15 ottobre 2011, Indignados a Roma – post Manifestazione

Il 15_Ottobre_2011 avrà un seguito. Lo sta già avendo (come è successo, recentemente, al 14_Dicembre_2010). Non solo nella gioiosa e profetica (“ve l’avevamo detto”) vis editoriale (che già sta esplodendo attraversando ogni tipo di supporto tenico) e partitica (è stato aperto il buco nero dove far cadere ogni opposizione). Il Movimento (?) stesso sarà portato a parlarne. Dovrà discutere perchè, ancora una volta, si pone chiaramente il tema delle modalità di partecipazione. Di “postura” all’interno di un percorso politico. La questione non è banalmente il conflitto e le sue molteplici modalità di espressione. Il punto non è il “che fare” ma il “come stare” o, meglio, il “come Esistere” dentro una mobilitazione di Singolarità, di Corpi e di Emozioni. Come Esistere perchè Esistere significa farsi Comune. Non c’è comunità (commons) senza la condivisione di alcune modalità di esistenza. Il nodo è esclusivamente questo. E’ squisitamente politico (ovvero quando la teoria si fa Vita). Non è tutto un indistinto minestrone di esperienze ma esiste chiaramente un dentro ed un fuori. Deve esistere. Non è un dispositivo di esclusione, come generalmente lo sono (o lo diventano) tutte le dicotomie. E’ una modalità di inclusione, una questione di confine. Una scelta. Wu Ming sta già dando spazio a questo dibattito che sarà molto vasto (e si perderà comunque nei mille rivoli della rete). Si scopre che già nelle fasi organizzative della Manifestazione queste modalità di espressione molto differenti erano già venute alla luce. Nulla di nuovo, quindi. Anzi si evidenzia l’impossibilità, a tratti apocalittica, di fare a meno di queste manifestazioni di violenza perchè co-esistenti alla protesta.

La Repubblica, Il Fatto quotidiano ed il Corriere della Sera, riprendendo gli spazi editoriali a larga diffusione che abbiamo preso in considerazione per raccontare il pre-Manifestazione, condividono tutti la stessa linea (seppur con marginali sfumature). L’immagine che si vuole proporre è quella di un corteo degenerato a causa di alcuni individui a volto coperto che hanno provocato una netta separazione tra “violenti” (identificati generalmente come Black Bloc) e “non violenti” (definiti come pacifisti). La divisione del corteo ha dato una valenza “visiva” a questa scissione morale. Si “salva” senza mezzi termini la maggioranza della Manifestazione per condannarne una parte. Le parole di Mario Draghi, prossimo Presidente della Banca Centrale Europea, risuonano come un mantra: “Se siamo arrabbiati noi per la crisi, figuriamoci loro che sono giovani, che hanno venti o trent’anni e sono senza prospettive”. La Repubblica scorre le note dei leader politici contro la violenza e questa volta inserisce (stranamente) anche le parole di Paolo Ferrero, Segretario di Rifondazione Comunista: “la grande e pacifica manifestazione è stata la vittima sacrificale di qualche decina di imbecilli incappucciati che il corteo ha contrastato come ha potuto” (quando ci confrontiamo con le analisi di Repubblica cerchiamo sempre una traccia che possa farci capire quali siano i confini del “campo politico”, sempre molto elastico, a cui si fa rimento).

Questa la panoramica generale. Ora una nostra opinione “a caldo”. Come accennato in precedenza una dicotomia deve esistere. Una forma di Esistenza di questo Movimento bisogna crearla. Non è più una questione di semplice Narrazione (più o meno ideologica) ma di piena Vita. E’ la Vita che dovrebbe essere messa al centro delle mobilitazioni e delle soggettività politiche che dovrebbero crearsi. In Italia, ormai da qualche anno, ogni giornata di movimento viene utilizzata da qualcuno come mezzo per accendere la propria violenza e reclutare nuovo personale violento. E’ il loro dispositivo, ormai collaudato. E’ l’Evento supremo da utilizzare per mostrarsi, coinvolgere e reclutare. Un meccanismo perverso che si genera continuamente in ogni processo che prova a costruire movimento (negandolo aperamente). Perchè è molto semplice coinvolgere nella violenza Singolarità che ne sono escluse fino a quando non si trovano fisicamente travolte dalle situazioni. E’ la situazione che diventa coinvolgente, non questi Esseri umani. Ed è proprio la strumentalizzazione dell’Evento il pericolo che bisognerebbe disinnescare. I violenti non sono Singolarità ma Nocività all’interno di un percorso comune. Senza se e senza ma. Non ci sono “zone grigie” dove far sviluppare giustificazioni. Sono Altro, irrimediabilmente Altro. Non è il disagio che si trasforma in lotta ma è semplice violenza fine a se stessa. Violenza per la violenza. Niente a che vedere con altre mobilitazioni che hanno sconvolto l’Europa ed il Mediterraneo nell’ultimo anno (ma, per rimanere a casa nostra, anche la Val di Susa o i migranti del Mezzogiorno d’Italia). Le modalità e le motivazioni, oltre che le Soggettività in campo, sembrano essere estremamente differenti.

