Destoricizzare, fare di tutto il mondo un evento. Di qui, diventa facile fare della cronaca un posto dell’indistinto, dove tutto colpisce ma, misteriosamente, viene dimenticato il giorno dopo. Un rito collettivo della società post-moderna. Un rito della sedicente società desacralizzata che tocca anche e soprattutto la politica. La moltiplicazione mediatica di quei fenomeni che filosofi come Heidegger, Deleuze e Derrida chiamavano “evento”, secondo Marc Augè, fabbrica sempre nuovi inizi. Tutto è condannato alla novità: in questa negazione della storia, in questa macchina che serve per mobilitare e ideologizzare, la memoria si atrofizza. Ecco le parole di Marc Augé (da La Reppubblica 04/12/2010):
Oggi assistiamo a una dittatura degli eventi. Tutto deve essere trasformato in un’ occasione unica e irripetibile, ben diversa da quella trama d’ avvenimenti quotidiani, individualio collettivi, che da sempre tutte le culture hanno messo al centro dei loro sistemi d’ interpretazione. Oggi prevale la dimensione eccezionale. Il paradossoè che questi eventi fuori dal comune, o che si vuole presentare come tali, sono sempre più frequenti, risultato di un’ inflazione che alla fine appiattisce e banalizza tutto. Da un lato, essa drammatizza ciò che non avrebbe ragione d’ esserlo, dall’ altro, svaluta le occasioni che invece meriterebbero veramente un’ attenzione particolare. Così, un evento ne scaccia un altro, e ciò che oggi è eccezionale, domani non lo sarà più. Se oggi viviamo in una sorta di presente perpetuo, vale a dire un tempo bloccato da immagini che si ripetono senza sosta, un tempo immobile che ignora il passato e nega il futuro, ciò è dovuto anche alla moltiplicazione degli eventi e al loro culto diffuso. L’ unicità dell’ evento, infatti, domanda al tempo di arrestarsi. La sua irripetibilità, indipendentemente dal fatto che sia verao meno, nega qualsiasi divenire, rinchiudendo ciò che accade in una parentesi temporale senza memoria e senza prospettive. La moltiplicazione degli eventi più o meno orchestrata dalla società dei consumi implica quindi un accumulo che produce una temporalità senza evoluzione e senza storia. Nello spettacolo come nella politica, nello sport come nella cultura, il sistema in cui viviamo fabbrica eventi a ripetizione, focalizzando su di essi tutta l’ attenzione del pubblico, che così dimentica tutto il resto. Da questo punto di vista, potremmo dire che l’ evento è un nonluogo temporale, dove si celebra un falso carpe diem imposto dalla società dei consumi, che, in simbiosi con la scena mediatica, ha continuamente bisogno di creare nuove occasioni per mobilitare collettivamente i consumatori. L’ impressione d’ irripetibilità, se da un lato si contrappone al divenire storico, dall’ altro però può alimentare una memoria individuale. Una traccia soggettiva che è un elemento di resistenza all’ oblio collettivo oggi dominante e alle debolezze della rappresentazione storica. Se ciò avviene, è anche perché, seppure in termini molto parziali, l’ evento, anche nella sua dimensione più artificiale, può creare l’ impressione che qualcosa di nuovo stia per cominciare, recuperando così almeno una parte della ritualità tradizionale. L’ evento, soprattutto in alcuni ambiti, come la politica, permette di fabbricarsi ogni volta l’ illusione di un nuovo inizio. Naturalmente, la fascinazione collettiva per gli eventi è anche legata all’ impressione d’ impoverimento esistenziale che ci accomuna. Di fronte a una vita percepita come piatta e banale, abbiamo bisogno di momenti intensi ed unici che ci permettano di sentirci più vivi. La dimensione pubblica e collettiva contribuisce al senso di pienezza dell’ esperienza, procurando anche un’ impressione di comunione con gli altri. Più si è in tanti e più si ha l’ impressione di essere al centro di una situazione eccezionale. Nella società dei consumi sono sempre di più coloro che, non potendo consumare per ragioni economiche, si sentono esclusi da un sistema di cui vorrebbero far parte. Il bisogno di consumo viene allora soddisfatto almeno in parte dall’ illusione prodotta dagli eventi collettivi, che in questo diventano un surrogato. Il problema è che oggi, per via delle protesi tecnologiche individuali di cui siamo dotati, troppo spesso ci ritroviamo a vivere gli eventi da soli davanti a uno schermo. Non proprio una situazione eccezionale capace di trasmetterci nuove energie.