insegnava queste tecniche ai suoi discepoli, ed è grazie a queste tecniche che gli apostoli riescono a testimoniare la verità senza farsi condizionare dalla massa, nonostante i vari cedimenti. Un esempio? Pietro quando sta tradendo Cristo sente il gallo cantare e rientra in sè, si sveglia dall’ipnotismo cui lo aveva indotto la massa e fugge inorridito da se stesso. Questo rientrare in sè è una tecnica di meditazione che si chiama ricordo di sè e che è stata riportata in occidente da Gurdjieff. Il cristianesimo originale era una scuola esoterica dove gli adepti praticavano il ricordo di sè. Un altro esempio è quello del giardino degli ulivi quando il Cristo torna dalle sue preghiere poco prima di essere catturato e vede gli apostoli “addormentati”. Noi leggendo pensiamo che stiano dormendo veramente, in realtà non stanno dormendo, semplicemente non si stanno ricordando di sè.
    Provate ad immaginarvi nei panni della vittima prima di venire sacrificata:in quei momenti la vittima si ricorda di sè, è cosciente, vede chiaramente la violenza dei linciatori, potrebbe testimoniare la verità. Il ricordo di sè permette a persone che non sono la vittima di vedere la realtà e di poterla poi testimoniare.
    Noi viviamo costantemente in uno stato di ipnotismo, non siamo svegli, dormiamo. Se scrivessimo tutto quello che pensiamo su un foglio e lo leggessimo ci renderemmo conto di essere tutti schizofrenici, di avere una perpetua crisi mimetica nella nostra testa.
    Vi è una certa analogia tra chi fa meditazione e osserva i propri pensieri vorticosi e la vittima di fronte alla folla inferocita no?
    Bene, allora è chiaro spero che il cristianesimo era come il buddhismo una scuola di evoluzione.Cristo come Buddha insegnava a pochi adepti, senza di lui e senza il suo insegnamento non sarebbero stati capaci di testimoniare l’innocenza del Cristo, ma avrebbero ceduto al mimetismo.
    E’ grazie alle scuole che è emersa l’innocenza delle vittime, grazie a tecniche quali il ricordo di sè. Buddha, Lao Tzu, Zoroastro, per parlare dei più conosciuti, erano maestri di scuole dove si praticavano queste tecniche di meditazione, ma queste scuole sono esistite anche in Egitto, in Grecia e in tanti altri posti nel mondo.
    E’ per questo che ci sono persone che mostrano l’innocenza della vittima prima di Cristo, perchè avevano ricevuto un insegnamento simile a quello ricevuto dagli apostoli, erano il prodotto di scuole esoteriche.
    Fino ad un certo punto questi insegnamenti sono rimasti segreti, solo gli adepti potevano conoscerli, poi col tempo come è testimoniato dagli scritti biblici, dalla tragedia greca, dallo zoroastrismo, questi insegnamenti hanno cominciato ad essere messi a disposizione dell’umanità intera, certo non senza la messa a morte di chi li divulgava, ma poco importa l’umanità cominciava a essere pronta come è testimoniato dal fatto che tranne che in periodi speciali i sacrifici umani erano normalmente vietati.
    Il passo successivo è stato quello di comunicare a tutti l’innocenza della vittima, certo ci sarebbero voluti millenni per digerirla, ed è a questo punto che viene Cristo e fa quello che fa. Rende essoterico cio che fino a quel momento era esoterico. Comunica all’umanità una verità che fino ad allora sapevano solo gli adepti.Questa è stata la missione di Cristo sulla terra. Non insegna cose che nessuno sapeva, svela i segreti nascosti dalla fondazione del mondo.
    Il problema è che grazie alle varie inquisizioni, e all’interpretazione idiota che ne ha fornito la chiesa cattolica, strumento nelle mani di Satana, le tecniche che Cristo aveva insegnato per liberarci dalla violenza sono andate perse, per la chiesa non bisogna fare meditazione o praticare il ricordo di sè, basta credere…E’ per questo che da vari decenni chi ha veramente il desiderio di crescere, chi ha una spiritualità abbandona il cattolicesimo per le discipline orientali, perchè là queste tecniche esistono ancora e grazie al lavoro di persone come Gurdjieff oggi sono di nuovo disponibili anche in occidente.

  56. Caro giorgio,
    Grazie Mille per il suo ultimo commento, davvero illuminante.
    Così interessante che mi sono sentito in dovere di ringraziarla.

    Sinceramente,
    Claudio

  57. Gentile Giorgio,
    Le scrivo al volo questa sera perché da domani, per almeno due mesi, sarò molto occupato e difficilmente potrò concedermi il lusso di leggere e replicare con osservazioni ai suoi commenti.
    Prima di introdurre questo commento, mi lasci però dire una cosa non inerente al tema. Come avrà visto, nel rivolgermi a chiunque utilizzo quasi sempre il “lei” per una forma di rispetto verso il mio interlocutore. So che su internet, nei forum e nelle chat, l’uso del “lei” è rifiutato dai più, spesso appartenenti a generazioni più giovani. Mi adatto a sentirmi dare del “tu”, anche se questo sito, visto i temi che affronta, non è un sito di banali chiacchierate da frequentatori ignoranti di chat ma un luogo virtuale dove ci si scambiano opinioni di un certo livello.
    Comunque vada per il “tu”, non sono dispiaciuto o irritato se lei o altri lo utilizza. Visto l’interesse, la ricerca e la passione che lei mette in questo dibattito (e questo le fa onore), l’uso del “tu” o del “lei” passa assolutamente in secondo piano. Quello però che invece riesco poco a sopportare è che il “tu” sia talvolta l’apripista ad un linguaggio gergale al di sopra delle righe. In due suoi interventi ha usato termini quali “cazzata” e “cazzo”. Ecco, gradirei almeno si evitasse l’uso di questo linguaggio. Grazie
    Riguardo ai suoi ultimi due commenti, trovo che lei abbia in parte ragione ed in parte torto. Visto però che il suo attacco a Girard è stato notevole, mi permetta qui prendere le difese di Girard, benché sia io stesso ad aver notato alcune carenze nella sua ricerca.
    Lei scrive che «quello che Girard non vuole vedere, fino a mettersi le mani davanti agli occhi, è che l’innocenza della vittima o se preferite la colpevolezza dei linciatori non ci è stata mostrata da Cristo, la sapevamo già». E ne eravamo già a conoscenza, secondo Lei, perché la letteratura tragica greca precedente Cristo l’aveva già rivelata. Ora, mi pare, lei continui qui a perseverare in un errore, lo stesso che ho notato nei commenti precedenti. Lei mette i miti precristiani, il teatro greco, la letteratura dell’Antico Testamento e i Vangeli sullo stesso piano. Finisce, in altre parole, per trattarli tutti come prodotti della letteratura. Questa impressione l’ho avuta proprio discutendo con lei della resurrezione. Lei sembra non riuscire pienamente a cogliere la distanza fra la letteratura (che è finzione, seppure costruita presentando racconti non lontani da ciò che accade realmente) con i Vangeli. Per quanto possano i testi teatrali greci rivelare un pensiero antisacrificale, mi pare evidente la distanza fra questi e la vicenda di un uomo (crocifisso) che ha poi determinato tutta la storia dell’Occidente. E, come vede, le parlo di storia, non semplicemente di pensiero occidentale. La letteratura greca, comunque la metta, non avuto quell’incidenza sulla storia della nostra civiltà che ha avuto la Passione di Cristo. Sono i fatti che cambiano la storia, non i libri. Ci si può ispirare ai libri per muovere la storia, ma i libri, da soli, non fanno la storia. Sono sicuro che, se ci mettiamo a rovistare, potremo trovare decine di testi scritti prima dell’avvento del cristianesimo che, in un modo o nell’altro, rivelano elementi della natura sacrificale delle società antiche. Eppure questi testi, per quanto rivelatori, non hanno cambiato granché il mondo. D’altra parte, quando Paolo si reca in Grecia che cosa accade? «Anch’ io, o fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza. Io ritenni infatti di non saper altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso». E Paolo, nel parlare di quest’uomo crocifisso, viene deriso dai Greci. Questo dà l’idea di come la società greca fosse ben lontana dall’avere una cultura antisacrificale, seppure sviluppata dal teatro greco.
    Lei sembra dire (se ho capito bene) che ci sia del semplice banale bigottismo o impulso apologetico nel comportamento di Girard, che avrebbe volutamente ignorato la letteratura greca per mettere in risalto i Vangeli. Se però lei dà un’occhiata agli scritti di Girard, la sua ricerca si è sempre sviluppata, a partire da Delle cose nascoste fin dalla fondazione del mondo, lungo un binario rigoroso: comparare i miti mondiali con la con quelli biblici e infine con i Vangeli. Direi quindi che, più di bigottismo o tentativo apologetico, quello di Girard è stato un tentativo di ricerca limitato alla letteratura religiosa, cristiana e non. Io lo vedo al massimo come un limite, non come atteggiamento dettato da bigottismo o furore apologetico. Tutti i libri scritti da Girard tentano la lettura dei miti. Fra le poche eccezioni, proprio il libro su Shakespeare. Il quale, però, ripeto, rimane una eccezione.
    Il lavoro svolto da Girard è stato notevole, e ce ne possiamo rendere conto proprio dal grande dibattito che ha suscitato in Occidente. Negare o sminuire ciò sarebbe scorretto. Girard ha elaborato una delle più interessanti teorie di fine secolo XX. E questa teoria, stia certo, ulteriormente approfondita, porterà ancora maggiori risultati.
    Per quanto riguarda le altre religioni, Lei scrive che «Vogliamo ora passare ad analizzare le filosofia orientali? Cazzo qui uno interessato a ste (queste) cose dovrebbe averne di materiale, la non violenza del Buddha, il suo essere contro ogni tipo di sacrificio anche animale… io scrivessi un libro sui sacrifici sentirei l’obbligo morale di parlarne, invece di cosa parla Girard? Di Prajapati, un dio pre Veda».
    In realtà, lei lo sa benissimo, l’orizzonte di Girard si è limitato ai miti. E in prevalenza a miti e racconti in ambiente europeo. Mi pare che da qualche parte, se non vado errato nel breve saggio Il Sacrificio, Girard si occupa assai marginalmente di scritti vedici e, non ricordo dove, sostiene che desidererebbe intraprendere lo studio e l’analisi dei testi religiosi dell’Oriente, ma che al momento non è in grado di farlo per mancanza di conoscenza approfondita. Questa di Girard mi sembra una affermazione onesta. Non si può andare a parlare di un tema senza le dovute conoscenze. Mi potrà obiettare: e perché Girard non ha intrapreso questo studio? Le ricordo che Girard è riuscito a definire la sua teoria solo verso gli anni novanta, quando cioè era ormai settantenne. Non si può chiedere ad un uomo, giunto a quell’età (si ricordi che nel ’94 si è anche ritirato dall’insegnamento) di intraprendere studi sulle religioni orientali. Penso che questo, oggi, possa essere fatto da qualcuno che ha fatto suo il pensiero di Girard.
    Invece la sua ultima affermazione meriterebbe un capitolo a parte.«Il problema è che grazie alle varie inquisizioni, e all’interpretazione idiota che ne ha fornito la chiesa cattolica, strumento nelle mani di Satana, le tecniche che Cristo aveva insegnato per liberarci dalla violenza sono andate perse, per la chiesa non bisogna fare meditazione o praticare il ricordo di sé, basta credere … E’ per questo che da vari decenni chi ha veramente il desiderio di crescere, chi ha una spiritualità abbandona il cattolicesimo per le discipline orientali, perché là queste tecniche esistono ancora e grazie al lavoro di persone come Gurdjieff oggi sono di nuovo disponibili anche in occidente». In questa frase ci vedo molta confusione e, come spesso mi capita di leggere e sentire, anche un po’ di superficialismo. Conosco tanti cristiani che mettono in pratica, per quanto possono, l’insegnamento di Cristo. Perfetti non ne ho incontrati fino ad ora, ma d’altra parte, come rivelano i Vangeli, neanche Pietro e compagnia lo erano. Quello di andare ad abbracciare lo spiritualismo orientale perché il cristianesimo è una pianta ritenuta oramai secca mi sembra più talvolta un tentativo di rimozione delle responsabilità che tutti abbiamo nell’aver costruito questa società. Mi creda, conosco praticanti del buddismo che poi nella vita di tutti i giorni sono né più né meno identici ai loro colleghi cristiani. Se poi lei legge le notizie dall’oriente, vedrà come buddisti abbiano praticato e pratichino la violenza. Quella di vedere l’erba del vicino più verde è una pratica molto occidentale. La vedo, talvolta, una forma di schizofrenia che fa vivere a queste persone una doppia vita: una, ben radicata nel nostro stile di vita occidentale, l’altra, che li porta a disprezzare quel mondo che anche loro contribuiscono a rendere tale.
    Concordo però su un fatto, che certamente le chiese cristiane hanno grandi e gravi responsabilità. Ratzinger, per venire alla sua giusta critica, disse tempo fa: “La Chiesa sta diventando per molti l’ostacolo principale alla fede. Non riescono più a vedere in essa altro che l’ambizione umana del potere, il piccolo teatro di uomini che, con la loro pretesa di amministrare il cristianesimo ufficiale, sembrano per lo più ostacolare il vero spirito del cristianesimo”
    Un caro saluto e a presto

