Michela Marzano, Estensione del domino della manipolazione, una recensione di Rezi Perelli

Dino Valls, "Noxa"

“Privilegio di una minoranza, il capitalismo è impensabile senza la complicità della società…è necessario che, in un modo o nell’altro, l’intera società ne accetti, più o meno consapevolmente, i valori”. Fernand Braudel, La dinamica del capitalismo

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Il saggio illustra con semplicità (si legge la prima volta in quattro, cinque ore) come la cultura d’impresa abbia negli ultimi anni influenzato e determinato anche quella accademica, con la pretesa di sostituirsi ad essa come agente di cambiamento sociale (“istituzione totale capace di restituire senso alla nostra società”); si parla di estensione del dominio della manipolazione, proprio perché si è portato il linguaggio strutturato del management nella sfera privata. La Marzano ci vuole aiutare ad aprire gli occhi su un pericolo da non sottovalutare, quello della mentalità manageriale che sta invadendo da tempo la vita quotidiana, tanto da poter dire che oggi si “vive per lavorare”, e non più “si lavora per vivere”. Sta passando il messaggio che nel lavoro ci sia tutto l’essere, che l’individuo sia il lavoro che fa, ampliando il “sei quello che hai” (E. Fromm), il lavoro, insomma, come specchio dell’anima dell’uomo: “Ma nel momento in cui si identifica completamente con gli interessi dell’azienda, l’individuo perde la capacità di percepire la manipolazione cui è sottoposto. La relazione fusionale funziona talmente bene che un rischio mal gestito o un errore commesso precipiteranno il lavoratore in un vuoto esistenziale. Ha fallito dinanzi a coloro che si fidavano di lui, non è stato all’altezza delle aspettative: le aspettative altrui, ma anche le sue… Che senso ha la sua esistenza?”.

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