Bloch racconta Munzer, una Recensione.

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Ernst Bloch, Thomas Munzer teologo della rivoluzione, Feltrinelli, Milano (traduzione di Simona Krasnovsky e Stefano Zecchi).

Quella di Ernst Bloch non è semplicemente una biografia. Il suo ritratto di Thomas Munzer (o Muntzer, stando a wikipedia) è piuttosto il racconto di un’Epoca, di una trasformazione che cammina direttamente sulle gambe degli Esseri umani. Bloch, infatti, narra innanzitutto un passaggio, quello dall’homo spiritualis all’homo oeconomicus (“l’uomo piatto che si adatta agli ordini pubblico-giuridici esistenti, troppo tiepidi e poco illuminati”, p. 95), che si snoda nel rapporto tra Religione e Politica, quando entrambe si interessano al “religàre” cioè al mettere insieme una Comunità secondo precise Norme (in ambito Sacro e “civile”). Non è un caso che la prima edizione del libro di Bloch risalga al 1921, contemporaneamente alla pubblicazione del volume “La Dittatura” di Carl Schmitt. Il libro su Muntzer, quindi, sembra inserirsi in un tentativo tutto “tedesco” di rispondere tanto alla Crisi strutturale (economica, sociale, istituzionale…) generata dal primo Conflitto mondiale quanto alla strada rivoluzionaria intrapresa dalla Russia bolscevica. Però se Schmitt, semplificando, giunge a pensare la Dittatura come una forma di “Stato di Eccezione” capace di “sospendere” lo Stato di Diritto per conservare, nella sostanza, l’architettura del Potere “Sovrano”; Bloch riprende il millenarismo di Epoca moderna per tentare di produrre un’Eccedenza, per andare oltre l’impalcatura dello Stato. Entrambi gli autori, però, sembrano interrogarsi sui momenti di Eccezione: che essa si chiami Dittatura (Schmitt) o “Utopia messianica” (Bloch), che altro non è se non un meccanismo di “sospensione” della Storia per percorrere altre strade.

Prima di entrare nel merito del libro, bisognerebbe sottolineare un aspetto non marginale del tentativo teorico di Bloch: far dialogare il Marxismo con il Cristianesimo che, attraverso il senso Utopico e messianico della “Redenzione”, avrebbe potuto essere trasformato in senso rivoluzionario (si veda anche Il principio speranza). Sul parallelismo tra Muntzer ed il bolscevismo, infatti, Bloch scrive:

Munzer ha anticipato l’uomo russo, l’uomo più interiore: chi ha in sé un uomo russo ascolterà in sé l’Archifanaticus patronus et capitaneus seditiosorum rusticorum (titolo e stigma del quadro di Heldrungen): e il vero spirito della Riforma si sveglia, vicino al più umile, infiammando nell’incanto d’amore, nello spirito entusiasta della Russia, sino a che, alla fine, il cattolicesimo apocalittico crea il sentiero per uscire dal vecchio mondo, forza e fondamento per l’ultimo mito, per l’assoluta trasformazione (p. 108).

Questa stessa “postura” etico-politica potrebbe ritrovarsi negli scritti sulla Storia di un altro intellettuale di cultura ebraica, Walter Benjamin. Evidentemente si avvertiva diffusamente la necessità di mettere a confronto il “messianismo in Terra” del marxismo con quello del Cielo. Il socialismo scientifico, troppo attento alle questioni materiali, tralascerebbe, secondo gli autori, l’aspetto “salvifico” della Speranza, dell’Utopia vista come investimento sul Futuro. Per rintracciare le Esperienze concrete di questa condivisione Bloch risale al chiliasmo dei “Fanatici dell’Apocalisse” (citando Norman Cohn) e, in modo particolare, all’attivismo di Thomas Muntzer contro la Riforma luterana (vissuta come un “colpo di Stato” dall’alto). Per questa ragione il libro non è semplicemente una biografia di un Essere umano ma un’analisi radicale di un fenomeno che ha minato le fondamenta della Filosofia della Storia costruita dalla Chiesa, ponendo verticalmente la necessità insorgente dell’Evento, mettendo all’ordine del giorno l’urgenza della Gerusalemme celeste in Terra. Il senso dell’Apocalisse sembra essere proprio questo, l’attualizzarsi di Dio, superando la mediazione coservatrice della Scrittura, che chiama ogni Essere umano a farsi apostolo, a farsi Cristo attraverso il suo divenire Uomo. La Verità del Sacro, tanto per Muntzer quanto per gli hussiti, è la realizzazione del Regno di Dio sulla Terra (p. 188).

Nel cristianesimo fu quindi possibile parlare anche di una rinascita della natura, nel senso di un ripristino della sua innocenza originaria. E questo concetto, secolarizzato, percorse anche il mondo esterno storico-sociale, ovunque vi trovasse un ringiovanimento della vita, come rottura e rivolgimento del presunto carattere immutabile dell’umanità, come punto di svolta del sole della storia che ha dietro di sé la primavera (p. 191).