  58. Caro Pablo, mi scuso se ogni tanto mi dimentico di darle del lei, ma sa è l’abitudine. Quanto alle mie licenze poetiche non credevo di infastidire nessuno, sa sto rileggendo Shakespeare, forse mi sono fatto influenzare dal suo linguaggio colorito…
    Guardi non credo di confondere letteratura e realtà, anche se faccio fatica a vedere nei vangeli la realtà, sono testi scritti,sono letteratura, forse rispecchiano la realtà forse no, ma non è questo il punto. Il punto è che se Euripide dice che non sono gli dei a volere uccidere ma gli uomini questa è realtà, è reale che lo abbia detto, quindi se lo ha detto lo sa, come è reale che nei Vangeli ci sia scritto che solo chi è senza peccato possa scagliare la prima pietra, io non vedo nessuna differenza perchè differenza qui non c’è proprio.
    Lo stesso vale per il mito di Ippolito: se lei mi dice che non esiste racconto religioso simile alla morte e resurrezione di Cristo in tutta la letteratura mondiale e io le cito il mito di Ippolito lei non può replicarmi che è un mito. Si è un mito ma è anche un racconto religioso visto che parla di dei, ed è un racconto religioso che parla della morte e resurrezione di Ippolito. A me sembra che sia lei a sbagliare quando dice che il racconto di Cristo è unico e poi mi definisce letteratura o mitologia tutti i resoconti simili a quelli del Cristo. Allora è chiaro che se la storia di Osiride è un mito, se la reincarnazione di Buddha è irreale, se tutte le religioni a parte il cristianesimo sono false, allore bè è chiaro che il racconto della resurrezione di Cristo è unico. Ma questa secondo me è una posizione ideologica e non scientifica.
    Poi guardi, quando le dico che Cristo fa essoterismo le dico che porta ai popoli la verità che prima solo pochi sapevano, e quindi facendo questo influenza la storia su questo sono abbastanza d’accordo, anche se poi anche la morte di Socrate cambia la storia, visto che dopo nasce la metafisica, e non è che la metafisica non abbia inflenzato il cristianesimo. Quello che lei non vede (almeno così mi sembra), è il filo rosso che lega Euripide, Socrate, Osiride, Zoroastro e tanti altri a Cristo. Senza di loro non ci sarebbe stato Cristo, Cristo porta a termine un lavoro iniziato millenni prima di lui da altri, che hanno tutti lavorato per abolire i sacrifici umani, è stato un lavoro di squadra,Cristo sarebbe il primo a riconoscerlo, ma lei invece non lo riconosce, per lei esiste solo Cristo, il lavoro svolto dai profeti precedenti è mitologia e non va preso sul serio. Guardi i sacrifici umani erano stati già aboliti prima della venuta di Cristo (anche se non del tutto) e quindi è consequenziale pensare che altri abbiano svolto lo stesso lavoro, Plutarco dice che in Egitto è stato Osiride a farlo, ma lei definisce tutto questo mitologia e così la sua visione della storia vede solo il momento finale e non tutto il lavoro precedente. A cambiare la storia è stato questo movimento antisacrificale nato nelle scuole esoteriche, movimento di cui Cristo rappresenta il momento finale. Lei continua a contrapporre Cristo ai profeti precedenti, mentre invece non vi è contrapposizione, ma unità d’intenti. Quando Gurdjieff dice che il cristianesimo esisteva prima di Cristo e lo riporta ad un Egitto precedente a quello storico,dice proprio questo, che il movimento antisacrificale(questa è una mia interpretazione) è il vero cristianesimo anche se aveva un altro nome poco importa. Osiride, Zoroastro, Orfeo, Cristo fanno parte dello stesso movimento spirituale.
    Riguardo le mie critiche a Girard sia chiaro che sono subordinate alla mia ammirazione. Girard è un grande pensatore ma come tutti i grandi pensatori vede la sua teoria come un figlio, la difende anche quando è indifendibile e in questo è veramente tendenzioso,e lo è in maniera anche molto furba, e quindi molte volte mi fa arrabbiare, perchè mi devo veramente impegnare per capire dove vuole arrivare, e quando lo capisco ci vedo sempre una presa di posizione arbitraria nei confronti del cristianesimo.Girard grandissimo lo è quando parla di mimetismo, di capri espiatori e vittime sacrificali, non quando parla di religione.
    Riguardo la sua ultima critica mi creda parlo per conoscenza approfondita della situazione.
    Se lei oggi vuole praticare le tecniche di meditazione che praticavano gli apostoli deve andare in oriente, o seguire corsi di persone che hanno appreso dall’oriente queste tecniche. Non esiste ricordo di sè nei conventi, esiste molta preghiera, molta fede, ma nessun pratica del ricordo di sè, e le garantisco che di ricordo di sè sono pieni i vangeli.
    Questo non significa che non esistano buoni cristiani, non esistono cristiani veri, un vero cristiano deve ricordarsi di sè, se no è cristiano a parole non nei fatti, per essere un vero cristiano, cioè essere in grado di seguire l’insegnamento del Cristo devono ricorrere a tecniche di meditazione orientali, perchè quà purtroppo queste tecniche non esistono più, e non esistono più per colpa della chiesa che ha deturpato il cristianesimo del suo vero insegnamento per creare generazioni di fedeli senza coscienza (nel senso di coscienti di sè). Questa non è confusione, è la realtà, poi concordo con lei che anche molte sette buddhiste oggi cedono alla violenza, ma spero non mi voglia paragonare la storia della violenza della chiesa a quella buddhista, la chiesa è satanica (nel senso che Girard da al termine Satana). Cosa c’è di più satanico che torturare gli uomini in nome di Dio? I catari e gli gnostici la pensavano come me. Pensi a quel rogo dove furono bruciati vivi non mi ricordo più quante migliaia di catari in nome di Dio. Esiste immagine più appropriata dell’inferno? Come può in base alla sua teologia la chiesa giustificare quello che ha fatto? I catari invece lo possono giustificare benissimo con la loro teologia, perchè per loro la chiesa è satanica e quello dove sono stati bruciati era l’inferno.

  59. Gentile Giorgio,
    Le scrivo due righe brevemente per rispondere alla sua critica quando dice: «Lo stesso vale per il mito di Ippolito: se lei mi dice che non esiste racconto religioso simile alla morte e resurrezione di Cristo in tutta la letteratura mondiale e io le cito il mito di Ippolito lei non può replicarmi che è un mito. Si è un mito ma è anche un racconto religioso visto che parla di dei, ed è un racconto religioso che parla della morte e resurrezione di Ippolito. A me sembra che sia lei a sbagliare quando dice che il racconto di Cristo è unico e poi mi definisce letteratura o mitologia tutti i resoconti simili a quelli del Cristo. Allora è chiaro che se la storia di Osiride è un mito, se la reincarnazione di Buddha è irreale, se tutte le religioni a parte il cristianesimo sono false, allora, beh, è chiaro che il racconto della resurrezione di Cristo è unico. Ma questa secondo me è una posizione ideologica e non scientifica».
    Lei deve fare attenzione a un punto. Che esistano similitudini o analogie fra i miti e la Passione di Cristo è indubbio. Che esistano analogie fra il mito di Ippolito, quello di Osiride e la Passione di Cristo è altrettanto indubbio.
    Qual è il punto che differenzia il racconto della Passione dal mito di Ippolito e Osiride? Qualsiasi studioso di mitologia le dirà che i miti sono racconti antichi. Sono racconti che vengono da un passato remoto. Ad un certo punto della storia dell’umanità, l’uomo ha smesso di produrre miti o racconti simili, tanto è vero che già Platone, nel IV sec. a.C, definisce il “mito” un discorso irrazionale, una leggenda, in contrapposizione al “logos”, discorso razionale.
    Ad un certo punto della storia dell’umanità i miti sono spariti. Questo lei lo può notare anche nell’evoluzione dei contenuti dei libri biblici. I primi sono racconti di tipo mitico: pensi ad Adamo ed Eva, Caino e Abele e via dicendo. Gli ultimi libri dell’Antico Testamento, quando non sono libri sapienziali o apocalittici, sono resoconti di fatti storici.
    Questo significa che i Vangeli non sono testi mitici. Cosa sono allora? Li dovremmo assimilare a dei romanzi storici, in cui l’autore, all’interno di una cornice storica (cioè di fatti realmente accaduti) inserisce un racconto inventato (che nel nostro caso sarebbe la storia di Cristo). Ma questo tipo di racconto, il romanzo storico appunto, è stato inventato solo nell’ottocento.
    Allora mi domando e le domando: i Vangeli cosa sono? A questa domanda dobbiamo rispondere.

