La Filosofia, il marketing dell’Accademia e la Ricerca. Ma di cosa stiamo parlando? #2

E’ passato un altro anno (trecentosessantacinquegiorni tirati tutti d’un fiato senzafermarsineancheunattimo) ma sembra non essere cambiato nulla. Anche oggi, come ieri, leggo gli interventi che il prof. Fusaro condivide ogni giorno sui social network. E mi ritorna in mente la querelle su quell’articolo “Perchè ha senso iscriversi a Filosofia per trovare lavoro” che infuriò per qualche tempo su tutto il web. Anche da questo spazio cercammo di intervenire, riproponendo la frattura dialettica e di pratica politica che ogni volta si evidenzia nei dibattiti strategici sulla filosofia: l’Accademia. L’Uva a cui arrivare o non arrivare.

I presupposti di fondo della discussione non sono cambiati. L’Accademia fa marketing. Si vende. Il lavoro è diventato il veicolo fondamentale attraverso cui vendere il proprio prodotto formativo. Soprattutto quando si tratta un prodotto formativo. Non mi sorprende che l’Accademia si venda, quello che mi dispiace è che la Filosofia non sia ancora riuscita a farsi Commons. Proprio non ci riusciamo a lanciare nell’attualità una interpretazione forte del Mondo che possa dare strumenti di organizzazione e di felicità. Perchè forse fin troppo facilmente si perde di vista la Filosofia come campo aperto della Felicità.

Ed allora la Filosofia non serve per trovare Lavoro ma per stare nel Mondo. Ed è lo stare nel Mondo che serve per trovare Lavoro, per recuperare Reddito. Perchè, che ci piaccia o meno, il Reddito deve essere al centro della nostra discussione e non le possibilità della Filosofia di farci arricchire. Non ci sono canali del mercato del Lavoro capaci di farci essere liberamente Filosofi. Ci sono solo modalità di Vita che ci permettono di sperimentare la Filosofia. Il Reddito sta negli anfratti di queste scelte di Vita.

Ottobre 2012

La querelle che è nata intorno all’intervento di Diego Fusaro non mi ha colpito. Per niente. Nello zaino avevo un libro di Ernesto De Martino che parla della fine del Mondo; qualche euro in un borsellino che solitamente utilizzo a Natale per giocare a carte con gli amici; una postepay da caricare per comprare il viaggio Nord-Sud (e ritorno) per tornare a Vivere almeno qualche ora della quotidianità che amo; un tesserino che identifica la mia appartenenza al Lavoro. Il Lavoro ogni mese mi permette di sopravvivere e di comprare anche una bottiglia di Birra. Questo, per me, è il Beruf (depurato da Weber e dall’Etica calvinista). Beruf è attaccamento alla Vita ed il Lavoro è solo una forma di questo attaccamento (non ne è il paradigma). Dopo i commenti alla querelle quello che avevo ho ancora, nulla si è aggiunto e nulla si è distrutto. Eppure un confronto dovrebbe lasciare qualcosa, dovrebbe arricchire le certezze oppure semplicemente regalare dubbi (che, spesso, valgono molto di più). Niente di tutto questo.

Scriverò per frasi brevi, perché i pensieri lunghi sembrano essere diventati un limite dell’intelligenza. E’ il business, filosofo. La Filosofia è Ricerca. La Ricerca è condivisione. Ne va da se che la Filosofia sia condivisione. Comune. Commons. La Filosofia è uno di quei campi in cui l’antagonismo dovrebbe tornare ad appropriarsi dei mezzi di produzione. L’antagonismo (perché, per Dio, l’antagonismo non è ancora morto) dovrebbe appropriarsi della Conoscenza. Anche violentemente (dove per violenza si intende determinazione, non fuoco e fiamme ma impeto e tempesta). Di questo dovremmo parlare e di questo mi interessa parlare. Di quello che dovremmo fare noi, noi Esseri viventi al margine del Tempo e non della Filosofia. Perchè conosco la carne ed il sangue ma la Filosofia non l’ho mai vista.

Ed allora potremmo intendere la Filosofia come la lotta di classe nel campo dei Saperi. Non sono esperto di citazioni (e non mi entusiasma leggerle) ma lo diceva Louis Althusser. Ma, se questo è vero, come io penso sia vero, che cosa c’entra l’Accademia? L’Università? I Saperi si giocano davvero nell’Università? Da sempre i Saperi si sono ricreati e ripensati ai margini dell’Accademia, grazie ai filtri (fatti dagli Esseri umani) dell’Accademia. Da sempre la lotta di classe nell’ambito dei Saperi si è svolta nel campo della redistribuzione della Conoscenza (così come il Conflitto sociale di svolge nel campo della redistribuzione del Reddito). Ed allora cosa ci importa dell’Accademia? Non sarebbe più interessante capire come fare filtro per mettere nuovamente in comune i Saperi? Il punto vero della Filosofia, oggi, è proprio questo. Ricreare quel campo di redistribuzione dei Saperi che ci è stato totalmente negato. Non c’è più nessuna zona rossa, non si vedono mari all’orizzonte con forme di vita sconosciute e neanche terreni incolti da conquistare per piantare fiori nuovi e papaveri dai colori assurdi. Ci hanno sottratto quel terreno di incontro e di creatività tra dentro e fuori che rendeva gli Esseri umani amici o nemici. Ce l’hanno sottratto ed anche noi l’abbiamo allontanato perché siamo stati sopraffatti dalla frustrazione del fuori. Perché lo spazio dell’Accademia si è evidentemente contratto e frammentato e noi (ma anche i filtri “viventi” dell’Accademia, fino a ieri così “vicini”) non siamo stati capaci di inventare forme alternative di incontro dei Saperi (come avviene, ad esempio, in Germania dove questo spazio è occupato da Enti diversi, che però mantengono ancora l’equilibrio e permettono la redistribuzione della Conoscenza). Anche in questo caso, quindi, è un problema di democrazia e distribuzione della ricchezza.

Colpa nostra. Per questo non capisco le critiche a Diego Fusaro perchè Diego Fusaro fa solo il suo lavoro. E lo fa nel migliore dei modi possibili. Docente al San Raffele, Università privata. Fa giustamente marketing favorendo la propria Azienda rispetto alle altre. Cerca di migliorare l’offerta per coinvolgere più matricole (è la legge del business, baby). Scrive. Produce. Sta sui giornali e, soprattutto, sul web. Sta innanzitutto sul web. Magari crea anche consenso. Forse grazie a “Bentornato Marx!” qualcuno potrebbe decidere di approfondirne la conoscenza. Potrebbe scoprirsi antagonista (o il contrario). Ma Fusaro sta facendo un favore anche a tutti noi che dall’Accademia siamo usciti. Diego Fusaro sta mantenendo sui giornali un campo dentro cui noi (e sottolineo, “noi”) potremmo giocare la nostra lotta di classe. Non mi importa chi sia il suo datore di Lavoro. Però, mi chiedo, come mai i professori “pubblici” non facciano lo stesso (e magari anche meglio)! Questi dinosauri della conoscenza sono troppo interessati alle loro ricerche, ai loro Convegni internazionali, alle pubblicazioni su Riviste dalla tiratura di cinquanta copie per venti lettori (nella migliore delle ipotesi). I “pubblici” docenti sono troppo interessati a curare le proprie garanzie. E basta. Non creano consenso, non producono ricerca, non alimentano creatività. Non ci sono per niente di aiuto. Per me il “nemico” sono loro, non Diego Fusaro.

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