Gli Ausmerzen delle isole Marshall

L’amore odio per il corpo tinge di sé tutta la civiltà moderna. Il corpo, come ciò che è inferiore ed asservito, viene ancora deriso e maltrattato, e insieme desiderato come cioè che è vietato, reificato, estraniato. Solo la civiltà conosce il corpo come una cosa che si può possedere, solo in essa esso si è separato dallo spirito – quintessenza del potere e del comando – come oggetto, cosa morta, corpus. […] Col pieno trapasso del dominio alla forma borghese, mediata dal commercio e dal traffico, e ancor più con l’industria, ha luogo un mutamento formale. L’umanità si lascia asservire, anziché dalla spada, dall’apparato colossale, che alla fine, peraltro, torna a forgiare la spada. Così è scomparso il senso razionale dell’esaltazione del corpo virile; i tentativi romantici di rivalutazione del corpo nell’Ottocento e nel Novecento non fanno che idealizzare qualcosa di morto e di mutilo. Nietzsche, Gauguin, George, Klages, videro la stupidità indicibile che è il frutto del progresso. Ma ne trassero una conclusione errata, e invece di denunciare l’ingiustizia di oggi, idealizzarono quella di una volta. L’ostilità alla meccanizzazione è divenuta un semplice ornamento della cultura industriale di massa, che non può fare a meno di un bel gesto. Gli artisti hanno preparato per la pubblicità, senza volerlo, l’immagine perduta dell’unità di anima e corpo. L’esaltazione dei fenomeni vitali, dalla bestia bionda all’isolano dei mari del Sud, sfocia inevitabilmente nel film “esotico”, nei manifesti pubblicitari delle vitamine e delle creme di bellezza, che tengono solo il posto del fine imminente della rèclame: del nuovo, grande e nobile tipo umano, dei capi e delle loro truppe. I capi fascisti riprendono direttamente in mano gli strumenti di morte, abbattono i loro prigionieri a colpi di pistola e di frusta – non in virtù di una forza superiore, ma perché quell’apparato colossale e i suoi veri padroni, che ancora non lo fanno, consegnano loro le vittimi della ragion di stato nei sotterranei degli altri comandi. […] Quelli che in Germania esaltavano il corpo, ginnasti e camminatori, hanno sempre avuto la massima affinità all’omicidio, come gli amici della natura alla caccia. Essi vedono il corpo come un meccanismo mobile, le parti nelle loro articolazioni, la carne come imbottitura dello scheletro. Essi maneggiano il corpo, trattano le sue membra come se fossero già separate. La tradizione ebraica conserva la ripugnanza a misurare l’uomo col metro, poiché si misurano i morti – per la bara. E’ ciò di cui godono i manipolatori del corpo. Essi misurano l’altro, senza saperlo, con lo sguardo del costruttore di bare. Si tradiscono quando enunciano il risultato: dicono che l’uomo è lungo, corto, spesso, pesante. Sono interessati alla malattia, spiano già, durante il pranzo, la morte del commensale, e il loro interesse per tutto ciò che è razionalizzato solo fragilmente con la sollecitudine per la salute. Il linguaggio tiene il passo per loro. Esso ha risolto la passeggiata in movimento ed il vitto in calorie, un po’ come la foresta viva si dice legno (bois, wood) nel francese e nell’inglese corrente. La società riduce, col tasso di mortalità, la vita ad un processo chimico. (Adorno – Horkheimer, La dialettica dell’illuminismo, traduzione di Renato Solmi, Einaudi, pp. 252-254)

PROGETTO 4.1 – STUDIARE GLI EFFETTI A LUNGA E BREVE DURATA DELL’ATOMICA SU ORGANISMI UMANI

Marzo 1954 – Subito dopo la prima bomba H russa, gli Stati Uniti sperimentano gli effetti della radiottività della prima bomba H statunitense (test “Bravo”) su centinaia di abitanti – volontariamente non evacuati, i documenti e alcune testimonianze recentemente scoperti lo provano – delle isole Marshall. I discendenti degli antichi navigatori del pacifico furono sacrificati in nome della scienza, della follia umana, del razzismo ideologico. Il famoso regista di documentari, Dennis O’Rourke, in questo suo splendido e crudo documentario, “Half Life” (1985) racconta con l’ausilio di testimonianze dell’epoca e filmati eccezionali questa terribile storia, una storia quasi sconosciuta alla coscienza dei più ma indelebile sulla pelle e nelle malattie delle vecchie come delle nuove generazioni degli atolli vicino a Bikini.

(video in sequenza da 1 a 9)

Il Novecento, il secolo che comincia con la belle epoche e che passa, trionfante, con le sue veloci locomotive, ospitando inquietanti passegeri come l’eugenetica, il darvinismo sociale, fino al nazifascismo, sembra averci quasi abituato all’uso dei corpi e delle vite umane per scopi scientifici ed industriali. L’uso biopolitoco dei corpi a fini scientifici, eugenetici e razziali-ideologici, paradossalmente, nasce prima del nazismo, nella “rassicurante” democrazia americana che per prima sterilizza le “razze inferiori”. Per filosofi come Adorno ed Horkheimer, il peccato originale alla base di tutto sarebbe un’ idea erronea di illuminismo e progresso. Recentemente, l’attore Marco Paolini, nel suo spettacolo “Ausmerzen – Vite indegne di essere vissute” ha chiarito molto bene questo concetto al grande pubblico televisivo: non è il nazismo ad aver creato questi “mostri” (come il progetto per l”eliminazione dei disabili e diversi, Aktion T4, iniziato molto prima dei campi di sterminio, progetto che ha fornito il metodo e l’esperienza alla soluzione finale), semmai il nazismo ha solo massimizzato in maniera “economica” ed industriale queste agghiaccianti ideologie che la belle epoque ci ha regalato. Certo, una delle chiavi è la riduzione a numeri, a economia. E non è un caso che la crisi del ’29 sia stata un’ importante meta di questo processo di consumo industriale dei corpi. Ma l’economia è una chiave, non è tutto. E’ certo per economia che tutt’ora, nei centri di permanenza temporanea, in Italia come in tanti altri paesi d’Europa si “sospendono” per alcuni mesi i diritti inalienabili dell’uomo. Ma non basta dire che è per “economia”. Ci sono precise scelte ideologiche dietro, mascherate dalle normalizzanti parole “sicurezza” e “crisi”.

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