  60. Caro Pablo, forse le devo una spiegazione. Non sono più d’accordo con lei e con Girard nel definire i miti come sostanzialmente menzogneri o se preferisce come resoconti irrazionali; non ne farei una legge universale, non escluderei a priori che ci siano miti veritieri e su questi si siano poi costruiti gli altri(o sugli altri si siano costruiti questi). Non le nascondo che mi sto allontanando dalla concezione mitologica girardiana anche se francamente non le so dire fino a che punto.
    Se noi esaminassimo il mito di Osiride girardianamente dovremo concludere che Osiride è un dio immaginario i cui benefici sono stati dovuti al suo sacrificio di cui è stato accusato ingiustamente Seth(che sarebbe il secondo sacrificato), e che invece è stato compiuto da quella folla che poi ha usufruito della catarsi sacrificale che gli ha poi fatto creare questo mito.
    A sentire Girard è sempre così, ma così dicendo Girard prende per mitologici tutti quei racconti di dei che come Osiride hanno vietato i sacrifici umani, mentre anche molti storici antichi (ad es. Plutarco) parlano di profeti che hanno vietato i sacrifici, e che effettivamente i sacrifici fossero vietati è testimoniato storicamente, quindi Girard prende per mitologia i racconti di quegli dei(profeti) venuti sulla terra a vietare i sacrifici umani prima di Cristo. Bene che siano dei, forse è mitologia ma non è mitologia che queste persone abbiano vietato i sacrifici umani, quindi alla base di questi miti c’è la verità, questi dei sono stati sacrificati perchè vietavano i sacrifici umani, non sono invenzioni mitologiche di popoli primitivi, sono la testimonianza della verità cristiana, esattamente come i Vangeli.
    Riassumendo, forse allora Osiride è esistito veramente, ha veramente vietato i sacrifici, per questo è stato sacrificato (e questa è storia)e poi è stato divinizzato e resuscitato(e questa è mitologia). Noterà che in questa interpretazione siamo ben oltre l’analogia col cristianesimo, siamo alla presenza dei medesimi fatti e aldilà dei nomi che vogliamo dare a questi resoconti siamo in presenza delle stesse verità storiche e delle stesse ricadute nella mitologia.
    L’interpretazione mitologica girardiana avrebbe lo scopo di screditare come mitologici i resoconti di quei profeti venuti prima di Cristo, approfittando degli aspetti veramente mitologici presenti in questi racconti, come nei Vangeli d’altronde, e sottovalutandone gli aspetti veritieri, sempre come nei Vangeli.
    Cordiali saluti.

  61. Caro Giorgio, Guardi non sono io né Girard che definisce i miti come racconti irrazionali o fantastici. Cerchi su internet la definizione di “mito”.

  62. Caro Pablo, le faccio notare che ci sono miti che sono chiaramente non sacrificali e sono sicuro che lei sarà d’accordo con me. Quali sono questi miti? Le cito il più famoso: il mito della caverna di Platone.
    Qui il mito viene utilizzato non per trasfigurare un omicidio collettivo, ma per sviluppare un’argomentazione filosofica nella maniera più semplice possibile. Spero sia d’accordo con me che non c’è nessun omicidio collettivo dietro questo mito.
    Immaginiamo che questo mito fosse stato tramandato oralmente per vario tempo e alla fine fosse stato trascritto non come mito attribuito a Platone ma come un mito tra i tanti della letteratura greca.Immaginiamo ora che Girard lo volesse commentare:sappiamo che Girard individua varie caratteristiche invarianti nei miti che sono stando a quello che dice in Origine della cultura e fine della storia (pag.122) Indifferenziazione sociale, segni vittimari o presunta colpa, espulsione o omicidio e inversione del colpevole in eroe che riporta l’ordine.
    Allora l’indifferenziazione può essere rappresentata dal buio della caverna che rende le cose indifferenziate per l’appunto, i segni vittimari o la colpa possono essere visti sia nella cecità delle vittime sia nel fatto che sono legati e prigionieri, l’espulsione o l’omicidio riguardano il prigioniero che viene portato fuori e che viene accecato dalla luce del sole (tra l’altro un prigioniero preso tra i tanti, qui il mito sarebbe anche troppo veritiero, chissà cosa direbbe Girard, forse ci vedrebbe la prova inconfutabile che i miti tutti i miti sono resoconti parzialmente trasfigurati di un omicidio colettivo)e infine l’inversione del colpevole in eroe che riporta l’ordine potrebbe essere simbolizzata nel prigioniero che una volta arrivato alla luce del sole vede le cose chiaramente e cerca di andare a salvare i suoi amici rimasti nela caverna.
    Ehh…? Facile prendere lucciole per lanterne e confondere un mito inventato da Platone per spiegare un concetto con quello che ci si vuole vedere a tutti i costi. Ora la domanda è, siamo poi così sicuri che Girard non faccia mai questo errore nell’analizzare i miti? Siamo sicuri che tutti i miti anche quelli che parlano di dei che portano la civiltà e aboliscono i sacrifici umani (Quetzalcoatl ad es.)siano resoconti parzialmente trasfigurati di omicidi collettivi?

  63. Caro Pablo e carissimi tutti, devo fare una piccola autocritica: sto leggendo Origine della cultura e in questo libro Girard sostiene le stesse idee che ho sostenuto io in questo post, quindi alcune della critiche che gli ho mosso non riguardano il suo pensiero in generale, ma solo il suo pensiero ( che è comunque oscillante, come anche il mio sulle cose di cui non sono convintissimo) espresso in certi libri e che poi evolve.
    1) Girard sostiene che i sacrifici sono voluti da Dio, e che Satana è solo un suo strumento ( questo lo dice sia in Origine della cultura Pag.175-176, e in La vittima e la folla pag.158)
    2)Girard ammette che Edipo è innocente e che la cultura greca lo capisce, anche se non lo può esprimere liberamente(pag.157-158, qui ritorna in qualche modo alle idee della Violenza e il sacro).
    Permangono idee preconcette come quando per giustificare la consapevolezza di Platone nei confronti dei processi vittimari dice (su suggerimento di Fornari ovviamente)che Platone doveva avere conosciuto la Bibbia (pag.40) come lo dice d’altronde (udite udite) dei giainisti indiani(pag.167). Mi chiedevo perchè tirasse fuori il giainismo e non il buddhismo ma poi ho capito, il buddhismo non può avere preso dalla Bibbia, viene nello stesso periodo se non prima.
    Lessi questo libro appena uscito cioè più di dieci anni fa, lo lessi dopo La violenza e Delle cose nascoste, non conoscevo lo Girard bigotto dei libri seguenti e quindi non mi sembrò un libro dove dicesse cose nuove e invece è un libro importante.
    Ora che ho fatto questa doverosa ammenda voglio fare una critica al mimetismo girardiano che mi sembra troppo rigido e onnicomprensivo.
    Per Girard l’uomo non può che imitare e l’unica sua libertà consiste nello scegliere chi imitare. Mi sembra eccessivo. Tutti tendiamo a vedere gli altri come mimetici mentre noi ci vediamo come liberi o consapevoli e qui Girard ha ragione ad essere categorico. Io stesso mi riconosco pienamente in certe descrizioni del desiderio mimetico, però devo anche dire che se l’uomo fosse solo imitazione non esisterebbe la creatività, mentre la creatività esiste, esiste nell’arte, esiste nella scienza e in tutti i campi della cultura umana e se è vero che per un grande artista poi ci sono eserciti di imitatori questo non significa che il grande artista non esista e che la storia umana non abbia dei salti quantici che non sono imitazione di un bel niente. Abbiamo una parte vera dentro di noi, non solo la parte sociale che è imitazione. Quando Rimbaud scriveva che io è un altro a questo si riferiva. Eraclito quando parla (o scrive)è da questo altro che parla, Eraclito non imita un bel niente, è cosciente di sè. Quando proviamo compassione ad esempio stiamo imitando qualcuno?

  64. Caro Giorgio,
    Credo che leggere e comprendere il pensiero di un autore sia cosa complicata alquanto. Girard ha scritto molto e, come tutti gli studiosi seri, ha rivisto e perfezionato la sua teoria col tempo.
    Credo che, del pensiero di Girard, dopo anni di dibattiti, alcuni punti siano ormai diventati fissi ed indiscutibili. Fra questi:
    1) È un dato di fatto che la storia dell’Occidente, del suo pensiero e della struttura del suo sistema sociale, politico, religioso e culturale è segnata dalla rivelazione cristiana. Pensi lei alla suddivisione del potere in politico e religioso, bipartizione ignota alla cultura romana nella forma in cui è stata inaugurata nell’Europa cristiana medievale.
    2) È un dato di fatto che tutta la nostra cultura ultrasecolare si fonda sulla predicazione, morte e resurrezione di un uomo morto in croce 2000 anni fa e non, mi consenta, sulla interpretazione non sacrificale delle tragedie greche. Questa, caro Giorgio, non è apologia del cristianesimo ma semplice costatazione dei fatti. Nulla toglie al valore immenso della cultura greca, ma è altrettanto indubbio che essa non ha avuto sulla cultura dell’Europa medievale prima e dell’Occidente poi lo stesso impatto della rivelazione cristiana.
    L’ho scritto e lo ripeto qui, ci sono alcuni aspetti della teoria di Girard che poco mi convincono, primo fra tutti la estrema casualità con cui vengono scelti i capri espiatori. Questi dubbi sono usciti rafforzati prendendo in considerazione quanto due studiosi (di cui ho citato i libri in un commento precedente) sostengono.

  65. Caro Pablo, le premetto che nonostante possa aver dato l’impressione contraria, non sono un fan della cultura greca, a parte i presocratici e qualche tragedia, ho cominciato ad approfondire queste letture spinto dallo studio di Girard. Detto questo, però le devo dire francamente che non mi piace fare classifiche che trovo troppo ideologiche oltrechè indimostrabili, la cultura occidentale è sempre stata definita da tutti come un mix di greco e giudaico e devo dire che sono d’accordo, e penso sia impossibile districare la matassa che si è venuta a creare nella storia tra matrice greca e cristiana, gli unici interessati a farlo sono i cristiani alla Fornari. I primi ad essere accusati di ateismo sono stati i greci (vedi Socrate), la scienza e la filosofia (di cui è imbevuta fin troppo la teologia cristiana)ci vengono dalla Grecia, insomma …
    Quello che cerco di dimostrare è che l’ innocenza della vittima non è un prodotto esclusivo della cultura giudaico-cristiana, ed è per questo che cito Sofocle, Euripide, Platone, Eraclito (bè per Eraclito ho sempre avuto un debole), perchè dimostrano indiscutibilmente di sapere queste cose, costringendo Fornari e Girard alle più ridicole acrobazie intellettuali, per negare l’evidenza. Mi scusi ma lei non trova patetico dire che Platone debba essere stato influenzato dalla Bibbia? Lo dicono anche dell’Orfismo… non lo trova sconcertante?
    Ora mi consenta una digressione:Girard dice che Platone in Egitto deve avere conosciuto la Bibbia ed esserne stato influenzato. Se così fosse perchè non dirlo? Invece si sa di molti pensatori greci (Erodoto, Pitagora e tanti altri) che dicono di avere conosciuto i sacerdoti egiziani, non i profeti ebrei. Per Fornari evidentemente mentono. Il fatto, purtroppo per Fornari e per quelli come lui, è che noi sappiamo che sono stati gli ebrei a prendere il monoteismo dagli egiziani e non viceversa. Giuseppe la nobile arte del perdono l’apprende in Egitto non certo dagli ebrei, non certo dai suoi fratelli. Si ricorda cosa dice Gurdjieff dell’Egitto?
    Sono convinto che saremo arrivati dove siamo arrivati anche senza Cristo, se non ci fosse stato Cristo ci sarebbe stato un altro, quanti sono stati i profeti innocenti sacrificati nella storia? Socrate non era una vittima innocente? Mi sembra si difenda bene al suo processo, mi sembra si dichiari innocente. Sa cosa dice Girard in proposito? Dice che siccome i filosofi sanno dell’innocenza di Socrate e non vacillano come gli apostoli, ma rimangono fermi e imperturbabili nella loro difesa dell’innocenza di Socrate, bè allora non conoscono i meccanismi mimetici(guardi purtroppo non mi ricordo in che libro l’ho letto),e danno un resoconto non veritiero. Si rende conto? Cioè tu non puoi essere più consapevole di Pietro e se lo sei allora stai mentendo.
    Non mi fraintenda, ritengo Cristo uno dei più grandi maestri dell’umanità, ma quello che ha fatto è stato rovinato dalla chiesa che ha falsato il suo messaggio al punto tale che oggi un cristiano non può fare altro che scegliere chi imitare, senza nessuna possibilità di poter ottenere un’autentica libertà, neanche dopo anni e anni di lavoro interiore, costretti ad essere per sempre l’imitazione di una imitazione di una imitazione… Per me una religione che dice questo è una religione per disperati (la religione cristiana coma la vede Girard).

