15 ottobre 2011, Indignados a Roma – day after

Il giorno dopo le violenze del 15 ottobre 2011 a Roma, si mette prepotentemente in moto il dispositivo della normalizzazione che definisce chiaramente anche le conseguenze reali di quanto accaduto in Piazza San Giovanni.

Antonio Di Pietro e Roberto Maroni condividono la necessità di scrivere nuove Leggi contro “i violenti”. Il modello di riferimento è la Legge Reale che, in modo particolare, consentiva alle forze dell’Ordine pubblico di utilizzare in maniera legittima le armi e permetteva di usare lo strumento della custodia preventiva contro Esseri umani ritenuti “a rischio”. Era un meccanismo normativo pensato durante gli anni di piombo per dare una coperta legale all’esercizio del potere preventivo contro possibili atti di terrorismo, sospendendo di fatto i Diritti di ogni cittadino perchè si creava uno stato di emergenza sostanziale che limitava l’esercizio di molte liberà individuali e collettive.

Il Sindaco di Roma Gianni Alemanno vieta il corteo della FIOM previsto venerdì 21 ottobre con lo scopo di chiedere alla FIAT la pubblicizzazione del Piano industriale di “Fabbrica Italia“. Motivazione del divieto è, appunto, la sicurezza. Per almeno un mese a Roma non si svolgeranno cortei ma, nel migliore dei casi, sit-in e comizi in tono minore. L’indignazione dei vertici della CGIL (da Susanna Camusso a Maurizio Landini) è inutile, così come superflua sembra essere la trattativa che sta ancora andando avanti in Questura.

Ulteriore motivo di lacerazione nel Movimento è l’aiuto per l’individuazione dei violenti (attraverso testimonianza e immagini). Alcune parti condividono la linea della collaborazione, altri tendono alla non criminalizzazione e quindi si oppongono. Anche questo sarà motivo di divisioni e di profonde lacerazioni. Intanto tutta l’Italia è stata rivoltata da un’ondata di perquisizioni che, casa per casa, ha coinvolto molte zone tradizionalmente “esterne” alla politica “comune”.

Ad oggi l’Evento creato dalla violenza ha generato risultati decisamente sconfortanti per il Movimento. La creazione di una normativa speciale per far fronte a questa Emergenza diventa una possibile mannaia contro una intera generazione che dovrebbe essere libera di produrre e creare alternative politiche ed organizzative, senza “paure” o tabù. Potrebbe essere un imbuto dentro cui si chiuderebbe una volta (e forse per sempre) il pensiero critico. L’inibizione, o la limitazione, di momenti di condivisione (vedi corteo della FIOM) è un altro elemento di sconfitta perchè impedisce innanzitutto il confronto delle esperienze e la capacità di crescere, emanciparsi e moltiplicarsi attraverso l’esperienza collettiva. Infine la divisione dentro il Movimento è un motivo di grande debolezza perchè non farà altro che condurre la discussione verso orizzonti politici e programmatici che non hanno nulla a che vedere con il futuro ma si interrogheranno solo sulle capacità, di una parte o dell’altra, di prendere la direzione totale della mobilitazione. Si porrà la questione dell’Egemonia e non del programma. Questo porterà inevitabilmente a scissioni e scelte opposte. Invece il problema dell’Organizzazione dovrebbe essere strettamente legato alla necessità del Progetto.

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