Da oggi si parlerà delle necessità di dare uno sbocco politico alla mobilitazione, di come creare network “esistenziali” (non solo virtuali) capaci di far condividere un percorso comune ad una moltitudine di singolarità diffuse. Si discuterà su come organizzare un servizio d’ordine capace di immunizzare le manifestazioni da queste esplosioni di violenza (considerate ormai omogenee alla protesta stessa) e di come strutturare il Movimento (?) in modo che possa sempre avere una soluzione ed un modus operandi capace di rispondere autonomamente ad ogni eventualità. Insomma, si è messo in moto un meccanismo che tende alla sedimentazione di una nuova Soggettività politica e che va ben oltre le assemblee studentesche e di movimento. Anche le dicotomie “violenti-non_violenti” messe in campo dagli spazi editoriali a larga diffusione di massa indicano questa ipotesi (e, forse, questo bisogno). Non si possono, e non si devono, più avere Piazze disarticolate e senza controllo. La nostra alternativa passa attraverso l’emancipazione delle Singolarità in forme di Vita condivise capaci di generare delle Soggettività politiche pienamente resistenti alla Crisi perchè gioiose ed autonome. Soggettività effettivamente consapevoli della propria potenza di liberazione.

7 pensieri su “15 ottobre 2011, Indignados a Roma – post Manifestazione

  1. Non sono della tua generazione e da un certo punto di vista, per me sono importanti ma non così impellenti certi problemi. Ma appoggio ogni parola di quello che hai scritto

  2. forse un pò di violenza ci vuole in questo paese addormentato… gli dei chiedono il sangue per coprire i torti… i proci (porci) muoiono sotto l’ira funesta dei colpi di Ulisse… ma qui c’è la falsa etica del : amiamoci, rispettiamoci e al bando ogni violenza… però questa falsa etica è legata a doppio filo con la realtà di un paese irrigato di piccole violenze, corruzioni, malavita e via dicendo… il buonismo italiano significa la perversione italiana più alta…
    ad ogni modo, mai sentito parlare di scontro generazionale? una generazione qui ne ha le tasche piene… il problema è che questa generazione è stata sapientemente immobilizzata, depotenziata e viziata… tutti questi focalai di violenza altro non fanno che ricordare quanta rabbia repressa ci sia, che non riesce a venire fuori se non in rari casi di esasperazione… io non giudico niente… se spaccheranno Roma e dintorni, farò il tifo per loro, rammaricato soltanto di non avere avuto io il coraggio in prima istanza per farlo… gli altri e le altre facciano pure le pecorelle….

  3. ma che dici? le vostre “tolleranze” con l’ulliganismo e le vostre mancanze di “progetto” che non sia spaccare tutto non faranno altro che aumentare a dismisura lo stato poliziesco http://www.repubblica.it/politica/2011/10/17/news/reazioni_corteo-23358219/?ref=HREA-1
    e non costruirete mai un cazzo! parlo del vostro futuro. Accendete il cervello prima di muovervi da casa con le spranghe, vergogna! a me ricordano la rabbia repressa, te lo concedo, ma pure l’imbecillità di gente ignorante!

  4. Ecco che si è già attivato il dispositivo dentro-fuori. Dentro-fuori una forma di Vita e di fare Comunità nel Movimento. A Jacopo basta questa violenza. Jacopo è fuori.

  5. Sono pienamente d’accordo sul rischio di una strumentalizzazione dell’evento .
    No alla violenza e alla distruzione della proprietà altrui …. Abbiamo visto in passato che queste violenze trascinate, alla fine non hanno portato nulla di buono.. Si invece ad una manifestazione dove è presente una sana comunicazione che permetta a tutti di capirne il perché .
    Il nostro Paese non solo ha una crisi economica, politica, territoriale e culturale ma ora si va ad aggiungere quella comunicativa …

  6. Pingback: “One Big Union”, di Valerio Evangelisti. Una recensione

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