  66. L’origine del monoteismo in Egitto e’ una tesi interessante. Io non posseggo la verita’, le riflessioni sono solo speculative. La radice di Elhoim deriva da El, il Dio degli dei, divinita’ presente presso numerosi popoli del zmedio oriente, compreso i fenici.
    La radice del termine D-o in arabo e’ Ilha, che deriva da El, lo stesso Gesu’ e’ Emmanu-El, il D-o con noi. E’ possibile quindi che il monoteismo ebraico nasca da una situazione precedente in cui D-o e’ il D-o superiore agli altri dei, che fanno parte del pantheon. Se poi il monoteismo diventi radicale dal contatto con gli Egizi, non lo so…pero’ questo indicherebbe che la religione monoteista ha anch’essa un’origine misterica, di cui la kabbalah sarebbe solo la sua espressione ebraica, chissa’ se ereditata dagli stessi Egizi.
    Il soffio vitale, lo Spirito Santo, non terminerebbe nel monoteismo in un discorso teologico astratto, ma nel concreto respiro vitale, il qi, che anima anche il corpo dell’uomo. “Il corpo e’ il tempio di D-o e D-o e’ nel suo tempio”. Cio’ spiegherebbe anche l’importanza del respiro e della meditazione nelle pratiche esoteriche anche dell’Occidente (sufismo e esicasmo). La religione non la considero un male o un bene, penso che ognuno sia respnsabile e che i capi religiosi possono portare coloro che scelgono di essere gregge da loro guidato, verso il bene o verso il male; in linea di massima il cuore e l’intento non egoistico son un avviso che tutte le religioni storiche ci consegnano e di cui fare tesoro per auto osservarsi. Solo, non condivido la de responsabilizzazione che le istituzioni religiose operano. Ognuno sara’ responsabile delle sue azioni, appartenere a una organizzazione non gli consentira’ di evitare di prendersi la reaponsabilita’ degli atti compiuti…qualsiasi religione illuda del contrario, non penso personalmente sia nel vero.

  67. Preferirei non parlare di religioni, come apice ultimo della via verso il divino, ma bensi di insegnamenti e maestri da cui si puo’ attingere, e a cui ci si puo’ ispirare, sta a noi capire se farlo, come e da chi. La religione e’ per l’uomo, non l’uomo per la religione. E’ uno strumento che puo’ aiutare a realizzare il divino. Tutto qua. Non e’ la meta ma uno strumento. Se anziche’ arricchimento, diventa vuoto controllo, non e’ piu’ strumento utile. Bisogna valutare personalmente.

  68. Signor Piergiorgio,le scrivo per farle notare che sicuramente la nascita del cristianesimo in Egitto (in un Egitto precedente a quello che noi conosciamo), può essere una tesi interessante; riguardo la nascita del monoteismo invece, bè questa è storia, è storicamente accertato che le notizie più antiche che abbiamo sul monoteismo riguardano l’Atonismo, la religione fondata dal faraone Akhenaton nel XIV secolo ac. Volevo aggiungere che chi si leggesse il suo famodo Inno al sole, noterebbe che già qui siamo fuori dal linguaggio dei miti per quel realismo che Girard vede nell’Antico Testamento. Sul resto sono pienamente d’accordo con lei.

  69. Gentile Giorgio,
    I suoi commenti contengono una serie innumerevole di osservazioni, e ogni volta mi trovo costretto a leggerli e rileggerli per cercare di offrire una replica ad esse.
    Prima di iniziare il mio commento, le consiglio di leggere i due libri che criticano Girard. Magari troverà spunti interessanti, almeno per quanto riguarda Girard e, soprattutto, la questione del rapporto fra ellenismo e cristianesimo, argomento toccato da uno dei due saggi.
    Detto questo, passiamo a commentare quanto lei scrive. Lei scrive: “Quello che cerco di dimostrare è che l’innocenza della vittima non è un prodotto esclusivo della cultura giudaico-cristiana…”.
    Concordo con lei che la cultura giudaico-cristiana certamente non ha avuto l’esclusiva nella scoperta dell’innocenza della vittima. Il giudeo-cristianesimo non credo abbia l’esclusiva su quasi nulla viene raccontato nelle pagine della Bibbia. Ma di questo sono al corrente tutti gli addetti ai lavori. Pensiamo ad esempio alla concezione della storia, legata al concetto di escatologia. Ebbene, tutta la concezione della storia cristiana, rivelata in particolare nelle piccole apocalissi dei vangeli e nell’Apocalisse giovannea, è eredità del giudaismo, il quale a sua volta aveva ripreso tutti, ma proprio tutti, gli elementi escatologici dello zoroastrismo. La maggior parte dei contenuti della rivelazione giudaico-cristiana si basa su prestiti da altre religioni o credenze. Anche il monoteismo deriva dalla religione egizia.
    Il lavoro dei teologi ebrei prima e cristiani poi, fino all’ultimo degli scritti che compongono il canone del Nuovo Testamento (l’Apocalisse, per intenderci, scritta forse nella sua forma definitiva poco prima della fine del I secolo della nostra era), è stato un lavoro di incardinamento di elementi pagani alla verità rivelata dal Dio degli Ebrei per bocca dei profeti prima, attraverso Cristo poi.
    È vero, come giustamente fa notare lei, che la teologia cristiana ha a lungo dialogato con la cultura ellenica. Pensiamo ad esempio all’influenza di Platone sulla teologia di Agostino o il tentativo di Tommaso d’Aquino di concordare la rivelazione cristiana con la filosofia aristotelica. Tuttavia questo rapporto fra cristianesimo ed ellenismo non è mai stato paritario: cristianesimo ed ellenismo non si sono incontrati fondendosi bensì il secondo è stato innestato nel primo.
    Sul fatto che Ebrei e Greci possano essersi influenzati a vicenda (possano, badi bene, non che si sono certamente influenzati l’un l’altro), beh, questa è una questione antica. Già ne parlano, per quanto ne so io, il filosofo ebreo Filone di Alessandria e poi il pensatore cristiano Taziano, secondo i quali i Greci avevano copiato dagli Ebrei. Non mi stupirebbe se fosse accaduto. Io però trovo che lei, caro Giorgio, sia un po’ prevenuto nei confronti sia di Girard sia di Fornari. In Origine della cultura e fine della storia, Girard sostiene, su indicazione di Fornari, che per uno dei personaggi della Repubblica, Platone potrebbe essersi ispirato al canto isaiano del Servo del Signore. Le domando: perché no? Dove sarebbe lo scandalo? Io non credo, rileggendo il passaggio, che l’intento di Fornari e Girard sia tanto di carattere apologetico. Mi pare piuttosto un banale tentativo di individuare un possibile collegamento fra due culture. Invece, caro Giorgio, credo lei abbia preso un abbaglio sul fatto che Girard dica che i giainisti indiani dovevano aver conosciuto la Bibbia. In primo luogo perché nel domanda-risposta di pagina 167 non si parla di Bibbia ma di cristianesimo. Essendo il giainismo precedente in cristianesimo, non credo Girard sia uno studioso sprovveduto a tal punto da sostenere che il gianismo ha attinto al pensiero cristiano!
    Lei mi scrive: “Girard dice che Platone in Egitto deve avere conosciuto la Bibbia ed esserne stato influenzato. Se così fosse, perché non dirlo?”. La verità, caro Giorgio, è che Ebrei e Greci si sono ampiamente detestati almeno fino alla fine del II secolo della nostra era.
    Fra i due popoli esisteva un odio neanche nascosto. Gli Ebrei si sentivano depositari della verità rivelata dall’unico vero Dio ed il popolo eletto, mentre dal canto loro i Greci consideravano gli Ebrei alla stregua di povera gente rozza, senza cultura. Legga gli Atti e si renderà conto cosa i Greci pensassero di Paolo e della sua predicazione. L’odio ed il disprezzo che i due popoli nutrivano l’uno per l’altro sarà inoltre la causa di una serie di guerre sanguinose nell’Oriente romano a partire dal I secolo d.C.. Lei crede che, se davvero Platone fosse stato influenzato dalla lettura dei passi di Isaia, avrebbe avuto il coraggio di confessare di essersi ispirato al testo di un libro scritto da un popolo che i Greci consideravano sottosviluppato?
    Infine non ho assolutamente capito questo passaggio: “Non mi fraintenda, ritengo Cristo uno dei più grandi maestri dell’umanità, ma quello che ha fatto è stato rovinato dalla chiesa che ha falsato il suo messaggio al punto tale che oggi un cristiano non può fare altro che scegliere chi imitare, senza nessuna possibilità di poter ottenere un’autentica libertà, neanche dopo anni e anni di lavoro interiore, costretti ad essere per sempre l’imitazione di una imitazione di una imitazione… Per me una religione che dice questo è una religione per disperati (la religione cristiana coma la vede Girard)”
    La saluto cordialmente