La fenomenologia dell’agire di Muntzer, raccontata da Bloch, si costruisce attorno ad un potente “soggettivismo etico” (p. 186) volto a liberare gli Esseri umani, i “veri” credenti (a differenza di luterani e monastici, descritti come “servi della pancia” dai “modi fiacchi e inoffensivi”), attraverso un percorso di coscienza che parta dalla propria sofferenza per giungere alla redenzione finale nella realizzazione della Gerusalemme in Terra.

La distanza più evidente tra il vago anabattismo di Muntzer e la reazione “riformatrice” di Lutero alla disciplina “temporale” della Chiesa, si può rintracciare nell’approccio alle Scritture. Lutero rivolge la propria Riforma contro gli altari, contro la struttura che media la Parola di Dio, la “vera” Parola, con il credente. Per questa ragione traduce il Vangelo dal latino al tedesco. Non lo fa, però, con l’intenzione di “liberare” la fede di ogni Essere umano dalla sottomissione alle indulgenze, alle reliquie ed altro. L’intenzione di Lutero sembra essere, all’opposto, quella di piegare sotto ogni aspetto la fede dei singoli alle Scritture (e solo ad esse). Per questo si potrebbe parlare di “colpo di Stato dall’alto” mentre, al contrario, Muntzer ed i chiliasti cercano di far insorgere/risorgere ogni “vero” credente alla conquista della propria santità nella realizzazione della Gerusalemme celeste (non a caso la Riforma luterana è stata veicolata dai Principi tedeschi, mentre quella di Muntzer, chiamata “Guerra dei Contadini”, è stata soffocata nel sangue). Se Lutero condanna all’impossibilità della Redenzione (perché nulla, in Terra, può servire alla Salvezza se non la quiete assoluta), Muntzer la promette nell’agire quotidiano. Il Peccato diventa la forma dell’oppressione, perché “incasella” gli Esseri umani rendendo diabolico ogni tentativo di opposizione all’Ordine costituito. Lutero nega ogni libertà (e, quindi, possibilità di emancipazione) all’Essere umano. Solo Dio è veramente libero, l’Uomo deve semplicemente rispettare lo Stato e la Scrittura perché, nella sua caduta dal Regno dei Cieli, è condannato a peccare (p. 130). Si costituisce una vera e propria “pastorale della Paura”, dove l’Ordine terreno non è altro che una punizione per la Nostra caduta originaria.

Perciò la parola semplicemente letta non insegna proprio nulla, uccide soltanto e per giunta, come legge terrificante, giustamente e duramente; al di là di questo, però, deve essere sradicata perché non rende vivi. Munzer così divide ancora fino all’ultimo, ancora di fronte alla Scrittura, tutto ciò che è imitato, “la fede più stolta che esiste sulla terra, come le scimmie”. Lutero è invece lo straniero “che addolcisce il cammino verso la vita eterna, lascia che ci siano cardi e spine e dice abbi fede, abbi fede, abbi fede, tienti saldo con una solida fede, affinché con essa si piantino pali nella terra”; anzi, più profondamente ancora, Munzer coglie l’impedimento ad ogni avvento di Cristo in questa mera “ricezione della Scrittura”, nel “gozzovigliare sul conto di Cristo”, nella “fede contraffatta e malvagia che hanno rubato attraverso la tradizione o trafugata dai libri degli uomini come perfidi ladri”. (pp. 174-175)

L’ascesi proposta da Muntzer, sempre secondo la lettura che ne fa Ernst Bloch, si consolida nella liberazione dalla “tirannia” (sia della Chiesta che dello Stato) attraverso una ribellione economico-politica che parta proprio dalla consapevolezza di questa condizione d’oppressione, “sgrezzando” la Volontà verso la Resurrezione. La “sobrietà” muntzeriana sembra voler rompere la tranquillità della Storia, la necessità di attendere gli Eventi per un Futuro mai determinato (e determinabile). La “ribellione” dei Contadini cerca di accelerare la Storia per rendere “attuale” la Salvezza, la realizzazione del Paradiso, in questo senso si presenta come pienamente “rivoluzionaria”. Reinhart Koselleck, nel volume “Futuro Passato”, descrive la Rivoluzione come un grande acceleratore di Tempo. La Storia, attraverso gli Eventi rivoluzionari, diventa un processo concreto e possibile da “gestire”. La Rivoluzione muntzeriana promette, con la Gerusalemme in Terra, soprattutto la possibilità di disporre di ogni tipo di proprietà per farne un uso esclusivamente collettivo. Questa è la potenza del millenarismo apocalittico.

[…] ma ciò che i ribelli intendevano per Vangelo da un punto di vista esclusivamente politico, lo disse Munzer più tardi, sotto tortura: “Questo è stato il loro programma e questo hanno voluto conseguire, omnia sunt communia, e ad ognuno doveva essere distribuito secondo le sue necessità, secondo opportunità”. (p. 49)

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