La Filosofia, il marketing dell’Accademia e la Ricerca. Ma di cosa stiamo parlando? #2

E’ passato un altro anno (trecentosessantacinquegiorni tirati tutti d’un fiato senzafermarsineancheunattimo) ma sembra non essere cambiato nulla. Anche oggi, come ieri, leggo gli interventi che il prof. Fusaro condivide ogni giorno sui social network. E mi ritorna in mente la querelle su quell’articolo “Perchè ha senso iscriversi a Filosofia per trovare lavoro” che infuriò per qualche tempo su tutto il web. Anche da questo spazio cercammo di intervenire, riproponendo la frattura dialettica e di pratica politica che ogni volta si evidenzia nei dibattiti strategici sulla filosofia: l’Accademia. L’Uva a cui arrivare o non arrivare.

I presupposti di fondo della discussione non sono cambiati. L’Accademia fa marketing. Si vende. Il lavoro è diventato il veicolo fondamentale attraverso cui vendere il proprio prodotto formativo. Soprattutto quando si tratta un prodotto formativo. Non mi sorprende che l’Accademia si venda, quello che mi dispiace è che la Filosofia non sia ancora riuscita a farsi Commons. Proprio non ci riusciamo a lanciare nell’attualità una interpretazione forte del Mondo che possa dare strumenti di organizzazione e di felicità. Perchè forse fin troppo facilmente si perde di vista la Filosofia come campo aperto della Felicità.

Ed allora la Filosofia non serve per trovare Lavoro ma per stare nel Mondo. Ed è lo stare nel Mondo che serve per trovare Lavoro, per recuperare Reddito. Perchè, che ci piaccia o meno, il Reddito deve essere al centro della nostra discussione e non le possibilità della Filosofia di farci arricchire. Non ci sono canali del mercato del Lavoro capaci di farci essere liberamente Filosofi. Ci sono solo modalità di Vita che ci permettono di sperimentare la Filosofia. Il Reddito sta negli anfratti di queste scelte di Vita.

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Terra Mare Cielo. Una presa di posizione nel Conflitto tra Kairos e Chronos.

Consideriamo innanzitutto una differenza. Meglio, pensiamo ad un conflitto rispetto a cui siamo obbligati a prendere parte. A parteggiare. C’è bisogno di dire qualcosa, di usare la parola e l’azione per fermare il Tempo, con l’intenzione di stare nel mezzo. La nostra comune esistenza è scandita da un ciclo di Vita storicamente determinato, raffigurato da un’unica linea orizzontale su cui si svolgono tutte le eventualità del quotidiano. PassatoPresenteFuturo. Con tre punti, all’inizio ed alla fine, per indicare l’infinito. È uno schema cifrato sul quale si può solo andare avanti, anzi si deve, perché ogni cosa diventa necessaria. Si devono semplicemente accumulare avvenimenti, uno dopo l’altro, per custodirli nella sacca dell’esperienza, fare fagotto e continuare il percorso. Accumulazione. Ragioniamo, in questo caso, nei termini della cronologia, ovvero dell’Evento intrappolato dal (e nel) discorso storico. Capitalismo e Rivoluzione. Ciclo di crisi e Catastrofe. È questo che ci chiede il buon senso, la teologia ed ogni scienza tecnica ed umanistica, ossia saperi che si azzuffano per divenire unici ed universali. Perché la Salvezza è sempre dietro l’angolo, a qualche passo di distanza.

Occorre ancora camminare. Lasciamoli litigare. Intanto noi tramontiamo. Al tramonto, infatti, l’Evento potrebbe ribellarsi, dimenarsi, scalciare. Cominciare a far del male. Farebbe male allo status, a tutto quello che si è sempre pensato come senso comune. Si scoprirebbe il ciuffo di capelli sulla testa di Kairos, il momento opportuno della decisione o dell’azione, che si sposta da una parte o dall’altra per determinare le vallate della storia. Sarebbe un cadere oltre l’ordine delle colonne d’Ercole. Kairos è la fine del Mondo. È la vera palingenesi senza missione. Senza messianismo.

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Per un richiamo alle arTi…

Ci manca la creatività. La creatività di “un’Arte nuova che tragga la Repubblica dal fango”. Perchè senza creatività siamo persi. Perchè la creatività apre l’indignazione introducendola in uno spazio gioioso di trasformazione. Ci manca la creatività perchè senza creatività siamo chiusi nell’angustia dei tempi. Siamo mosche che gozzovigliano sulla merda per poi sbattere contro una finestra chiusa dal Potere.