  70. Caro Pablo, guardi le cito subito la pagina incriminata di origine della cultura: “Esistono fonti affascinanti, ma finora inesplorate di collegamenti storici tra giainismo e giudaismo.
    La testimonianza si trova in Frazer che riferisce della presenza di versioni della storia di Salomone, così centrale nella versione giudaico-cristiana, in testi giainisti. La somiglianza è talmente sorprendente che si potrebbe parlare di effettivi contatti tra la cultura giudaica e quella cristiana” (pag.168).Come vede non si parla dei Vangeli ma dell’Antico Testamento, e sono versioni della storia di Salomone ad essere nei testi giainisti, quindi…Comunque controllando le date mi sono reso conto che Mahavira è vissuto ai tempi di Buddha, credevo fosse del 300 Ac, mi ricordavo male.
    Si trattasse solo dei testi giainisti…ma no per questa gente quà l’orfismo, Platone sono stati influenzati dalla Bibbia.Guardi qui siamo alla follia, anzi alla fede, per credere una cosa così bisogna proprio averne tanta di fede e cerco di spiegarmi: Platone dice che se esistesse un uomo perfetto questi verrebbe sicuramente ucciso, e per Girard, Platone questo non può che averlo imparato dalla Bibbia, dai passi sul servo del signore di Isaia per l’appunto, e questo nonostante non ci sia nessun riferimento di Platone e di nessuno storico riguardo la possibilità di un incontro tra Platone e la cultura ebraica. Cioè Socrate non esiste, Girard stesso dice che Socrate si avvicina molto a questo tipo di uomo ma per Girard Platone questo non lo capisce tanto è vero che per Girard Platone non trae questa idea dalla morte ingiusta di Socrate, ma da un testo ebraico, e questo in un suo viaggio in Egitto. Hanno ucciso Socrate e Platone testimonia la sua innocenza in un libro. Cioè a Pietro non sono bastati anni e anni di insegnamento di Cristo per non farsi fuorviare dalla folla nel momento decisivo mentre a Platone è bastato leggere un passo della Bibbia per potere testimoniare la verità? Secondo Girard Cristo doveva essere veramente un pessimo maestro (o Pietro un pessimo allievo, infatti lo fanno capo della chiesa).
    E cosa dice Girard riguardo a Socrate (ho trovato il passo che le citavo, è in Anthropoietics II)?
    “Se si guarda la morte di Socrate, si vede che il filosofo non soccombe mai al meccanismo del capro espiatorio. Sempre i filosofi vedono che Socrate è innocente, e sempre lo difendono contro la città, per me questa è la differenza tra Platone e i Vangeli.
    Il paradosso supremo dei Vangeli è che la rivelazione non dovrebbe mai accadere. E perciò l’opera di Platone non è una rivelazione del meccanismo del capro espiatorio dal momento che la sua filosofia ne è immune”.(??????)
    Allora cos’è? C’è un libro dove si parla della morte di un’innocente, dove questo innocente dichiara la sua innocenza (in maniera molto più chiara che Giobbe che invece lui si vacilla)ma questa non è una rivelazione del capro espiatorio perchè Platone avrebbe dovuto far vedere che tutti lui compreso lo avevano creduto colpevole. A parte il fatto che non è vero che nei Vangeli c’è l’unanimità contro Cristo, questa è una invenzione di Girard, l’unico che vacilla e per pochi minuti è Pietro, degli altri i Vangeli non dicono niente, e se guardiamo il Vangelo di Giuda li si dice che Giuda ha tradito Cristo per ordine di Cristo stesso. Ma siccome all’ultima cena Cristo dice che tutti gli apostoli lo rinnegheranno (magari lo diceva perchè non voleva si facessero uccidere), allora anche se nei Vangeli non c’è scritto tutti lo devono avere rinnegato, anche le donne che all’ultima cena non c’erano.Questa è mitologia.
    Riguardo poi la presunta influenza tra greci ed ebrei io non ne parlo, io parlo del nostro mondo e nel nostro mondo la scienza, la filosofia, la logica, la storia, l’arte ci vengono dai greci, e ora le chiedo che cosa ci viene di specifico dagli ebrei? Il messaggio cristiano? E in che cosa il messaggio cristiano si differenzia dal messaggio zoroastriano, orfico,etc? In niente! E allora…, cosa ha detto o fatto di specifico Cristo? Ha abolito i sacrifici umani? No, sono stati aboliti prima. Ci ha mostrato l’innocenza della vittima? Ok, ma non è stato il solo, ci ha dato una nuova religione? No, la religione cristiana se la è inventata la chiesa, non ha niente a che fare con l’insegnamento di Cristo. Insegna ad essere meno violenti? Lo siamo di più. Cristo ci portava la spada ma ci dava anche i mezzi per non usarla, il ricordo di sè, la chiesa ha cancellato il ricordo di sè e si è tenuta la spada.
    Riguardo poi come i greci abbiano trattato Paolo, beh, i greci non erano ne’ migliori, ne’ peggiori degli altri popoli,e comunque ho letto il Vangelo ed è un libro bellissimo, un libro incredibile,vi è una consapevolezza enorme in Cristo, quello che dice lo dice meglio di tutti, ma sostanzialmente quello che dice è simile a quello che dicono tanti altri e lo dico con tutto il rispetto possibile, Cristo fa parte di un movimento spirituale che comin cia millenni prima di lui, e se mi chiedesse quanto questo movimento ci ha influenzato, le risponderei totalmente, ma questo movimento è “internazionale” e conta al suo interno i più grandi uomini dell’umanità non solo Cristo. Pensare come Girard che Cristo venga da solo e che tutti quelli venuti prima siano poca cosa se non mitologia, è mitologia. Tra Girard e Fornari che credono nell’unicità del cristianesimo e i primitivi che si credevano gli unici ad essere usciti dal sacro che differenza c’è? Mi conceda un esempio stupido ma se l’Italia avesse vinto i mondiali di calcio per lei avrebbero vinto tutti i giocatori o solo quello che fa gol in finale? E quelli che hanno segnato in semifinale? E quello che ha fatto il passaggio gol? E il portiere che para il rigore? Ma i cristani (come i bambini) nella loro cecità vedono solo chi ha fatto gol in finale e si dimenticano Osiride (nel mito muore da innocente, già qui c’è qualcosa che non torna nella mitologia girardiana),Ermete, Akhenaton, Zoroastro, Orfeo o meglio gli orfisti, e poi certo anche chi ha scritto la Bibbia e infine Cristo. E mi riferisco solo all’occidente.
    Riguardo all’ultima domanda, guardi le dico che il cristianesimo che predica Girard è un cristianesimo dove non ci può essere crescita spirituale, o dove l’unica crescita consiste nello scegliere chi imitare (ad es. p. 179 di origine della cultura , ma anche in tanti altri libri), nessuna possibilità di essere se stessi, nessuna possibilità dopo un lungo lavoro di sviluppare una coscienza che ci permetta di essere qualcosa di diverso da dei burattini. E guardi che questo non era l’insegnamento di Cristo, Cristo come pochi ti faceva sentire la tua presenza solo con la sua presenza. Il cristianesimo è una religione snaturata. Mi scusi, ma lei si fiderebbe a lasciare sua figlia o suo figlio nelle mani di un prete? Questo è il cristianesimo, più disperati di così.
    un saluto e mi scuso per gli errori ma sono troppo stanco per rileggere, e poi tanto li vedo sempre solo dopo che ho inviato il commento.

  71. Ho riletto il tomo che ho scritto, e ritengo doveroso chiarire che disperati non riguarda tutti i preti ma solo quelli per cui effettivamente si hanno buone ragioni per non lasciare i propri figli, e che una religione che ha questi ministri non è una religione sana è una religione malata.

  72. oops, sono proprio imperdonabile, all’inizio del mio ultimo intervento la citazione di Girard è come si sarà capito sbagliata, non effettivi contatti tra la cultura giudaica e quella cristiana, ma tra la cultura giudaica e quella giainista ovviamente.

  73. Caro Giorgio,
    Non discuto che, forse, in taluni passaggi, si possa di parlare di toni o contenuti eccessivamente apologetici da parte di Girard e Fornari. Però lei mi sembra intraveda questo presunto fanatismo ideologico dei due anche là dove non c’è. Mi personera la schiettezza con la quale parlo. Sono convintissimo che sia Girard sia Fornari estremizzino il loro pensiero in taluni punti. Detto questo, però, mi sembra, e non capisco francamente perché, lei cerchi in molte maniere di minimizzare e quasi annullare il ruolo fondamentale del cristianesimo sulla civiltà occidentale. La nostra storia è stata tutta influenzata dal cristianesimo. Tutta la storia dell’Occidente è radicata negli avvenimenti accaduti a cavallo tra il III e il V secolo. Io in questo mi differenzio molto da Fornari e Girard e in genere dagli intellettuali, i quali finiscono per confondere la storia delle idee con la storia degli uomini. E la storia dell’Occidente parla chiaro: essa è radicata nella storia del cristianesimo. Dove? Nella sua struttura religiosa e politica, ad esempio, con la distinzione fra autorità religiosa ed autorità politica, fedele all’insegnamento di Gesù (“Date a Cesare quel che è di Cesare…). Tutta la storia politica e religiosa dell’Europa è segnata da questo insegnamento. Ed è grazie al cristianesimo che, in tutto l’impero romano, furono aboliti ufficialmente i sacrifici. Al momento non posso produrre il testo che ne parla in maniera chiara. Spero di indicarglielo prossimamente.

  74. Caro Pablo, in Delle cose nascoste Girard distingue tra un cristianesimo sacrificale e un cristianesimo non sacrificale. La nostra storia è stata influenzata sicuramente moltissimo dal cristianesimo sacrificale, pensi, ancora oggi, a quanto mi risulta non è ancora stata abolita la Bolla papale “Inter Coetera” del 1493, bolla che giustificava e giustifica l’imperialismo colonialista sui popoli non cristiani, si rende conto? Non è ancora stata abolita.
    Non si passi per non sacrificale ciò che è sacrificale, questo è un errore gravissimo, che potrebbe avere implicanze enormi.Girard stesso preoccupato com’è di essere fedele nei suoi scritti all’ortodossia cristiana (ad es. La vittima e la folla pag.92)finisce con il difendere un cristianesimo sacrificale, diventandone a sua volta un influente ideologo.
    L’errore più grave di Girard (che comunque secondo me è in buona fede)è credere che basti l’imitazione di Cristo per non essere sacrificali, ma questa è una corbelleria, per non essere sacrificali bisognerebbe seguire l’insegnamento che Cristo dava ai suoi discepoli che è una cosa molto diversa dalla semplice imitazione, e questo non per pochi mesi, ma per anni.
    Pensare che il cristianesimo sia l’unica religione uscita dal sacro rende il cristianesimo ancora sacrificale, ed è a questo che Girard dedica la seconda parte della sua carriera di intellettuale; se ho dell’astio nei suoi confronti è perchè le dico francamente, leggendo Euripide (a parte Le baccanti), L’apologia di Socrate e altro, solo dopo avere letto la quasi intera opera di Girard, mi sono sentito veramente ingannato (sul mondo occidentale, sulle filosofie orientali che conoscevo, già non ero d’accordo con lui), e non sto scherzando, Girard quando parla dei greci nasconde la verità con sottili e meschini sotterfugi. Ha mai letto L’apologia di Socrate? Mi dica lei…
    Ho frequentato per molto tempo una scuola che si fondava sugli insegnamenti di Gurdjieff, e li si che si insegnava un cristianesimo non sacrificale. Panikkar è un esempio di cristianesimo non sacrificale, un cristianesimo che vede i suoi stessi principi anche in altre filosofie o religioni, che non crede , come i primitivi, di essere l’unica religione ad essere uscita dal sacro.
    Allo stesso modo, vedere nel cristianesimo il motore della storia occidentale, che mostrando con Cristo, l’innocenza della vittima, mette in moto tutta una serie di dinamiche antisacrificali, che sono per l’appunto la nostra storia, significa a mio avviso fare lo stesso errore. Se queste dinamiche antisacrificali erano presenti anche nella cultura greca ad esempio, non si può dire che le dinamiche antisacrificali del mondo occidentale siano state influenzate esclusivamente dalla morte di Cristo. Per credere questo bisogna credere che i greci non abbiano mostrato l’innocenza della vittima, ma siccome l’hanno mostrata allora è chiaro che le dinamiche antisacrificali sono state innestate non solo dal cristianesimo, ma anche dal mondo greco, e guardi che tutti sanno che la cultura occidentale è un mix di greco-cristiano. E’ per questo che Girard è tanto preoccupato di dimostrare che Platone e l’Orfismo sono stati influenzati dalla Bibbia, perchè se questo non fosse vero, e non lo è, allora non sarebbe vero che è unicamente il cristianesimo a mostrare l’innocenza della vittima e conseguenzialmente non può essere solo il cristianesimo ad avere messo in moto certe dinamiche storiche come la desacralizzazione del mondo.
    Anzi a dirla tutta se è vero che i greci(dove nasce la democrazia?) e gli ebrei sono stati influenzati dagli egiziani, bè allora forse è da lì che bisognerebbe partire, dalle piramidi…
    Si è mai chiesto perchè uomini come ad es. Campanella, Giordano Bruno e tanti altri abbiano subito torture inumane da parte della chiesa solo perchè professavano un cristianesimo egiziano? Chi era sacrificale, la chiesa o questi grandissimi uomini?
    Lei sa che le rivoluzioni moderne americana e francese sono state fatte da persone che appartenevano ad una massoneria che si rifaceva alla religione egizia? Lei sa che Parigi e Washington sono piene di simbologie egizie?
    Oggi sono in atto tentativi reazionari ed eversivi per toglierci i diritti che ci siamo conquistati grazie a queste due rivoluzioni, e sa chi è uno dei pensatori che più influenza (senza farne parte sia chiaro) questi signori (ed uso il termine nella sua accezione più estesa)?

  75. @Giorgio: forse capisco cosa vuole dire…per cio’ che riesco a capire,i buoni e i cattivi forse, ci sono dappertutto. Alcuni gnostici non cristiani ritengono che alcune delle organizzazioni egiziane che lei cita non siano vie bianche.io non nutro opinione su cio’ che non conosco. Pero’:, ogni religione ha la sua controparte esoterica (mistica ebraica, sufismo, buddhismo, taoismo…)…il cristianesimo e’ l’unica religione che non ce l’ha. O non ce l’ha piu’, ufficialmente. E’ chiaro che l’esoterismo massonico rappresenta un’eccezione rispetto all’esoterismo che siamo abituati a vedere. E concetti come diritti umani sono la conseguenza di questo movimento, io credo. Forse anche il progresso scientifico, che ammiro. Il mio sogno pero’ sarebbe pure vedere un cristianesimo umanista, quello dei rinascimentali, quello di Pico. Non mi ha mai convinto la spaccatura occidentale fra essoterico e esoterico. Forse da un punto di vista taoista, entrambe le prospettive, confliggendo e assumendo un carattere esclusivista, quindi fondamentalista rischiano di non portare dove dovrebbero, ma questo che dico e’ del tutto discutibile.Insomma, credo che l’armonia sia importante per qualsiasi via e nel cristianesimo per qualche oscura ragione si e’ persa ed e’ irrecuperabile..ma dato che non devo parlare di cio’ che non so, e non devo presumere di sapere, chiedo sl lettore di non dare troppo peso alle mie affermazioni. Praticavo buddhismo shaolin con un insegnante, ritengo che l’oriente possa insegnarci l’armonia. E la chiarezza, laddove nel percorso del cristianesimo esoterico e successivi sviluppi non sempre abbiamo visto chiarezza, piuttosto
    Segretezza…che non e’ detto sia male intendiamoci. Auguro a tutti un cammino radioso sulla loro via.

  76. Egregio Piergiorgio,si sono convinto anch’io che la storia egiziana sia poco chiara, penso che lotte, conflitti, intrighi e violenze siano state all’ordine del giorno, basti vedere il numero di dinastie che si sono succedute nel tempo. Penso però che a livello sotterraneo, nascosto, o che emergeva solo quando era possibile, tipo con Akhenaton, ci sia stato questo movimento cristiano o bianco, come lei lo definisce, non sacrificale dal quale ha avuto origine il cristianesimo.
    Sul Tao sono d’accordissimo con lei, penso che sia la filosofia non sacrificale per eccellenza, qui siamo a mio avviso agli stessi livelli di grandezza spirituale del buddhismo e del Cristo. Girard, nella Violenza e il sacro arriva molto vicino al Tao, mostra la complementarietà di tutta una serie di opposizioni che è veramente notevole, con lui il pensiero occidentale esce veramente per la prima volta dalla metafisica, dalla logica parmeneidea dell’essere e del non essere, arrivando a capire parzialmente Eraclito vero taoista, cosa che Heidegger non è riuscito a fare non riuscendo mai ad oltrepassare Parmenide.
    Anche in Delle cose nascoste esprime un concetto veramente taoista, quando mostra come la sua teoria sia l’unica che mostra tutti i pensatori a lui precedenti come ricercatori imprescindibili per la sua “scoperta” del capro espiatorio. Come nelle scienza.
    Poi dopo questi due capolavori si perde e diventa veramente parziale e bigotto. Da dove si è perso lui, bisogna partire noi.

  77. Se foss vero che Cristo rappresenti il sole…beh, si comprende anche il discorso bene vs male.
    ritornando al discorso del bianco e eel nero, non penso che la luna sia male. Il “male” e’ fare agli altri cio’ che non vogliamo sia fatto a noi. E non cercare pa pace, pa salute, la felicita’, il progresso spirituale…

    Causa ed effetto.

  78. L’interpretazione del sole come popolo di Dio forse e’ ulegata piu’ che alle tradizioni religiose, a una visione ebraica cabbalistica, o umanista laica….comunque una visione demitologizzata e quindi areligiosa degli eventi storici,messianica, quella del regno di Dio sulla terra…pero’ non penso sia l’unica interpretazione esoterica valida per correlare astrologia ed eventi storici. E’ un’interpretazione estranea al pensiero orientale, forse; e avrei dubbi anche su quello islamico. Perdonatemi se dovessi dire sciocchezze, cose inesatte…Sono qui totalmente nel campo delle ipotesi.

  79. Caro Giorgio,
    Lei scrive commenti lunghi e complessi, molto interessanti ma che, questa è la mia umile impressione, finiscono per toccare argomenti molto lontani fra di loro, alcuni dei quali estranei alla teoria di Girard.
    Proverò ora a risponderle isolando alcuni temi da lei toccati, ma, glielo anticipo, muoverò una critica non solo a lei ma anche a Girard, almeno nella maniera in cui sia lei sia Girard analizzate il cristianesimo e la sua storia.
    Prima di iniziare, mi permetta di consigliarle la lettura di tre libri: il primo è in inglese e non è mai stato tradotto (almeno mi pare). Ci sono punti interessanti in questo libro in merito al pensiero di Girard. Non è un libro che vale la pena comprare a meno che non si sia particolarmente interessati a Girard: Politics & Apocalypse. Si tratta di un libro di circa 230 pagine, di cui però solo 20 pagine scritte da Girard. Raccoglie gli interventi di alcuni studiosi presentati nel corso di una conferenza. Io ho trovato questo libro per caso, nella bibliografia di un saggio su Girard, ma non ricordo quale. È un testo complesso in quanto, oltre a leggere la parte di Girard ma anche gli altri interventi, fa fare, secondo me, un passo avanti nella teoria mimetica. Un secondo testo che le consiglio (ma che io non ho ancora letto) è un testo scritto da Giuseppe Fornari dal titolo René Girard e la filosofia. So che lei non apprezza Fornari, ma io credo sia utile per comprendere la distanza fra la teoria girardiana e la filosofia. Infine le consiglio un testo che ho già citato scritto da Renato Ammannati. Si tratta di un’interpretazione dell’Apocalisse di Giovanni utilizzando la teoria mimetica. La seconda parte del libro è quella che più ci interessa, perché da pagina 260 circa interpreta alcuni capitoli dell’Apocalisse utilizzando la teoria di Girard, seppure parzialmente riveduta. Ma più interessante è forse l’ultima parte, perché getta le basi per una nuova interpretazione della storia secondo la rivelazione evangelica, cercando di evidenziare la distanza fra pensiero greco e rivelazione evangelica. Glielo dico in anticipo, credo non si troverà d’accordo su nulla con l’autore, il quale mi sembra cerchi proprio di evidenziare la distanza fra pensiero greco e cristianesimo. Ma soprattutto, l’autore di questo libro mi sembra demolire proprio il contenuto del suo commento.
    Il suo grande errore (l’errore di lei, Giorgio), mi sembra sia quello di non saper scorgere una traccia antisacrificale nella storia del cristianesimo e della comunità che la Rivelazione incarna. La comunità dei cristiani (cioè la chiesa cristiana), nonostante gli errori commessi da essa nel corso dei secoli, rimane ANCHE la storia di questo evento antisacrificale che ha cambiato la storia dell’Occidente e che trova la sua origine nella Passione di Gesù. Quando lei dice che Girard cerca di difendere l’indifendibile, cioè certi aspetti della storia della comunità cristiana, tipici di qualsiasi religione sacrificale, io le potrei rispondere che lei ha forse ragione. Tuttavia sarebbe ingeneroso sostenere che tutta la storia della chiesa (e io per chiesa intendo la comunità dei cristiani, perché ekklesia, da cui il termine chiesa discende, significa proprio comunità) sia nient’altro che una storia sacrificale. Vedere in questa luce la storia della chiesa e dei cristiani significa avere una visione manichea del mondo degli uomini. Per cui si vedono le cose o tutte bianche o tutte nere, rischiando di ricadere ancora una volta nel sacrificale. Se diciamo che la chiesa e la sua storia non è altro che un’enorme sequenza di atti sacrificali, non facciamo altro che colpevolizzare oltre ogni limite quegli uomini che, in modo imperfetto (perché imperfetti sono gli uomini) incarnano la vicenda della Passione, cioè la vicenda di un uomo senza imperfezioni. E non è un caso che, sul piano sociale e religioso, questa linea antisacrificale nella storia del cristianesimo è perfettamente leggibile, seppure accanto a decisioni ed avvenimenti di natura sacrificale: mi riferisco ad esempio all’interdizione dei sacrifici, che solo il cristianesimo, una volta installatosi ai vertici dell’impero romano riuscì ad abolire ufficialmente in tutto il mondo antico, attraverso le leggi dell’imperatore Costanzo II. Io credo che sia lei, caro Giorgio, sia Girard sia Fornari cadiate nella trappola di far coincidere la storia dell’umanità con la storia delle idee, mentre la storia dell’umanità è storia di decisioni politiche. Questa è la storia reale, la storia degli uomini. Girard, come Fornari, non si accorge talvolta di scivolare dalla storia degli uomini verso la storia delle idee.
    Ma tornando alla mia precedente critica nei suoi confronti, Giorgio, traspare nella sua visione del cristianesimo proprio questa visione ancora mitica (e perciò sacrificale) della storia. Da una parte tutto nero, cioè la chiesa con le sue storture e i suoi atti scellerati, dall’altra “un mondo di luce” e di gesti nobili che hanno portato diritti e libertà. Mi riferisco qui a quanto lei dice in un suo passo: “Lei sa che le rivoluzioni moderne americana e francese sono state fatte da persone che appartenevano ad una massoneria che si rifaceva alla religione egizia? Lei sa che Parigi e Washington sono piene di simbologie egizie?
    Oggi sono in atto tentativi reazionari ed eversivi per toglierci i diritti che ci siamo conquistati grazie a queste due rivoluzioni, e sa chi è uno dei pensatori che più influenza (senza farne parte sia chiaro) questi signori (ed uso il termine nella sua accezione più estesa)?”
    Caro Giorgio, le consiglio davvero una grande lettura, un libro di scritto da Reynald Secher, dal titolo Il Genocidio vandeano – Il seme dell’odio. Questa sì che è una preziosa lettura. Si legga come quegli onesti rivoluzionari e massoni, nel gennaio del 1794, non si fecero scrupolo di ordinare e portare a termine la distruzione totale della Vandea al grido di “Libertà, fraternità, uguaglianza, o morte”. Uomini, donne e bambini, per il solo fatto di essere rimasti fedeli al re e alla chiesa, furono oggetto di quello che oggi è oramai considerato il primo genocidio ideologico della storia. Si legga la biografia di Secher, al quale, dopo la pubblicazione di questo libro che distruggeva “il mito buono” della Rivoluzione francese, fu impedito fino ad oggi di accedere ad ogni carica pubblica di insegnamento, reo soltanto di aver demolito quel mito che la Massoneria francese aveva sapientemente costruito. Si legga come la Massoneria ha distrutto le copie del saggio di un comunista ante litteram quale era Gracco Babeuf, il quale già allora aveva denunciato i crimini in Vandea.

  80. Gentile Piergiorgio,
    Non è affatto vero che il cristianesimo non sia una religione esoterica o non abbia una controparte esoterica. Anzi, l’elemento esoterico è presente fin dalle origini del cristianesimo. Se legge i vangeli, Cristo stesso non rivelava tutto a tutti ma solo a ristrette cerchie di individui, spesso i dodici apostoli. Quindi è errato parlare di assenza dell’elemento esoterico nella Rivelazione cristiana. Questo, però, mi sembra un tema che ha poco a che fare con la teoria mimetica di Girard

  81. Caro Pablo,
    ho l’impressione di essere stato parzialmente frainteso e lo dico sapendo benissimo che la responsabilità è mia, nel senso che a volte forse salto dei passaggi nelle mie spiegazioni, cercherò di non ripetermi.
    Non è che voglia negare che esista un cristianesimo non sacrificale, questo movimento esiste ma io non lo vedo rappresentato dalla Chiesa, che rappresenta invece a mio avviso la controparte sacrificale, poi è chiaro non credo che sia tutto bianco o tutto nero, ma non credo neppure che i grigi siano tutti uguali.
    Un errore di Girard è quello di non credere all’inconscio, mentre per me la storia del cristianesimo non sacrificale è inconscia, quella che Heidegger chiama la storia dell’essere è qualcosa di molto simile al progressivo svelamento dell’innocenza della vittima.
    Cristo morendo in croce ci fa venire il dubbio, il sospetto che la vittima sia innocente, ma noi parliamo in questi termini oggi, dopo duemila anni, prima di Girard (a suo onore)nessun cristiano parlava di storia dell’Occidente come progressivo svelamento dell’innocenza della vittima, perchè nessuno a livello razionale si rendeva conto che era questa la verità nascosta che stavamo cercando. E’ con Girard che questo movimento diventa razionale e tematizzabile. Prima il cristianesimo non sacrificale non esisteva come concetto e quindi se il vero cristianesimo è quello non sacrificale, veri cristiani erano coloro che in un modo o nell’altro erano interiormente animati da questa ricerca e paradossalmente ma neanche troppo i veri cristiani non potevano che essere gli atei.
    Prima di Girard la morte di Cristo in croce non era percepita da nessuno (a livello essoterico)per quello che era, nessuno interpretava la morte di Cristo come un tentativo di mostrare agli uomini l’innocenza di tutte le vittime e la violenza dell’uomo. L’interpretazione della chiesa era un’interpretazione necessariamente sacrificale, come poteva essere diversamente? Si dice che Cristo è morto per assolverci dai nostri peccati, ma questo solo dopo Girard viene inteso nel senso che Cristo è morto per mostrarci la nostra violenza e che il peccato originale sono i sacrifici umani, prima i cristiani, tutti i cristiani credevano in un Dio sacrificale esattamente come tutti i credenti delle religioni mitiche e davano un’interpretazione sacrificale alla morte di Cristo.
    Quale era l’unico modo in cui, prima di Girard, si poteva manifestare il proprio dissenso da questa interpretazione sacrificale? Rifiutare un tale Dio: l’ateismo è necessariamente il primo passo che ogni vero cristiano doveva fare, ma nessun cristiano lo ha mai fatto, tutti i cristiani hanno sempre adorato il loro dio sacrificale senza ribellarsi, mentre gli unici a ribellarsi sono stati coloro che seguendo una morale superiore quella non sacrificale, si sono rifiutati di credere ad un dio sacrificale. Non è un caso che tutti i filosofi che più hanno lavorato per rivelare la verità cristiana fossero atei, non è un caso che l’ateismo sia un fenomeno occidentale (i greci che rifiutavano la concezione degli dei come sacrificali erano accusati di empietà, cioè di ateismo). Chi si avvicina di più a Girard? I maestri del sospetto, che erano tutti atei.
    Riassumendo: per essere un cristiano non sacrificale bisogna prima non essere un cristiano sacrificale, ma i cristiani non hanno mai fatto questo passaggio, non hanno mai avuto il coraggio di rifiutare una religione sacrificale, la carota del paradiso penzola perennemente davanti ai loro occhi, in nome di una morale superiore, mentre gli atei si, loro hanno avuto questo coraggio di ribellarsi, hanno rifiutato il paradiso sacrificale in nome della morale cristiana, loro sono i veri cristiani. Poi oggi escono questi fenomeni alla Fornari tutti fieri di avere scoperto che il cristianesimo aveva ragione, senza capire che proprio grazie a Girard non potranno più avere il coraggio di fare il salto nel vuoto dell’ateismo, che era l’unica possibilità che avevano di diventare veri cristiani. Infatti Fornari è sacrificale, anzi è ipersacrificale (noi caro Pablo siamo solo sacrificali), non ha mai avuto il coraggio di fare il grande salto quantico. Nel Vangelo mi sembra di ricordare esiste un concetto simile, dove si dice che chi vuole conquistare il Regno di Dio deve prima essere disposto a rinunciarci, questa è la rinuncia che i cristiani non hanno mai voluto fare, quindi per loro niente Regno di Dio. Scherzo, dai anche per loro il paradiso. C’è una storiella orientale che narra che quando Buddha morì si presentò davanti a San Pietro, il quale ovviamente gli aprì i cancelli del paradiso, ma rimase sorpreso nel vedere che Buddha non voleva entrare e gli chiese il perchè: la risposta di Buddha fu che sarebbe entrato solo dopo che fossero entrati tutti, tutti (anche Fornari) gli uomini.E’ per questo dice la leggenda che Buddha continua a ritornare sulla terra, per salvare tutti gli uomoni. I cristiani invece per gli atei si sono inventati l’inferno. Più risentimento di così.
    Riguardo la rivoluzione francese, anni fa ho letto qualcosa riguardo la strage vandeana, se non ricordo male fu Robespierre a volerla (potrei ricordarmi male). Senza dubbio furono crimini orribili, ma questo non significa che la rivoluzione francese non abbia rappresentato un salto quantico nella storia dell’umanità. Guardi se le ho tirato fuori questo argomento non è stato per uscire dal seminato, ma solo per mostrarle che non era vero che la democrazia ci è stata data dal cristianesimo come dice Girard, anzi se come dice lei vogliamo guardare la storia reale, la chiesa ovviamente si è opposta alla democrazia in tutti i modi, mentre se guardiamo alla storia inconscia bè allora si il cristianesimo ha contribuito anch’esso, i massoni alla Voltaire erano atei.
    Riguardo i libri che mi ha consigliato alcuni li inserirò nella lista dei libri da leggere (bè Fornari proprio no), le dico però che è una lista lunghissima e che francamente comincio ad essere stanco di leggere su questi argomenti, comincio a sentire il bisogno di passare ad altro, un saggio che però mi sono scaricato è quello di Gallese (quello dei neuroni specchio), la doppia faccia della mimesi.

  82. Salve a tutti,

    sono uno studente di filosofia della Statale di Milano. Attualmente sono al terzo anno, e sto cercando un argomento per la tesi. I miei interessi tendono ormai più verso l’antropologia che sulla filosofia “in senso stretto”, e mi sto documentando sul confronto tra Réne Girard e l’antropologia (verrebbe da dire, “Anche Girard è un antropologo”, beh, su questo mi pare che gli antropologi in generale, soprattutto quelli che hanno fatto lavoro di campo, abbiano parecchio da ridire).

    Per caso sono incappato in questo sito e in questo post, e mi pare che sia seguito da gente che ha una buona conoscenza di Réne Girard e dei suoi lavori, così come delle critiche che gli sono state fatte, quindi vorrei sottoporvi il mio dilemma.

    Qualcuno saprebbe indicarmi testi, articoli, autori, ecc… di antropologi che hanno svolto critiche di qualsiasi genere al pensiero girardiano? Ho bisogno di materiale di questo tipo, ma su banche dati come Anthrosource pare che Girard sia considerato alla stregua di un “paria” intoccabile, e non trovo nulla che lo riguardi. In rete ho rintracciato soltanto i lavori di pochi antropologi filo-girardiani (Mark Anspach, Georges Hubert de Radkowski), ma nessuna sostanziosa critica proveniente dall’ambito antropologico (per esempio mi ha stupito che, considerati gli affronti mossi da Girard a Lévi-strauss, quest’ultimo non abbia mai ribattuto con la stessa forza, anzi, pare che non abbia proprio accolto il confronto).

    Un ringraziamento anticipato a quanti si prenderanno la briga di rispondermi,

    Francesco

  83. Salve,
    Ho letto per caso il suo intervento (non visitavo questo sito da più di un anno…). Per quanto riguarda le critiche a Girard, beh, a dirgliela tutta, non conosco molti antropologi che hanno tentato una critica sistematica alla teoria del francese. Sicuramente un autore critico è Walter Friedrich Max Burkert. Nel sul saggio La creazione del sacro – Orme biologiche nell’esperienza religiosa, l’autore affronta criticamente la teoria girardiana per quanto concerne la nascita della religione e la sua relazione con la violenza sul capro espiatorio. Molto critico è Davide Lopez in Il desiderio, il sacrificio, il capro espiatorio. Lopez però è uno psicoanalista e non un antropologo. Critica al pensiero girardiano si rintraccia anche nel libro Rivelazione e storia. Ermeneutica dell’Apocalisse di Renato Ammannati (anche qui viene messa in dubbio la parte finale del meccanismo della mimesi violenta). Dubbi simili sono avanzati anche da un teologo austriaco, Raymund Schwager. Il testo è in tedesco ma mi pare esista una traduzione in inglese. Alcune critiche, seppure marginali e da un punto di vista esclusivamente storico e teologico sono presenti in un altro libro: La fine del sacrificio di Guy Stroumsa.
    Per quanto riguarda Levis Strauss, un uomo che non ha il coraggio di confrontarsi con le idee di un altro, è un uomo che vale poco. Come studioso nulla da eccepire, come uomo no. Ma la questione sarebbe lunga da affrontare…
    Se le va, rimaniamo in contatto qui sopra. Sarei interessato a sapere da lei se ha trovato qualche testo critico

  84. Buongiorno a tutti, non sono uno storico del mito, né un etnologo, prendete quindi la mia opinione da esterno. Lavorando in teatro, con la materia viva del testo, il filtro girardiano sul testo drammaturgico, non solo aiuta ad un’analisi profonda e alquanto concreta regista e attori, ma resta, per il momento, l’unico strumento attuabile sulla tragedia greca. Girard è il solo filosofo che ha dato degli strumenti concreti e oggettivi per togliere alla rappresentazione teatrale un’aria romantica e pacificatoria della tragedia, ha riagganciato la catarsi ad una fenomenologia sinistra dell’essere umano di creare un coro coercitivo e mimetico. Girard ha dato al teatro una possibilità di distruggere un’idea fasulla e arcadica del mondo greco, fin troppo idealizzato. Mostrandoci una differenza abissale tra mito e testo sacro, ce ne mostra paradossalmente le somiglianze e per chi si occupa di teatro, credetemi, non è poco. Ho messo in scena a Siracusa Ippolito portatore di corone con la traduzione del maestro Sanguineti, qualche anno fa. Mi spiace di aver letto tardi Girard e essermi concentrato sulle letture classiche e universitarie, meno semplicistiche forse (ma dipende da che punto di vista leggi Girard) ma veramente inutili alla creazione teatrale. Per noi che facciamo Teatro, Girard è una scoperta importante, distrugge il mito e questo ci aiuta a ricomporlo. Senza questo importante pensatore non sarebbero nati spettacoli storici come le Baccanti di Ronconi, recitato dalla magistrale Marisa Fabbri. Mito, violenza e teatro hanno una medesima e misteriosa radice nel labirinto cretese. Tutto sicuramente si è mosso rispetto ad una casualità e aggiustamenti storici, molto lontati dal pensiero girardiano, ma Girard resta l’unico che ha strappato il velo. Non parlo di verità religiosa, e non nascondo una certa lontananza del diktat girardiano, ma è esemplare la sua analisi oggettiva non solo dei tragici, ma anche dei grandi testi shakesperiani (non è più possibile leggere Macbeth o il Sogno senza pensare a lui) e dei romanzi dostoevskji. Il discorso è lungo e prima o poi dovrò affrontarlo con profondità, visto che il prossimo anno metterò in scena Ifigenia, ma non riesco a capire le critiche a Girard, come non riesco a capire le critiche di Girard alla filosofie o alla psicanalisi. Sono strumenti utili alla profondità, vanno solo usati attraverso la lente giusta, e per noi, sul testo giusto.

  85. Per cominciare, vorrei elogiare l’autore di questo blog, per aver, nel suo piccolo, creato un centro di discussione molto interessante da cui penso si possano trarne interessanti spunti e riflessioni che vanno ben oltre la figura di Girard. Condivido inoltre il suo scetticismo rispetto al clamore e alla fama sorte intorno alle teorie dello studioso Francese sul nesso tra violenza e sacro e su quella di natura mimetica. Di per sé, questi due fatti andrebbero indagati per capire quali sono le ideologie che muovono oggi il mondo intellettuale, facendo una sorta di antropologia della diffusione e successo dei saperi, che molto probabilmente avrebbero cose interessanti da dirci su certe dinamiche sociali che attraversano buona parte delle nostre società cosiddette occidentali. La mia condivisione di questo scetticismo deriva da diverse questioni, se volete di carattere generale, relative alle riflessioni di Girard. Per esempio, rispetto alla questione della mimesi vorrei far notare come sia già presente in parte implicitamente, in parte in modo più esplicito, nel pensiero di Aristotele, in particolare nella Poetica. Qui Aristotele parla della mimesi, imitazione, come fulcro portante della creazione artistica, ma se si legge il De Anima, si vedrà come anche una delle caratteristiche dell’animale sociale/politico siano appunto le facoltà imitative che stanno alla base dell’apprendimento e, in termini più moderni, potremmo dire, dello sviluppo delle facoltà umane in generale. Non capisco dunque dove stia l’eccezionalità di Girard nell’aver, probabilmente in modo inconsapevole, rivisitato/ripreso un concetto che da Aristotele arriva fino a diverse teorie psicologiche contemporanee, che ad oggi vengono ampiamente , tra l’altro, ridiscusse e/o criticate. Aggiungo che Girard evidenzia questa caratteristica come parte della natura umana, commettendo due errori. Il primo, perpetrare una sorta di umanesimo che divide natura e cultura; il secondo, non contemplare studi etologici che già da qualche decennio mostrano, con una buona messe di dati empirici, non solo la capacità imitativa degli altri animali non umani, ma anche livelli di coscienza e complessità linguistico/comunicative molto simili a quelle umane. Del resto, sul concetto di mimesi oltre l’umano, si era già espresso, ben prima di Girard, e in modo magistrale, Caillois, ma stranamente senza la stessa risonanza nel mondo intellettuale. Per quanto concerne La violenza e il sacro, la faccenda è sicuramente molto più complessa. In questo lavoro ciò che più ne rappresenta il grosso limite non solo epistemologico ma generale, è lo scarso riferimento a dati etnografici di un certo rilievo. A parte i riferimenti a Lowie e Malinowski, cioè a lavori degli anni ’20 e ’40 del novecento, relativi a un paio e poco più di popolazioni, c’è veramente poco nel lavoro di Girard. Certo, a suo favore, in questo senso, gioca la storia, cioè il fatto che il libro vide la luce, se non ricordo male, nel 1972, quando ancora gli studi antropologici non avevano la mole di dati di cui disponiamo oggi sia per numero di popolazioni studiate che per aspetti della vita di detti popoli. Però, i lavori sulla violenza presso alcune popolazioni amerindie dell’amazzonia paraguayana, condotti da Pierre Clastres erano ben conosciuti e particolarmente in Francia, patria del suddetto antropologo, dove si mostravano ragioni ben diverse rispetto alla guerra e alla violenza in generale. Poi si potrebbe osservare che il nesso tra mestruo, sangue e violenza, oltre a essere discutibile già in se stesso, non si riscontra così di frequente come sostiene Girard. Per esempio, presso i Turkana del Kenya, c’è pari “dignità” tra sangue mestruale e sperma e nessuna connessione né con la violenza né con l’isolamento della donna, durante il primo ciclo, come in effetti avviene/avveniva presso altre popolazioni. Sempre presso i Turkana, il sacrificio spesso è legato alla vita, in quanto uno dei principali, e credo anche l’unico che pratichino, è l’uccisione di una pecora dopo il concepimento di un bambino/a da parte delle donne. In alcune società dell’amazzonia, come per esempio testimoniano alcuni dati riportati da Descola, i conflitti vengono gestiti attraverso un confronto in cui alcune persone del gruppo vengono investite dell’autorità di fare da sorta di giudici, non imponendo la loro decisione, ma guidando il dialogo affinché le parti (quella offesa e quella “accusata”) dirimano la faccenda, che spesso, anche dietro fatti che potremmo definire gravi, non viene riparata con atti violenti, ma con dei doni, delle concessioni e altre dinamiche che non comportano assolutamente spargimenti di sangue. Da notare come anche la vendetta va circoscritta e letta sempre all’interno di particolari dinamiche culturali, come alcuni casi di cannibalismo le cui dinamiche vengono descritte per esempio dal famoso antropologo italiano Remotti in Contro l’identità. Questi sono solo alcuni esempi per dire che Girard ha enfatizzato degli aspetti innalzandoli a tratti umani diffusi quando invece non solo non sono presenti in tutte le culture, ma laddove se ne può ravvisare, apparentemente, la presenza, a un’indagine più accurata, viene quanto meno il dubbio se abbiano veramente il senso che Girard ve ne intravede oppure assumano tutt’altro significato. Del resto Girard ha una visione etnocentrica del sacro, ignorando probabilmente che ci sono popoli per cui esiste una perfetta continuità, una non separazione, tra natura e cultura, tra umano, vegetale e animale, dove gli animali sono concepiti secondo un concetto simile a quello occidentale di persona e se pur queste popolazioni si servono della caccia mai ricorrono al sacrificio in quanto uccidere un’animale al di fuori del rito della caccia, può scatenare l’ira delle divinità. Chi lo uccide viene immediatamente (il caso degli Achuar) “colpevolizzato” e deve riparare secondo una serie di pratiche che non prevedono sacrifici né umani né animali. Più in generale, leggendo le cronache degli etnografi, si nota come non tutte le dinamiche sociali siano monolitiche ma spesso vi siano diversità di idee, contrapposizioni, proprio come avviene nelle nostre società occidentali, dove alcuni si schierano a favore della tal cosa e altri contro. Girard, volens nolens ha elaborato uno studio antropologico, ma senza servirsi né dei metodi più basilari dell’antropologia, né degli aspetti riflessivi che essa comportava già negli anni settanta a fronte di un aperto dibattito epistemologico che proprio allora cominciava a scuotere la suddetta disciplina. Non è un caso, allora, se a rifarsi a Girard siano pochi antropologi che scrivono libri divulgativi, dove l’aspetto della fascinazione probabilmente vi è strategicamente insito, oppure certi filosofi che continuano ad alimentare una serie di riflessioni che escludendo gli aspetti socio-antropologici, pur pertinenti ed evidenti rispetto a certe questioni, finiscono per consegnarci, sotto forme diverse, l’immagine di un’umanità paradigmatica e non dinamica, cangiante, contraddittoria, imprevedibile, fluida, di cui diverse scienze sociali, e non solo, ci forniscono ogni giorno testimonianze, fatte più di domande che di risposte universalizzanti e onnicomprensive à la Girard.

  86. un saluto a tutti. Sono d’accordo col signor Carmelo Orfici riguardo le sue considerazioni, ma non condivido per nulla lo scetticismo rispetto al clamore e alla fama sorte intorno alle teorie di Girard. Un conto è criticare una teoria, un conto è dire che non meriti la fama che si è conquistata nella comunità scientifica.Alla fine il signor Al fa l’errore di screditare Girard non criticando la sua teoria, ma criticando la teoria in quanto tale, come se costruire teorie non fosse più un aspetto dell’indagine scientifica, come se fosse più meritorio fare domande senza fornire risposte che trovarle le risposte.C’è solo una spiegazione quando si ragiona così, ed è che le risposte danno fastidio.Se lei si limitasse a criticare le teorie di Girard, niente di male, anzi, ma lei ci vuol far credere che Girard sia una sorta di mentalista che si è preso gioco dell’intera comunità scientifica con una fanta teoria che ha imbrogliato un’intera generazione di intellettuali. Le sue critiche a Girard sono incosistenti, lei non porta nessuna critica, lei fa delle affermazioni senza motivarle seriamente e dove le motiva sono le motivazioni ad essere incosistenti.
    Le cito Heisenberg:”Se sostituiamo la parola fuoco con la parola energia possiamo quasi ripetere parola per parola le affermazioni di Eraclito dal nostro moderno punto di vista”.
    Quindi lei non capisce dove sta l’eccezionalità della fisica quantistica, se vale per Eraclito quello che vale per Aristotele.E guardi che c’è molta più somiglianza tra Eraclito e Heisenberg (lo dice lui non io)che tra Aristotele e Girard. Aristotele non parla di mimesi di appropriazione, quindi si rende conto che questa critica è inconsistente?
    Poi che i lavori di Clastres mostrino ragioni ben diverse dalla violenza non significa niente: anche i lavori di Levy Strauss mostrano ragioni ben diverse dalla violenza il punto è che qui la violenza non la si vuole vedere o non la si vede, e questo vale per tutti gli antropologi venuti prima di Girard, nessuno mette al centro del sistema la violenza,più meritorio di questo.
    Riguardo il sangue mestruale… bè qui le faccio notare che dipende dall’interpretazione che ogni singola cultura da all’evento esattamente come nel caso della festa e dell’antifesta.
    Nella teoria di Girard molti opposti non sono opposti ma complementari, una cultura può leggere un determinato fenomeno in un certo modo e vietarlo, un ‘altra può invece renderlo obbligatorio, ma qui siamo all’abc.
    Poi mi scusi ma cosa vuol dire che presso i Turkana il sacrificio è legato alla vita? Se è legato alla vita non è un vero sacrificio e non rientra nella categoria dei sacrifici di cui parla Girard?
    Mi scusi per le critiche, le prenda come un invito a spiegarsi meglio, più dettagliatamente se vuole aiutarci a capire meglio quello che vuole dire.

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